M^mmw^'^m^mmmmmmm^mm:m^
ITALIA-ESPANA
EX-LIBRIS
M. A. BUCHANAN
GLI ASOLANI
DEL CARDINALE
M. PIETRO BEMBO
5QCKX:
MILANO
Dalla òocie'a Tipografica de' Classici Italiani ,
contrada di s. Margherila , N.° 1118. >
a^
)
/Il
LA SOCIETÀ' TIPOGRAFICA
de' classici italiani
A' SUOI ASSOCIATI
s.
I e la fama dì uno Scrittore , e le
moltiplici edizioni di sue opere sono ima
prova non dubbia de* singolarissimi pre-
gi , di cui egli seppe spargere i suoi li-
bri , dovrà a buon diritto accordarsi agli
Asolani un luo^o assai eminente nella let"
VI
teraria Repithldica. Tanta fu difatti la
faìna di questo libro , die a tempi del
Bembo non era riputato ne gentde , ne
uomo di lettere chi letto now lavesse. Né
gli yìsolard sol tonto , ma le altre opere
ancora di M. Bembo , e specialmente le
Rime e le Lettere furono tenute sempre
in grandissima estimazione. Egli fu anzi
uno de" fortunati ristoratori deW italiana
letteratura , che dopo il XIV. secolo già
cominciato avea a decadere. Egli ju inol-
tre , come av^'erte Parini , il primo fra i
non Toscani , colla purità ed eleganza del
suo scrivere in lingua volgare a dimostra-
re evidenlemcnte che senza esser nato ia
quella provincia , che ebbe la gloria di
dare a tutta V Italia la lingua nobile e co-
mune , si poteva eccellentemenle comporre
in verso ed in prosa . . . . L' Italia (ulta ,
aggiunge lo stesso Parini , va debitrice
massimamente a costui della divolgazione e
dell' uso generale , che poi e scrivendo e
parlai do si fece della volgar lingua. Per
le quali ragioni nulla noi abbiamo trala-
sciato affnchè nelle cose , che veniam
pubblicando di un tanto Scrittore, non aves-
se a mancare dal cantn nostro riè solleci-
tudine ^ né esattezza, abbiamo a quest^ og-
getto consuhnte diligentemente le edizioni
di Aldo., dei Giun>^i^ e del Giolito. Nelle
note però , e nella Prefazione ci siamo
ottenuti 'dia magnifica edizione di Ve-
nezia ( Hertìu , 172J. f,^ ) eseguita per
LA SOCIETÀ' TIPOGRAFICA
de' classici italiani
XI.
REALE GOVERNO.
OPERE
DEL CARDIINALE
PIETRO BEMBO
TOLUME PRIMO.
y^^aAo ^Jjr//'/u^^
Vlt
tura di Ant.onfederìgo Seghrzzl , iiif:or'
no ni preg'O della quale vegga^l il C ulte
MtizzuclielU nel Volume lì. Parte 11.
Vivete felici
I
DEGLI ASOLANI
DI
M. PIETRO BEMBO
ne' quali si ragiona d'amore
LIBRO PRIMO,
ARGOMENTO.
Descrive Asolo Castello del Trivigiano , e
introduce tre giovani uomini , ed altret^
tante donne in un giardino a parlar
d" Amore ; dyjve Perottino con molte e
molte ragioni gli arguisce contra , e lo
hiashna come dannoso e reo , cagion di
-molti mali.
s,
'uole a' faticosi navicanti esser caro,
quando la noi te da oscuro e tempestoso
nembo assaliti e sospinti né stella scorgono,
né cosa alcuni appar loro , che regga la
lor via , col segno della Indiana pietra ri-
trovare la tramontana in guisa , che quale
vento soffi e percuota conoscendo , uou sia
Bembo Voi, I. i
2 DEGLI ASOLA.M
Jor tolto il potere e vela e governo là , dove
essi di giiigiiere procacciano , o almeno
dove più la loro salute veggo?)o^ dirizzare :
e piace a quelli , che per contrada non
usata camminano , qualora essi a parte ve-
nuti , dove parimente molte vie faccian
capo, in qual più tosto sìa da mettersi non
scorgendo , stanno in sul pie dubitosi e so-
spesi , incontrare chi loro la diritta insegni,
si che essi possano all' albergo senza erro-
re , o forse prima che la notte gli soprag-
giunga , pervenire. Per la qual cosa esti-
mando io da quello , che si vede a venire
tutto dì , pochissimi essere quegli uomini ,
a* quali nel peregriiiaggio di questa nostra
vita mortale ora dalla turba delle passioni
soffiato, ed ora dalle tante, e così al vero
somiglianti apparenze d' opinioni fatto in-
certo, quasi per lo continuo, e di calamità
e di scorta non faccia mesliero , ho sem-
pre giudicalo grazioso ufficio per coloro
adoperarsi , i quali , delle cose o ad essi
avvenute, o da altri apparate, o per se
medesimi ritrovate trattando , a gli altri
uomini dimostrano come si possa in qual-
che parte di questo periglioso corso e di
questa strada a smarrire così agevole, non
errare. Perciocché quale più graziosa co-
sa può essere, (i) che il giovare altrui? o
(t) L'uomo non può far CQSa, che più gli couven-
ga , quanto giovare a molti.
Libro T. S
pure che si può quaggiù fare, che ad uo-
mo più si convenga , che essere a molti
uomini di lor bene cagione ? E poi se è
lodevole per se ( che è in ogni maniera
lodevolissimo ) un uora solo senza fallimen-
to saper vivere non inteso e non veduto
da persona ; quanto più è da credere , che
lodar si debba un altro , il quale e sa esso
la sua vita senza fallo scorgere , ed oltre
acciò insegua e dona modo ad infiniti altri
uomini, che ci vivono, di non fallire? !VIa
perciocché tra le molte cagioni , le quali il
nostro tranquillo navicar ci turbano , ed il
sentiero del buon vivere ci rendono so-
spetto e dubbioso , suole con le primiere
essere il non saper noi le più volte , quale
amore buono sia , e qnal reo : il che non
saputo fa , che noi le cose , che fuggire si
dovrebbono amando, e quelle che sono da
seguire non amando , e tal volta o meno
o più del convenevole ora schifaudole e
ora cercandole , travagliali e smarriù vi-
viamo ; ho voluto alcuni ragionamenti rac-
cogliere , che in una brigata di tre nostre
valorose donne, e in parte di madonna la
Reina di Cipro pochi di sono , tre nostri
avveduti ed intendenti giovani fecero d'a-
more assai diversamente questionandone in
tre giornate , affine che il giovamento e
prò che essi hanno a me renduto da lo-
ro , che fatti gli hanno , sentendogli , che
nel Tcro nou è slato poco , possano cziaii-
•Lio rendere a qualunque altro cosi ora da
4 DEGLI A50LVNT
me raccolil piacesse di sentirgli. Alla cjual
cosa fare , come che in ciascuna età stia
hene l'udire e leggere le g^iovevoli cose, e
specialmente questa ; perciocché non ama-
re come che sia in niuna stagione non si
può ; cjnando si vede che da natura insie-
me col vivere a tutti gli uomini è dato ,
che ciascuno alcuna cosa sempre ami: pure
io , che giovane sono , 1 giovani uomini e
]e giovani donne conforto ed invilo mag-
giormente. Perciocché a molti ed a molte
di loro per avventura agevolmente avverrà,
che udito quello , che io mi profero di
scriverne, essi prima, d'amore poti anno far
giudicio , che egli di loro s' abhia fitto
pruova. Il che quanto esser debba lor ca-
ro , né io ora dirò, ed essi meglio potran-
no ne gli altri loro più maturi anni giudi-
care. Ma di vero siccome nel più delle
cose r uso è otiimo e certissimo maestro ;
così in alcune ed in quelle massimamente
che possono non meno di noja essere , che
di diletto cagione , siccome mostra che
questi s'a , l'ascoltarle o leggerle in altrui ,
prima che a pruova di loro si venga, sen-
za fallo molte volte a molfi uomini di mol-
to giovamento è slato. Per la (i) qual cosa
bellissimo ritrovamento delle genti è da
dir che sieno le lettere e la scrittura, nella
qunl noi molte cose passale , che uon po-
(r) Utilità che si trae dalle lettere, e dalla scrittura.
Libro I. 5
trebbono altramente essere alla nostra no-
tizia pervenute lulte quasi in uno specchio
ritjuarJaiulo , e quello di loro , che faccia
per noi raccogliendo , dagli altrui esempi
ammaestrati ad entrare nelli non prima o
solcati pelaghi , o camminati sentieri della
vita, quasi j)rovati e nocchieri e viandanti
più sicuramente ci mettiamo. Snnza che inlì-
iiito piacere ci porgono le diverse lezioni ,
delle quali gli animi d'alquanti nomini non
altramente, che faccia di cibo il corpo, si
pascono assai sovente, e prendono insieme
da esse dilettevolissimo nodrimer.to. Ma la-
sciando questo da parie stare , ed alle ra-
gionate cose d' amore , che io dissi , ve-
nendo , acciocché meglio si possa ogni lor
parte scorgere tale , quale appunto ciascu-
na fu ragionata , slimo che ben fatto sia ,
che prima che io passi di loro più avanti,
come il r.igionare avesse luogo si faccia
chiaro.
Asolo (i) adunque vago e piacevole castel-
lo posto ne gli estremi gioghi delle nostre
alpi sopra il Triviglauo è , siccome ogni
uno dee sapere, di madoni^a la Reina dì
Cipro; con la cui famiglia la quale è elet-
ta Cornelia^ mollo nella nostra Citià onora-
ta ed illuminata , è la mia non solamente
d'amistà e di dimestichezza congiunta , ma
ancora di parentado. Dove essendo ella
(0 Asolo castello del Tiivigiauo.
6 Dr.GLI ÀSOLi^M
questo Settembre passnlo a'siioi diporti an-
data avvenne , cbe ella quivi maiiiò una
delle sue damigelle , la qnale peiciocchè
bella e costumata e gentile era molto , e
percioccbè da bambina cresciuta se Tavea ,
assai teneramente era da lei amata ed avu-
ta cara. Percbè vi fece V apparecchio delle
nozze ordinare bello e grande; e invitatovi
delle vicine contrade qualuiìque più ono-
rato uomo v' eia con le lor donne , e da
Vinegia similmente, in suoni e canti e balli
e solennissimi conviti l'un giorno appres-
so air altro ne menava festeggiando con
sommo piacer di ciascuno. Erano quivi tra
gli altri , che invitati dalla Beina vennero
a quelle feste , tre gentili uomini della no-
stra città giovani , e d' alio cuore , i quali
da' loro primi anni ne gli studj delle let-
tere usati , ed in essi tuttavia dimoranti
per lo più tempo, oltre acciò il pregio d'o-
gni bel costume aveano, che a nobili don-
zelli s' appartenesse d' avere. Costor per av-
ventura come che a tutte le donne , che
in que'conviti si trovarono, sì per la chia-
rezza del sangue loro , e sì ancora molto
più per la viva fama de' loro studj e del
Jor valore fosser cari , essi nondimeno pu-
re con tre di loro belle e vaghe giovani ,
e di gentili costumi ornate, / ^iiali tutti e
tre di que dì a Pinegia tornati erano per
loro bisogne ; perciocché prossimani eraa
loro per sangue e lunga dimestichezza con
esse e co' loro mariti aveauo , più spasso e
Libro I. '7
più sicurameute sì davano , che con altre
volentieri sempre in sollazzevoli ragiona-
menti dolci ed oneste dimore traendo .
Quantunque Perottino , che cosi nominare
un di loro m' è piaciuto in questi sermo-
ni , poco e rado parlasse , ne fosse chi ri-
so in bocca gli avesse solamente una volla
in tutte quelle feste veduto. 11 quale ezian-
dio molto da ognuno spesse volte si fura-
va, siccome colui che Tanimo sempre avea
in tristo pensiero ; né quivi venuto sareb-
be , se da' suoi compagni , che questo stu-
diosamente fecero acciò che egli tra gli al-
legri dimorando si rallegrasse , astretto e
sospinto al venirvi non fosse stato. Né pu-
re solamente Perottino ho io con infinta
voce in questa guisa nomato , ma le tre
donne e gli altri giovani ancora , non per
altro rispetto , se non per torre alle vane
menti de' volgari occasione , i loro veri
nomi non palesando , di pensar cosa in
parte alcuna meno che convenevole alla
loro onestissima vita. Conciossia cosa che
questi parlari d' uno in altro passando , a
brieve andare possono in contezza de gli
uomini pervenire , de' quali non pochi so-
gliono essere coloro , che le cose sane le
più volle rimirano con occhio non sano.
Ma alle nozze della Reina tornando; men-
tre che elle cosi andavano, come io di'^si,
un giorno tra gli altri nella fine del desi-
nare , che sempre era splendido , e da di-
versi giuochi d' uomini , che ci sogliou far
8 DEfil-T ASOIANI
ridere , e da' suoni di vai j strumenti , e
canti ora d' una maniera , e quando d'al-
tra rallii^Jato , due va£>lie fauclulle per
mano lenendosi con lieio seinhiante al
capo delle tavole , là dove la Reina sedea
venute riverenteine ite la salutarono; e poi
clic r tbbcro salutata amendue levatesi , la
mam:iore un bellissimo liuio, che nell una
mano teneva, al petto recandosi, ed assai
maestrevolmente toccandolo , dopo alquan-
to S])azio col piacevole suono di quello , la
soave voce di lei accordando e dulcissioia-
menle cantando , così disse :
Io vissi pargoletta in festa e '« gioco
De* rnÌK:i pensier di mia sorte contenta;
Or sì rn affligge ylmor e mi tormenta^
Ch ornai da tormentar gli amanza poco»
Credetti lassa aver gioiosa K'ita
Da prima entrando Amor a la tua cortei
E già n* aspetto dolorosa morte :
O mia credenza come in hai fdlita.
][dentre ad Amor non si commise ancora^
Vide Coleo Medea lieta e secura :
Poi eli arse per Jasoji ^ acerba e dura
Fu la sua vita injin alV uhini ora .
Delta dalla giovane cantatrice questa
canzone, la minore dopo un brieve corso
dì suono della sua compagna , che nelle
prime note già ritornava, al tenor di quel-
le altresì come ella la lingua dolcemente
isQodaudo > in questa guisa le rispose.
LlTKO I. g
Io iissi pnrgohtta in doglia e ^n pianto ,
De le mie scorte e di ine stessa in ira\
Or sì dolci pensieri Anìor mi spira ,
eia altro meco ìion sta che riso e canto.
.Ari'i giurato Amor , clC a te gir dietro
Fosse proprio un andar con na^'e a scoglio'.
Così la ^nd^ io teinea danno e cordoglio^
Utile scampo a le mie pene impetro,
Insin quel dì, che pria la vinse Amore,
Andromeda ebbe sempre affanno e noia'.
Poi eh' a Perseo si die , diletto e gioia
Seguala viva , e ìnorta eterno onore .
Poi clie le (lue fuiiciiillc ebber fornite
di cantare le lor cauzoiù, alle (jiiali udire
ciascuno chetissimo ed attentissimo era
stato, volendo esse partire per dar forse a
gli altri sollazzi luogo , la Reina fatta cliia-
mare una sua damii^ella , la quale bellissi-
ma sopra modo, e pergindicio d'ognun, che
la \ide, più d'assai che ahra che in quel-
le nozze v' avesse , sempre quando ella se-
ratamente niaufiiava di darle bere la ser-
viva ; le impose » che alle canzoni dello
fanciulle alcuna n'aggiugnesse delle sue.
P«}rchè ella presa una sua viuola di mara-
vi^^lioso suono, tuttavia non senza rossore
vecsendosi in così palese luos;o dover can-
tare, il che tare non era us;j(a, questa
canzonetta can ò con tanta piaceVolezza e
con m^nieie co4 nuove di melodia, che
alla dolce fiamma, che le sue note ne' cuori
de gli ascoltanti lasciarono, quelle delle
IO DEGLI AKOLANl
due fanciulle furono spenti e freddi car-
boni :
Amor ^ la tua vìrtube
]Si>ìi è dal mondo e dalla gente intesa'.
CJie da vìltate offesa
Segue suo danno , e fugge sua salute .
Ma se fosser tra noi ben conosciute
Uopre bue^ come /<i, dove risplende
Più del tuo i'ii'o raggio :
Dritto cammino , e saggio
Prenderla nostra vita, che noi prende ;
E tornerian con la prima heltade
Gli anni de Voro y e la felice etade.
Ora soleva la Reina per lo continuo ,
fornito che s'era di desinare e di ve-
dere e udire le piacevoli cose, con le sue
damig'OIe ritirarsi ne le sue camere; e qui-
\i o dormire, o ciò che più le piaceva di
fare facendo, la parte più calda del gior-.
no separatamente passarci ; e così concedere
che l'ali re dome di loro facessero a lor
modo infìno a tanto, che venute là dal
Tes])ro , tempo fosse da festeggiare ; nel
qual tempo tutte le donne e gentili uomi-
ni e suoi cortigiani si raunavano nelle am-
pissime sale del palagio , dove si danzava
gajamenle; e tutte quelle cose si facevano,
che a festa di Pcina si conveniva di fare.
Cantate adunque dalla damigella e dalle
due fanciulle queste canzoni , e a tutti gli
altri sollazzi di quella ora posto fine , leva-
Libro T. ii
tasi clair altre donne la Heln^, come solca ,
e nelle sue camere raccoltasi , e ciascuno
slmilmenlc partendo ; rimase per avventu-
ra ultime le tre donne , che io dissi , co*
loro giovani per le sale si spaziavano ragio-
nando : e quindi da' piedi e dalle parole
portate ad un verone pervennero , il qua-
le da una parte delle sale più rimota sopra
ad un bellissimo giardino del palagio
riguardava. Dove come giunsero maravi-
gliatesi della bellezza di questo giardino ,
poi che di mirare in esso alquanto al pri-
mo disiderio soddisfatto ebbero, ora a que*
sta , ora a quella parie gli occhi mandan-
do dal disopra ; Gismondo , che il più fe-
stevole era de' suoi compagni, e volentieri
sempre le donne in festa ed in onesto
giuoco teneva , a loro rivoltosi così disse :
Care Giovani, il dormire dopo '1 cibo a
questa ora del di quantunque in niuna
stagion dell' anno non sia buono ; pure la
state , perciocché lunghissimi sono i giorni,
come quello che cosa piacevole è , dagli
occhi nostri volentieri ricevuto alquanto
meno senza fallo ci nuoce. Ma questo me-
se si incominciò egli a perder molto della
sua dolcezza passata, ed a farsi di dì in di
più dannoso e più grave. Perchè dove voi
questa volta il mio consiglio voleste piglia-
re ; le quali stimo che per dormire nelle
vostre camere a quest'ora vi rinchiudiate ;
io direi che fosse ben fitto , lasciando il
sonno dietro le cortine de' nostri letti già-
12 DECLT ASOLAM
cere , che noi |<ass,tsslino nel giardino ; e
quivi ai lezzo nel fresco dell'erbe riposti-
ci o novellando , o di cose dilettevoli ra-
gionando, li)i;annassimo Cjuehla (i) incresciosa
parte dtl ij;iorn(), infin che l'ora del fesleg*
fiiare venula nelle sale ci richiamasse con.
gli altri ad onorare la nostra novella spo-
sa. Alle donile, le quali mollo più le om-
bre degli alberi e gli accorti ragionamenti
dei giovani , che il sonno delle coltre re-
gali e le favole dell' altre donne dilettava-
no , piacque il consiglio di Gismondo. Per-
chè scese le scale tutte liete e festose in-
sieme con lui e eoa gli altri due giovani
ji' andarono nel giardino. Era questo giar-
dino vago mollo e di maravlgliosa bellezza,
il quale oltre ad un bellissimo pergolato
di viti , che largo ed ombroso per lo mez-
zo in croce il dipartiva, una medesima via
dava a gli intranti di qua e di là , e lun-
go le latora di lui ne la distendeva , la
quale assai spaziosa e lunga e tutta di viva
selce (2) soprastrata si cliiudea dalla parte di
verso il giardino, solo che dove facea por-
la nel pergolato , da una siepe di spesslssi-
mi e verdissimi ginepri, che al petto avreb-
be potuto giugnere col suo sommo, di chi
vi si fosse accostar voluto , ugualmente in
(\) Incrfscinsn , cioè tediosa , nojosa.
(a) Snprtistrata , cioè selciala : e lastricata si dicg
quando à fatta di lastre.
Libro I. i3
ogni parte dì se la vista pascendo dilette-
vole a risuardare. Dall' altra onoiati allori
lungo il muro viepiù nel cielo montando,
della più alla parte di loro mezzo arco so-
pra la via facevano in maniera folli e ga-
stigati , che ninna lor foglia fuori del co-
mandato ordine parca die ardisse di si
mostrare , ne altro del muro , per qnauto
essi capevano, vi si vedea , che dall'uno
dello latora del giardino i marmi bianchis-
simi di due lìnesire, che quasi ne gli stre-
mi di loro erano, larghe ed aperte, e
dalle quali , perciocché il muro v'era gros-
sissimo , in ciascun lato sedendo si jDotea
mandar la vista sopra il piano , a cui elle
da alto riguardavano. Per questa dunque
così bella via dall' una parte entrate nel
giardino le vaghe donne co' loro giovani
camminando tutte difese dal Sole, e que-
sta cosa e quell' altra mirando e conside-
rando e di molte ragionando pervennero
in un pratello , che '1 giardin terminava ,
di freschissima e minutissima erba pieno e
d' alquante maniere di vaghi fiori dipinto
per entro e segnato ; acllo stremo del qua-
le facevano gli allori senza legge, e in mag-
gior quantità cresciuti due seìvette pari e
nere per l'ombre , e piene d'una solitaria
riverenza , e queste tra l'una e l'altra di
loro più addentro davan luogo ad una bel-
lissima fonte nel sasso vivo della montagna,
che da quella pu'te serrava il giardino ,
maesirevolmeute cavata , nella quale una
I4 DEGLI ASOLANI
vena noti mollo grunJe di chiara e fresea
acqua, che dei monte usciva, cadendo, e
di lei che guari alta non era dal terreno ,
i.i un canalin di marmo', che '1 nralello
divideva , scendendo soavemente si facea
sentire , e nel canale ricevuta , quasi tutta
coperta dall'erhe, mormorando s'affrettava
di correre nel giarditio. Piaccjue maiavi-
gliosamenle questo luogo alle belle donne;
il qu:ile poi che da ciascuna di loro fu
lodato, madonna Berenice, che per eia al-
quanto maggiore era dell' altre due, e per
questo da esse onorata quasi come lor ca-
po , verso Gismondo riguanJando disse: deh
come mal facemmo, Gismondo, a non ci es-
ser qui tulli questi dì yjassali venute , che
meglio in questo giardino, che nelle nostre
camere, areinmo quel tempo , che ser^za la
sposa e Reina si corre , trapassalo. Ora poi
che noi qui per lo tuo avvedimento più
che per lo nostro ci siamo , vedi ove a te
piare che si segga ; perciò che l'andare al-
tre parli del glardia riguardando il Sole ci
vi ta ; che invidiosamente, come tu vedi,
se !e riguarda egli tuttavia. A cui Gismon-
do ^ rispose ; Madonna, dove a voi così pia-
cesse, a me parrebbe che questa fonte noa
si dovesse rifiatare; perciò che l'erba è più
lieta qui , che altrove , e più dipinta di
fiori. Poi questi alberi ci terranno sì il So-
le , che per potere che egli abbia , oggi
Tìon ci sì accosterà egli giammai. Dunque ,
disse madonna Bereaice, sediamvicij e d§-
Libro I. i5
ve a te piace , quivi si stia ; ed acciocché
di niente si manchi al tuo consiglio segui-
re, col mormorio dell'acque, clic c'Invi-
tano a ragionare , e con 1' orrore di que-
ste ombre che ci ascoltano , disponti tu a
dir di quello , che a te più giova t he si
ragioni ; perciocché e noi volentieri sempre
t' ascoltiamo ; e poi che tu ad essi cosi va-
go luogo hai dato , meritamente dee in te
cadere l' arbitrio de' nostri sermoni. Dette
queste parole da madonna Berenice , e da
ciascuna dell' altre due invitato Gismondo
al favellare , esso lietamente disse : Poscia
che voi questa maggioranza mi date, ed io
la mi prenderò. E poi che fatta di loro
corona a sedere in grembo dell'erbetta po-
sti si furono , chi vicino la bella fonte , e
clii sotto gli ombrosi allori di qua e di là
del picclol rio ; Gismondo accortamente
rassettatosi, e pel viso d'intorno piacevol-
mente le belle donne riguardate , in que-
sta guisa i icominciò a dire: Amabdi donne,
ciascuno di noi ha udite le due fanciulle
e la vaga damigella , che dinanzi la Reina
prima che si levassero le tavole ^ due lo-
dando Amore , e 1' altra di lui dolendosi ,
assai vezzosamente cantarono le tre canzo-
ni. E perciò che io certo sono, che chiun-
que di lui si duole e mala voce gli dà ,
non ben conosce la natura delle cose , e
la qualità di lui , e di gran lunga va er-
rando dal diritto cammin del vero ; se al-
cuna di voi è , belle donue, o di noi , che
l6 DEHI-I ÀSOLANT
SO elle ce lìe sono, che creda insieme co»
Ja fanciulli primiera , che Amore cosa
buona non sia, dica sopra ciò quello che
ne £;li pare, che io gli risponderò; e dam-
mi il cuore di dimostrargli , quanto egli
con suo danno da così fatta opiiìioue in-
gannalo sia. La qual cosa se voi fare-
te , e dorerete voler f ire , se volete che
mio sia quello , che una volta donato
mi avete , assai bello e spazioso campo
aremo oggi da favellare : e così detto
si tacque Stellerò alquaiUo so]na se le
oneste donne intesa la proposta di Gismon-
do ; e già mezzo tra se stessa si pentiva
m-idonisa B<ienice d'avergli data troppa
Jibertà nel favellare. Pure riguardando che
quantunque egli amoroso giovane e sollaz-
zt vole f()S!»e , per tutto ciò sempre altro
che modestamente uon parlava , si rassi-
curò , e con le sue compagne cominciò a
sorridere di questo fatto ; le quali insieme
con lei altresì dopo un brieve pentimento
rassicurate , s'accorsero , raccogliendo le
parole di Gismondo, che egli la fiera tri-
stizia di Perotlino pugieva , e lui provo-
cava nei parhsre : perciò che sapevano che
egli di cosa amorosa , altro che male , noa
ragionava giammai. Ma per questo niente
rispondendo Perottino, ed ognuno tacen-
dosi, Gismondo ii cotal guisa riparlò : Non
e maraviglia, dolcissime Giovani, se voi
tacete: le quali credo io più tosto di lo-
dare Amore, che di biasimarlo v'ingegne-
Libro T. 17
reste, siccome qnelle cui egli in ninna
cosa puòavcr(r) diservite giammai, se onesta
Vergogna e sempre in donna lodevole non
vi ritenesse. Quantunque d'Amore si pos-
sa per ciascun sempre onestissimamente
parlare . Ma de' miei compagni si mi ma-
raviglio io forte, i quali dovrebbou, se bene
altramente credessero che fosse il vero,
scherzando almeno favoleggiar conlra lui,
aftìrie ch'alcuna cosa di cosi beila materia
si ragionasse oggi tra noi, non che dovessero
essi ciò fare,essendovene uno per avventura
qui che siede, il qual male d'amor giudi-
cando tiene che egli sia reo, e sì si tace.
Quivi non potendo-.i più na'^condere Ferot-
tino , alquanto turbato , siccome nel volto
dimostrava, ruppe il suo lungo silenzio,
co!<ì dicendo: Ben m'accorgo io, Gismoodo,
che tu in qnesto campo me chiami: ma io
sono assai debole barbero a colai corso .
Perchiè meglio farai , se tu in altro piano e
le donne e Lavlnello, e me, se ti pare,
provocando meno sassosi e riucrescevoli
aringhi ci concederai poter fare. Ora quivi
furono molte parole e da Gismondo e da
Lavinello dette, che il terzo compagno
era, acciò che Perottino parlasse; ma egli
non si mutando di proposito, osiinalamen-
te il ricusava. 11 che madonna Berenice e
le sue compagne veggendo , lo 'ncoraincia-
(i) Dlscnite j cioè non ssrvite^ discompiaciute,
Bembo Kol. I, 2
l8 DEGLI ASOLANl
roii tnltc instaiiic'ineiìle a pregare, clie
egli , e \)c.r y)iacer di cia<;ciino , e per
amor di loro alcuna cosa dicesse, deside-
rose di sentirlo pailarer'e tanto ir.lorno
acciò con dolci parole or una or altra il
combatterono, che egli alla line vinto ren-
dendosi, disse loro così: E il tacere e il
parlare oggimai ugualmente mi sono dis-
cari , perciò che ne quello debbo , né que-
sto vorrei. Oim vinca la riverenza, Donne,
che io a' vostri comandaraenli sono di por-
tar tenuto, non già a quelli di Gismondo,
il quale poteva con suo onore miglior ma-
teria che questa non è proponendoci , e
voi e me e se slesso ad un tratto diletta-
re: dove egli tutti insieme con sua vergo-
gna ci attristerà. Perciò che né voi udire-
te cose, che piacevoli sieno ad udire, ed
io di nojose ragionerò, ed esso per avven-
tura ciò, che egli non cerca sì si troverà,
il quale credendosi d' alcuna occasion dare
a' suoi ragionamenti col mio, ogni materia
si leva via di poter non dico acconciamen-
te , ma pure in. modo alcuno favellare.
Perciocché ravvedutosi per quello che a
me converrà dire, in quanto errore nou
io , cui egli vi crede essere , ma esso
sia che ciò crede , se egli non ba ogni
vergogna smarrita , esso si rimarrà di
prender l'arme contra '1 vero : e quando
pure ardisse di prenderlesi , fare noi po-
trà , perciocché non j^Tì sia rimaso che
pigliare . O armato , o disarmato , ris-
Libro T. iq
pose Gìsmondo , in ogni modo ho io a
farla tcco questa voUa, Perotll'io. Ma trop-
po credi, se tu credi ohe a aie riou dehba
riinauer che pigliare; il quile uou posso
gran fatto pighar cosa, che arma co;ìtra te
non sia. Ma tu nondlmeao armali; che a
me non parrebbe viiicere, se bene ai malo
non ti vincessi. Riser le donne delle paro-
le di due pronti cavalieri a battaglia . Ma
Lisa, che l'uua dell'altre due così mi pia-
cque di nominare, a cui parca che Lavi-
nelio tacendosi, occasione si fuggisse di par-
lare , a lui sorridendo disse: Laviuello, a te
fie di vergogna , se tu combattendo i tuoi
compagai, (i) con le mani a cintola ti sta-
rai , egli conviene che entri in campo an-
cor tu. A cui il giovane con lieta fronte
rispose: Anzi non posso io, Lisa, in cotesto
campo più entrare, che egli di vergogna
non mi sia. Perciò che come tu vedi, poi
che i miei compagni già si sono (^) ingag-
giati della battaglia tra loro, onesta cosa
non è, che io con un di lor mettendomi,
l'altro, a cui solo convien rimanere, fac-
cia con due guerrieri combattitore. Non
t'è buona scusa cotesta, Lavinello, risposero
(i) Star con. le mani a cintola, vuol dire stare in
Ozio , senza far nulla . Boccac, Si tengono le mani a
tintola.
(i) In;;a;;giati^ cioè sfidati: ed è usato nelle Cento ^
e da M. Cina. Leggi il Vocabolario del Poreacchi da lui
^S^unto alla. Fabbrica del Mondo.
20 DEGLI ASOLANI
ìe donne quasi con im dire tutte tre . E
poi Lisa rafferraalesi l'ai tic due, che a lei
Jasciavano Ja ri>po?!a, seguitò. E non ti
varrà nello non volere pigliar l'arme, il
difeiderli per cotcsta via . Perciocché non
sono questi conihillimeiiti di raaniera, che
quello si dehha osservare, che tu di' che
da due incontro ad uno non si vada. Egli
non ne muore ninno in così fatte battaglie;
entiavi pure, e nppigliavili (i) comunque-
mente tu vuoi. Lisa Lisy, tu hai avuto un
gran tot lo , rispose allora Lavinello cosi
con un dito per ischcrzo minacciati dola
gioohevolmentc. Indi all'allre due giratosi
disse : lo mi tenni teste, donne, tutto buono
estimando per lo vedervi inlenie alla zuffa
di cosior due, che a me non doveste
volger Taniiuo, uè dare altro carico di
trappornii a queste contese. Ora poscia
che a Lisa non è piaciuto, che io in pace
mi stia; acciò che almeno doler di me non
si possano i miei compagni , lasciamgli far
da loro a lor modo : come essi rimar-
ranno dalla mischia, non mancherà, che
si('corae i buoni schermidori far sogliono,
che a se riservano il sezzajo assalto, così
io le lasctate arme ripigliando, non provi
di soddisfare al vostro disio. Così detto e
risposto e contentato, dopo un brieve silen-
zio di ciascuno, Perottitio quasi da profon-
(i) Comunqucmente , cioè in quel modo che»
Libro 1. 2r
do pensiero toltosi, verso le donne levando
il viso disse: Ora piglisi Gismondo ciò che
egli si i^iiadagnerà, e non si penta, po'^cia
che egli sì questo argiiie ha rotto , se per
avventura e a lui maggiore acqua verrà
addosso, che bisogno non gli sarebbe d'a-
vere, e di voi ahramente avverrà, che il
suo avvi'^o non sarà stato. Che come che
io non speri di potere in maniera alcuna,
quanto in così fatta materia si converrebbe,
di questo universale danno degli nomini, di
questa generalissima vergogi-a delle genti
Amore, o donne, raccontarvi, perciò che
non che io il possa , che uno e debole
sono , ma quanti si vivono pronti e accor-
ti dicitori il più, non ne potrebbono as^^ai
bastevolmente parlare. Pure e quel poco
cbe io ne dirò, da che io alcune cose ne
Lo a dire, parrà forse troppo a Gismondo,
il quale altramente si fa a credere che s'.a
il vero, che egli non è, e a voi ancora
potrà essere di molto risguardo, die giova-
ni sete, ne gli anni, che sono avvenire,
il conoscere in alcuna parte la qualià di
questa malvagia fiera . Il che poi cbe esso
ebbe detto fermatosi, e più alquanto tempo
temperata la voce, cotale diede a' suoi ragio-
namenti principio. Amore (i),valorcseDonne,
non figliuolo di Venere , siccome si legge
nelle favole degli scrittori, i quali tuttavia
(i) Anore da (juali £vsntj sia nato.
22 DEGLI ASOLANI
in questa stessa bugia tra se medesimi discor-
dando 1) fanno per avventura figliuolo di di-
verse Iddie, come se alcuno diverse mad ri aver
potesse, uè di Marte, o di' Mercurio, o di
Volcano medesimamente, o d'altro Iddio, ma
da soverchia lascivia e da pigro ozio degli uo-
mini oscnrisslmi e vilisslmi genitori nelle
nostre menti procreato, nasce da prima
quasi parto di malizia e di vizio , il quale
esse menti raccolgono, e fasciar dolo di leg-
gierissime speranze poscia il ncdiiscono di
\aisi e stolti ]^ensitri , latte, che tanto più
abbonda , quanto più ne fugge l'ingordo ed
assetato ban*bitio. Perchè egli cresce in brie-
Te tempo, e divien tale , che egli ne'suoi rav-
volgimenti non cape. Questi come che di pc
co nato, vago e vtzzoso si dimostri alle sue
nutrici , e maravigliosa festa dia loro della
prima vista, egli nondimeno alterando si
"Va le più volte di giorno in giorno, e
cangiando e tramutando , e prende in pie-
ciclo spazio nuove facce e nuove forme di
maniera, che assai tosto non si pare plìj quel-
lo, die egli, quando e' nacque, si parca. Ma
lattava quale che egli si sia nella fronte,
egli mila altro ha in se e nelle sue ope-
razioni , che (i) amaro ; da questa parola ,
siccome jo mi credo , assai acconciamente
cosi detto la chiunque si fu colui , il quale
prima questo nome gli die , forse affine che
(i) Amare è detto da Amaro.
Libro F. 23
^ìi uomini lo schliassero , già nella prima
faccia della sua voce avvedutisi ciò che egli
era. E nel vero chiunque il segue , ninno
altro guiderdone delle sue fatiche riceve ,
che amaritudine , ninno altro prezzo (i)
merca , ninno appagamento , che dolore ;
perciocché egli di quella moneta paga i
suoi segnaci, che egli lia ; e si n'ha sempre
grande e intìnila dovizia ; e molli suoi te-
sorieri si mena seco, che la dispensano e
distribuiscono a larga e capevole misura, a
quelli più donandone , che di se stessi e
della loro libertà hanno più donato al In-
sini];hevole signore. Per la qual cosa non sì
debbono rammaricar gli uomini , se essi
amando tranghioltono, siccome sempre fan-
no , mille amari, e se'iiono tutto '1 giorno
infiniti dolori; conciosiacosacbè così è di loro
usanza , ne può altramente essere ; ma che
essi amino , di questo solo ben si debbono
e possousi sempre giustamente rammarica-
re. Perciocché amare senza amaro non si
può : ne per altro rispetto sì sente giammai
e si paté alcuno amaro , che per amore.
Avea dette queste parole Peroltino , quan-
do madonna Berenice, che attenlissimamen-
te le raccoglieva, così a lui incominciò Irap-
ponendosi. Peroltino vedi bene già di quin-
to Merca, cioè cerca ^ e quantunque sia dc'l verso ^
possiamo anco con l'autorità di questo illustre scrittore var
lerctne nelle prose.
24 DE©n xaoLAN»
ci ciò clie tu fui. Perciocché oìtra die a
Glsmondo dia l'animo di pienamente alle
lue proposte rispondere, siccome a me ne
par di vedere , per avventura il non con-
cederli le sconce cose eziandio a inuna di
noi si disdice. Se pure non c'è disdetto il
trametterci nelle vostre dispute, nella qual
cosa io per me luliavia eira «e non vorrei,
o esser da voi tenuta senza rispetto e pre-
suntuosa. Senza rispetto non potrete voi
essere Madonna , né presuntuosa da noi
tenuta parlando e ragionando, disse allora
Gismondo , e le vostre compagne similmen-
te , poiché noi tutti venuti qui siamo per
questo fare. Percliè trametletevi ciascuna ,
siccome più a voi piace , che queste non.
sono più nostre dispute , che elle esser pos-
sano vostri ragionamenti. Dunque , disse
madonna Berenice, farò io sicuramente alle
mìe compagne la via ; e così detto a Pe-
rottino rivoltasi seguitò: E certo se tu avessi
detto solamente, Perottino, che amare senza
amaro non si possa , io mi sarei taciuta ,
ne ardirei dinanzi a Gismondo di parlare;
ma lo aggiungervi , che per altro rispetto
amaro alcuno non si senta, che per amore,
soverchio m' è paruto e sconvenevole. Per-
ciocché così potevi dire , che ogni dolorft
da altro che d'amore cagionato non sia , o
io hene le tue parole non appresi. Anzi le
avete voi apprese hene e diritiamente , ri-
spose Perottino, e cotesto stesso dico io
Madonna , che voi dite , niuua qualità di
Libro I. 20
dolore , niun modo di rammarico essere
nella vita degli uomini , che per cai^lnn,
d'amore non sia e da lui , siccome iiame
da SITO fonte, non si dlrivi : il che la na-
tura medesima delle cose , se noi la consi-
deriamo , assai ci pnò prestamente far chia-
ro. Perciocché , siccome ciascun di noi dee
sapere , tutti i beni e tutti i mali , che pos-
sono agli uomini , come che sia , o diletto
recare o dolore (r), sono di tre maniere e
non più : deli' animo , della fortuna e del
corpo. E perciocché dalle buone cose do*
lore alcuno venir non può , delle tre ma-
niere de' mali , dalle quali esso ne viene ,
ragioniamo. Gravose febbri , non usata po-
vertà , scelleratezza e ignoranza che sieno
in noi , e tutti gli altri danni a questi so-
miglianti , che infinita fanno la loro schie-
ra , ci apportano senza fallo dolore e più
e men grave secondo la loro e la nostra
qualità ; il che non avverrebbe , se noi noa
amassimo i loro contrarj. Perciocché se il
corpo si duole d'alcuno accidente tormen-
tato, non è ciò, se non perché egli natu-
ralmente ama la sua sanità; che se egli non
l'amasse da natura , impossi'bile sarebbe il
potersene alcun dolere non altramente, che
se egli di secco legno fosse • o di soda pie-
tra. E se d'alto stato in bassa fortuna ca-
(1) I beni e mali che ci posson recar diletto e do-
lete, sono di tre uiaoiere.
2^ DEGLI ASOLA.NI
cinti a noi slessi e' incicsciarao , Tamore
delle ricchezze il fa, e <l<^,^li onori, e del-
l'altre soinii^lianti rose, che per lungo uso,
O |)er ele/.ioiie non sana si poi) loro. O ide
se alcuno è, che non le ami, siccome si
le£:;i:;e di quel filosofo, che nella presnra
della sua patria uieiile curò di salvarsi ,
co'ih>nlo di quello, che seco sempre por-
tav ♦ , costui certaroente digli amai i giuochi
della fortuna non sente dolore. Già la bella
virtù e il giovevole intendere , che alber-
i^ano ne' nostii animi , amali sogliono da
ciascuno essere per naturale instinto e desi-
derati , perchè ognuno da occulto pungi-
mento stimolato della sua malvagità e della
sua Ignoranza ravvedutosi si rammarica ,
come di cose dolorose. E se pure si conce-
desse alcuno potersi trovare , il quale vizio-
saraciite e senza lume d'intelletto vivendo,
non s'attristasse alle volte del suo mal vi-
vere , rome che sia , a costui senza dubbio
o per (i) diffalta estrema di conoscimento,
o per infilila ostinazione della perduta u-
sanza il virtuosamente vivere e lo essere in-
tendente in niun modo non sarebbe caro.
Né pur questo solamente cade negli uomi-
ni , ma (gli è ancora manifestamente co-
noscinlo tielle fiere, le quali amano i loro
fig1Iu«'li assai teneramente per lo generale
ciascuna ; mentre essi novellamente parto-
(\) Diffalta . cioè mancamtinto
Libro T. 27
iki iti loro cura dimorano. Allora se al-
cun ne muore , o vieri lor tolto come che
«ia , esse si dogliono, quasi come se umano
conoscimcJito avessero. Quelle medesime i
loro figliuoli cresci ali e per se slessi vale-
voli se poi strozzare dinanzi agli occhi loro
si veggono e sbianare, di niente s'attrista-
no , perciocché esse non gli amano più. Di
che assai vi può esser chiaro, che siccome
ogni fiume nasce da qualche fonte , così
ogni doglia procede da qualche amoie ; e
siccome fiume senza fonte non ha luo^o ,
cosi conviene esser vero quello che voi
diceste , che ogni dolore altro che d'amore
non sia. E perciocché non è altro l'amaro,
che io dissi , che il tormento e dolor del-
l' animo che egli per alcuno accidente in
se paté, quel medesimo conchiudendo, ma-
donna , vi raffermo , che voi ripigliaste ,
che per altra cngione amaro alcuno non
si sente dagli uomini ne si pale ^ che
per amore. Taceva da queste paiole so-
prappresa madonna Berenice , e sopra es-
se pensava , quando Gismondo sogghignan-
do così disse : Senza fallo assai agevol-
mente arcsti tu oggi stemperala ogni dol-
cezza d^Traore con Tamaro d' ur tuo solo
arg'^menlo, Perottìno , se egli ti fosse con -
cedtUo. Ma perciocché a me altramente ne
pare , quando più tem])0 mi fie dato da
rispor>derli , roej»lio si vedrà , se cotesta
tua cotr.nta amarl-tudine si potivà rad.lolci-
re. Ora insegnaci quanto quell' altra prò-
2^ DEGLI àSOLANI
posta sia vera , dove tu di' che amare sen-
za amaro non si puole. Quivi ne veniva io
testé, rispose Peroltino, e di quello che io
mi credo che ciascun di noi tuttavia in se
sfesso pruovi , ragionando potrei con assai
brievi parole, Gismondo, dimostrarloli. Ma
poscia che lu pure a questi ragionamenti mi
traesti , a me piace che più stesamente ne
cer«"hiamo. Certissima cosa è adunque, (r)
o donne, che di tutte le tuiha/Joni dell'a-
nimo ninna è così nojevole , così grave ,
ninna così forzevole e violenta , ninna che
così ci commova e giri come questa fa ,
clic noi Amore chiamiamo : gli scrittori
alcuna volta il chiaman fuoco , perciocché
siccome il fuoco le cose nelle quali entra ,
egli le consuma , così noi consuma e di-
strugge amore ; ahmna volta furore , vo-
lendo rassomigliar 1' amnnte a quelli , che
stati sono dalle furie sollecitati , siccome
d'Oreste e d'Ajace e d'alcuni altri si scri-
ve. E perciocché per lun^a spcrienza si so-
no avveduti ninna essere più certa infeli-
cità e miseria , che amare , di questi due
soprannomi , siccome di proprie possessioni ,
hanno la vita degli amanti privilegiata per
modo,che in ogni libro, in ogni foglio sempre
misero amante, infelice amante e si legge
e si scrive. Senza fallo esso Amore ninno
(i) Che amar non si può lenza amaro. Amore è
stato cbiamato fuoco e furore.
Libro I. 29
è , che piacevole il chiami ; niun dol-
ce , ninno umano il nomò giammai : di
crudele, d'acerho, di fiero, tulle le car-
te son piene. Lci^fjete d'amore, quanto da
mille se ne scrive , poco o niente allro ia
ciascun troverete , che dolore. Sospirano i
versi io alcuno, piangono di molti i libri
intieri , le rime, gì' inchiostri , le carte , i
volumi slessi son fuoco. Sospizioni , ingiu-
rie, nìmicizie, guerre già in ogni canzone
si raccontano , nella quale d' amor si ra-
gioni , e sono questi in amore mediocri
dolori. Disperazioni , ruhellioni , vendette ,
catene , ferite , morti , chi può con V ani-
mo non tristo , o ancora eoa gli occhi
asciutti trapassare ? ne pur di loro le lie-
vi e divolgale favole solamente de Poeti ,
o ancora quelle , che per esempio della
vita scritte da loro state sono più giove-
volmente , ma eziandio le più gravi istorie
e gli annali più riposti ne son macchiati.
Che per lacere degl'infelici amori di Pira-
mo e di Tisbe , delle sfrenate e illecite
fiamme di Mirra e di Bibli, e del colpevo-
le e lungo ei ror di Medea , e di lutti i
loro dolorosissimi fini , i quali poslo che
non fosser veri , si furono essi almeno fa-
voleggiati da gli antichi per insegnarci che
tali possono esser quelli de' veri amori: già
.di Paolo e di Francesca non si dubita; che
nel mezzo de' loro disii d' una medesima
morte e d' un solo ferro amendue siccome
d' un solo amore trafitti non cadessero .
3o nECLl ASOLA.NI
INè di Tar(['.iinio altresì iìnijono gli scritto-
li , al (jualc fu l'amore, che di Lucrezia
il prese , e della piiv «zioa del regao , e
dell' eslijllo insieme , e \lella sua morte
cagione. INè è , chi per vero nou tenga ,
che le faville d' un Troja.io e d' una Gre-
ca tutta l'Asia e tutta l'Europa racceu-
dessero. l'accio mille altri esempi somiglian-
ti, che cìascuiia di voi può e nelle nuove e
nelle vecchie scritture aver letti molte Ga-
te. Per la qual cosa manifestamente si vede
Amore essere non solamente di sospiii e.
di lagrime, uè pur di nioili pai ticolaii, ma
eziandio di mine d'antichi seggi, e di
poteri tissime città , e delle provi neie istesse
cagione. Colali sono le costui operazioni , o
donne; colali memorie egli di se ha la-
sciato , affine che ne ragioni chiunque ne
scrive. Vedi tu dunque Gismoudo, se vor-
rai dimostrarci che Amore sia buono, che
non ti sia di mestieio mille antichi e mo-
derni scrittori, che di lui , come di cosa
rea parlano, ripigliare. Detto fin qui da
Pc! Ottino , Lisa in seder levatasi , che con
la mano alla gola , e col braccio sopra
l'orlo della fonte tutta in sul lato sinistro
ascollandolo si riposava , così nel dimandò
e disse: Peroltino, (juello che a Gismondo
faccia mestiero di ripigliare , egli il si ve-
da, che t'ha a rispondere , quando ad esso
piacerà , o saia tempo. A me ora rispondi
tu ; Se è cagione Amore di tanti mali ,
quanti tu di' che i vostri scrittori gli ap-
Libro T. 3r
pongono , perchè il fanno eglino Mdlo ?
rercioccliò siccome io ho letlo alcuna iia-
ta , essi il fanno adorar da gli uomini , e
consacrargìi altari, e porgoiigii voti e daii-
nogli l'ali da volare in cielo. Cliiuiqne
male fa , egli ceìlamente non è [delio ; e
chiunque Iddio è , egli senza dabhio noix
può far male. Dunque , se ti piace , dim-
mi come questo fatto si stia. E per avven-
tura elle tu in ciò a madonna Berenice e
a Sahinetta, non meno che a me piacerai,
le quali possono altresì , come io , altra
\olta sopra questo dnbhio aver pensato,
ne mai perciò non ra' avvenne di poterne
dimandare così hene , o pure così a tem-
po , come fa ora. Alle cui parole couli-
nuando le due donne , e mostrando che
ciò sarebbe loro parimente caro a dover
da Perottiuo udire, esso alquanto pi ima
taciutosi così rispose (i) : l Poeti , Lisa ,
che furono primi maestri della vita ne' tem-
pi , che gli uomini roz/.i e salvaliclii non
bene insieme ancora si raunavano , inse-
enati dalla natura , che avea dato loro la
voce e lo ingegno acconcio a ciò lare , i
versi trovaroijo , co'quali cantando ammol-
livano la durezza di quei popoli, che usci-
li degli alberi e delle spelunche senza più.
oltre sapere che cosa si fossero , a caso er-
rando ne raeoavan la lor vita , siccome
(i) Amor per qual cagione è chiamato Dio.
32 DEGLI ASOLAM
tìere. IVò gu.ìri cantarono quei primi mae-
stri le lor canzoni , c\\e essi seco ne trae-
vano qiiei^li uomini sclvagj^i invaghiti delle
lor voci , dove essi n' andavano cantando.
^'è altro fu la dilettante cetara (i) d'Orfeo,
clie le vashe fiere da' lor boschi , e gli al-
ti alberi dalle ior selve , e da' lor monti
le sode pietre e i precipitanti fiumi da' lor
corsi ritoglieva , che la voce d' un di quei
primi cantori , dietro alla quale ne veniva-
no quegli uomini , che con le fiere tra gli
alberi nelle selve e ne' monti e nelle rive
de' liumi dimoravano. Ma olire acciò, per-
ciocché raunata quella sciocca gente biso-
£];nava insegnar loio il vivere , e mostrar
loro la qualità delle cose , acciocché se-
guendo le buone dalle ree si ritraessero ;
rè capeva in quegli animi ristretti la gran-
dezza della natura , e nelle loro sonnac-
chiose menti non poteva ragliane entrare, che
lor si dicesse; trovarono le favole altresì, sot-
to il velame delle quali la verità, (2) sic-
come sotto vetro trasparente ricoprivano.
A questa guisa del continuo dilettandogli
con la novità delle bu^ie, ed alcuna volta
tra esse scoprendo loro il vero, ora eoa
una favola, e quando con un'altra gl'inse-
gnaroiio a poco a poco la vita migliore . la
(i) Orfeo in che modo al snon della catara traesse
le fiere e gli alberi.
(2) Favole perchè trovate .
Librò T. 33
quel tempo adunque, che il giovane mon-
do i suoi popoli poco ammaestrati avea ,
fu Amore insieme eoa molli altri fatto Lidio,
siccome tu di', Lisa, non per altro rispelto,
se non per dimostrare a quelle gi>osse gen-
ti con questo nome d'Iddio, quanto nelle
umane menti questa passione poteva . E
veramente se noi vogliamo considerando
trapassar nel potere, che Amore sopra di
noi ha, e sopra la nostra vita, egli si ve-
drà chiaramente i ufi ulti essere i suoi mira-
coli a nostro gravissimo danno, e veramen-
te maravigliosi, cagione giusta della deità
dalle genti datagli, siccome io dico. Per-
ciocché quale vive nel fuoco, come sala-
mandra , quale ogni caldo vital penlutone
si raffredda come ghiaccio, quale come
neve al sole si distrugge , quale a guisa
di pietra senza polso , senza spirito, mutolo
ed immobile ed insensibile si rimane. Altri
fia , che senza cuore si viverà, a donna,
che mille strazj ad ogni ora ne fa , aven-
dol dato; altri ora in fronte si trasmuta,
ora in albero , ora in fiera : e chi portato
da forzevoli venti ne va sopra le nuvole
stando per cadere tuttavia , e chi nel cen-
tro della terra e negli abissi più profondi
si dimora. E se voi ora mi dimandaste
come io queste così nuove cose sappia ,
senza che elle si leggano, vi dico, che io tutte
le so per pruova, e come per isperieuza dotto,
cosi ne favello. Oltra che maravicrliosa cosa
e il pensare clienti e quali sieno le disa*
Be.nbo Voi. /, 3
34 DfGLI ASOLACI
guiglianze, le discor<lfinze , gli errori, che
Amore nelle menri cle'servi amaiili traboc-
cando accozza co gravosa disparità . Per-
ciocché chi non dirà die essi siano sopra
Oi;ni altr^ miseria infelici, quando e alle-
grissimi sono e dolorosissimi in una stessa
ora , e dagli occhi loro cadono amare la-
gilme con Jolce riso mescolate, il che bene
spes'O suole avvenire? o quando ardiscono
e temono in uno medesimo istante , onde
essi per mollo desiderio pieni di caldo e di
focoso ardire impallidiscono e tricmano
dalla £»elat,a paura? o quando da diversissi-
me angoscie ingombrali e orgoglio e umil-
tà, e improntitudine e tiepidezza, e guerra
e pace parimente gli assalgono e combatto-
no ad un temp(>? o qua^ido con la lingua
tace do e col volto parlano e gridano ad
alta voce col cuore, e sperano , e disperano,
e la lor viia cercano ed abbracciano la lor
morte iusÌLmemeute ? E per lo continuo
dando l(io:;o in se a due lontanissimi afftt-
ti _, il che non suole potere essere nelle al-
tre cose, e (la es'^i stracciatamente qua e
là in uno stesso punto essendo portali, tra
queste e somiglianti distemperatezze il senso
si dilegua loro e il cuore? E fannoci a
credere (i), che vero sia quello, che alcun
Filosofo già disse, che gli uomini hanno
(0 Opinion d'alcuni Filosofi che gli uomini abhianq
«lue anime.
Libro T. 35
due anime ciascuno, con l'una delle quali
essi all'un modo yoì'Iìo:io . e con l'altra
vogliono all'altro, perciocché egli non pa-
re possibile, che con una sola anima sì
debba poler voler due coiitrarj . Le quali
maniere di maraviglie come che tutte s'u-
sino nell'oste, che Amor conduce; pur
1' ultima , che io dissi , v' è più sovente,
che aiira; e tra molla dissonanzia d'intìni-
ti dolori ella, quasi giusta corda , più spes-
so al suono della verità risponde, siccome
quella, che è la più propria di ciascuno
amante, ed in se la più vera , cioè che essi la
lor vita cercano , ed abbracciano la lor morte
tuttavia : conciossia che mentre essi vanno
cercando i diletti loro, e quelli si credono
seguitare, dietro alle lor uoje inviati, e
d'esse invaghiti, siccome di ben loro, tra
mille guise di tormenti discouvenevoli e
nuovi alla fine si procacciano di perire ,
chi in un modo, e chi in altro, miseramen-
te e stoltamente ciascuno . E chi negherà
che stoltamente e miseramente non perisca,
chiunque da semplice follia d'Amore (i)
avvallato trabocca alla sua morte così leg-
giero? Certo ninno, se noi quei che '1 fanno,
a' quali spesse volte tra per soverchio di
dolore e per mancamento di consiglio , è
^0 Ai'vallatOy cioè circondai».
36 DF.GM ASOT.ANT
coM grave il vivere, che pure non rlie la
sellili no, anzi essi le si fanno incontro vo-
lentieri, chi perchè ad esso pare così più.
?5pecJ ita mente che in altra maniera , poter
/ìtiire i suoi dolori , e chi per far ve lire
almeno una volla pietà di se negli occhi
della sua donna , contento di trarne sola-
mente due la<>i ime per lijuiderdone di tutte
le sue ]>ene . INon pare a voi nuova pazzia,
o donne, che gli amanti per così lievi ed
istrane cai<ioni cerchino di fuggire la lor
propria vita? Certo sì dee parere: ma egli
e pure co^ì, e non che io in me una vol-
ta provato l'ahbia, ma egli è buon tempo, die
se Oli foi.se stillo concedn'o il morire a me sa-
rchile egli sempre cai issimo stato , e sarebbe
ora più che mai. A questo modo, o doi ne ,
s'ingtgnano gli amami contro al corso della
natura trovar via, la quale avendo parimen-
te ingenerato in tutti gli uomini nal/o amo-
re di loro stessi e della lor vita , e ccnti-
nua cura di conservmlasi , essi odiandola e
di se stes'ìi nimici divenuti, amano altrui;
e non solamente di conservarla non curano,
ma spesNO a »cora contro a se medesimi in-
crudeliti voloniaiiamente la rifiutano dispre-
giando . Ma potrebbe forse dire alcuno ,
Peroltino, colesle son favole a quistione
d'iniamoralo più convenevoli, siccome le
tue sono, elle a vero argomentare di ra-
gionevole uomo. Perciocché se a te ios.se
stalo così caro il morire, come tu di\ chi
te n'avrebbe ritener potuto, essendo così
Libro l. 87
ia mano d'ogni uomo vivo il morire, come
non è più il vivere i'i }X»ter di (jueìli, che
sou già passali? Queste parole j)lù follemen-
te si dìco'io, che i fatti non si fanno di
leggiere. Maravigllosa cosa è, o donne, ad
udir cfuello che io ora dirò, il che se
da me non fosse slato provato, appena che
io ardissi d'immagìnarlomi, non che di
raccontarlo. INon è, siccome in tulle l'al-
tre qualità d'uomini, ullima doglia il mo-
rire negli amanti ; anzi loro molte volte in
modo è la morie dii;egata, che già dire si
può, che in somma e strema miseria feli-
cissimo sia colui, che può morire. Percioc-
ché avviene bene spesso , il che forse noa
udiste voi donne giammai, né credevate
che potesse essere, che mentre essi dal mol-
to e lungo dolor vinti sono alla morte vici-
ni, e sentono già in se a poco a poco par-
tire dal penoso cuore la lor vita, tanto
d' allegrezza e di gioja sentono i miseri del
morire , che questo piacere confortando la
loro sconsolata anima tanto più, quanto essi
meno sogliono aver cosa che loro piaccia,
ritorna vigore negl' indeboliti spiriti , i quali
a forza partivano, e dona sostentamento
alla vita che mancava . La qual cosa quan-
tunque paja nuova, quanto sia possibile ad
essere in uomo innamoralo, io ve ne potrei
testimonianza donare, che l'ho provata, e
recarvi in fede di ciò versi già da me per
lo addietro fatti, che lo disciivouo, se a
.me non fosse dicevole vie più il piagnere.
88 DEGLI ASOLANI
che il cantare . Oiilvl corae ria cosa moTt»
di'-iafa soprnggiujita , e tiitla in se siessa
«iibltameiìte recalasi madonna Berenice:
deli, disse, se questo Iddio ti conceda. Pe-
rei lino , il \ivere lieti»mente lutti gli anni
tuoi, prima che tu più olire vada ragionan-
do, dicci quesli tuoi vtrsi. Percioccliè huo-
na pezza è, che io son vaga soramissima-
mente d'udire alcuna delle tue canzoni, e
certa sono, che tu le ne dicendo diletterai
in si em emente queste altre due che t'ascol-
tano, ne meuo di me son vaghe d'udirti;
j,ierciocchè heu sappiamo, quanto tra gl'ià-
tcndenti giovani sieno le tue rime lodate.
A cui Peroni no un profondissimo sospiro
con le parole mandando fuora, in questa gui-
sa rispose: Madonna, questo Iddio male per
me troppo bene conosciuto, i miei anni
lieti non può egli più fare, né farà giam-
mai, quando ancora esso far lieti quegli di
tulli gli altri uomini potesse, siccome non
puote . Perciocché la mia ingannevole for-
tuna di quel bene m' ha spoglialo , dopo
il quale ninna cosa mi può essere, né sarà
mai né lieta, né cara, se non quella una,
che è di tutte le cose ultimo fine; la quale
io ben chiamo assai spesso , ma ella sorda
con la mia fortuna accordatasi non m'ascol-
ta , forse perché io soverchio vivendo ri-
manga per esempio de' miseri bene luu^a- j
mente infelice . Ora po^^cia che io ho già
preso ad ubbidirvi , e ho a voi fatto pale-
te quello , che nascondere arei potuto : e
Libro I. Sg
sareLbe il meglio stalo , che Men male suo-
le essere il morirsi uom tacendo , che la-
mentandosi'^ quantunque le mie rime da
esser dette a donue liete e festeggiauti uoq
siano, io le pure dirò. Mossone a pietà i
pieghevoli cuori delle donne queste ultime
parole di Perottino , quando egli che eoa
fatica grandissima le lagrime agli occhi
ritenne, alquanto riavutosi così iacomìn-
ciò a dire :
Quand^ io penso al martire ,
jlmor ^ che tu mi dai gravoso e forte ^
Corro per gir a morte ^
Così sperando i ?niei danni finire ;
Ma poi eli io giungo al passo ,
Clìèporto in questo mar d^ ogni tor mento ^
Tanto piacer ne sento ,
Che Valma sì rinforza^ oncT io nolpasso,
CosVl viver ni ancidei
Così la 7norte mi ritorna in vita.
O miseria infmita ,
Che tuno apporta, e Valtra non recidei
Lodavano le donne e gli altri giova-
ni la canzone da PerotlinO recitala ; ed
esso interrompendogli, soverchio delle sue
loile schifevole , volea seguitando r.lle pri-
me proponile ritornare ; se non che ma-
donna Berenice ripigliando il parlare ,
almeno d'sse , sii di tanto contento , Perot-
tino, poiché l'essere lodato con tra l'uso
di tutti gli altri iiomiai tu pure a Jiojc».
40 DEGLI ASOLANI
li rechi , the dove acconciamente ti ven-
ga così raf^ionando alcun de' tuoi versi
ricordalo, non ti sia grave Io sporloci, per-
ciocché e noi e tutte e tre , che del tuo
onore vaghissime siamo , ed i tuoi compa-
gni medesimamente , i quali son certa che
come fiatello t' amino , quantunque essi
altre volte possano le tue rime aver udite,
sollazzerai con tua pochissima fatica gran-
demente. A queste parole rispostole Perotti-
no che come potesse il farehbe, così rien-
trò nel suo parlare: E che si potrà dir qui,
se non che per certo tanto stremamente è
misera la (i) sorte degli amanti , che essi
vivendo , perciò che vivono , non possono
vivere ; e morendo , perciò che muojono ,
non possono morire ? lo certamente non
so che altro (2) succhio mi sprema di così
nuovo assenze d'amore, se non quest'uno,
il quale quanto sia amaro , siate contente,
giovani donne , il cui bene sempre mi fie
caro , di conoscere più tosto sentendone
ragionare , che gustandolo. ]Ma o potenza
di questo Iddio , non so qual più o uoje-
vole o maravigllosa ; non si contenta di
questa loda, ne per somma la vuole de'suoi
miracoli Amore, il quale perciocché si può
argomentare , che siccome la morte può
(0 Amanti vivendo non possono vivere, e moren-*
do non possono morire.
(1) Sugo pare , che più prnpriamenlt iovrthhe dirsi,
ìkefgi il Vnraholnrìa del Porcacchia
Libro 1. ^r
negli amanti cagionar la noja del vivere ,
così può bastare a cagionarvi la vita la
gioja che essi sentono del morire ; vuole
talvolta in alcuno non solamente clie esso
non possa raorire senza cagione avere alcu-
na di vita , ma fa in modo , che egli di
due manifestissime morti da esse fierissima-
mente [assalito, siccome di due vite, si vi-
ve. A me medesimo tuttavia , donne, pare
oltre oani maniera nuovo questo stesso
che io dico , e pure è vero: certo così noa
fosse egli stato, che io sarei ora fuori d'in-
finite altre pene , dove io dentro vi sono.
Perciocché avendo giù per gli tempi addie-
tro Amore il mio mìsero e tormentato
cuore in coceufissimo fuoco posto , nel
quale stando egli , conveniva che io mi
morissi ; conciossiacosaché non avrebbe la
mia virtù potuto a cotanto incendio resi-
stere , operò la crudeltà di quella donna ,
per lo cui amore io ardeva , che io caddi
in uno abbondevolissimo pianto , del qua-
le V ardente cuore bagnandosi, opportuna
medicina prendeva alle sue fiamme. E que-
sto pianto avrebbe per se solo in maniera
isnervati ed infievoliti i legamenti della mia
vita , e così vi sarebbe il cuore allagato
dentro , che io mi sarei morto , se stato
non fosse , che (i) rassodandosi per la (2)
(r) BassodanJosi, cioè facendosi più sodo,
(1) Cocitura , il Bete, disse Coltura.
42 DEGM ASOIANl
toclliira del fuoco tulio quello , che il
piatilo sfeinperava , cagione fu chi; io non
mancai, /n questa guisa l'uno e l'altro de*
miei ìi:;ìIì prò faceiìdonn, e da due morlalissi-
mi accidenti per la loro (i) contraopera-
zione , vita venendomene^ si rimase il ruo"
re in istalo ; ma quale stalo voi vedete :
conciossia cosa che io non so , quale piii
misera vita debl>a potere essere , che quel-
la di colui è, il quale da due morti è vi-
vo tenuto, e perciocché egli doppiamente
muore, egli si vive. Così avendo detlo Pe-
roni no , fermatosi , e poi a dire altro pas-
sar volendo : Gismondo con la mano in
ver di lui aperta (z) sostandolo, a madon-
na Berenice così disse : Egli non v' attien ,
Madonna, quello, che egli v'ha testé pro-
messo di s])orvi delle sue rime , potendol
fare. Perciocché <?gli una canzone fé' già ,
che di questo miracolo medesimo racconta,
vaga e gentile, e non la vi dice. Fate che
égli la vi dica , che ella vi piacerà. 11 che
udito, la donna subitamente disse: Dunque
ci manchi tu , Perotlino , della tua pro-
messa cosi tosto? O noi ti credevamo uom
di fede. E con tai parole, e con altre scon-
giurandol tutte , non solamente a dir loro
quella canzone, della qnale Gismondo ra-
gionava , ma ancor delle altre , se ad uo-
(i) Crntraoperazùone, dot' operazione fatta in contrario^,
(z) Sostandolo , cioè fermandolo.
Libro I. 4,3
pò venissero, di quello che egli dirdovea,
il constrinsero; e fattosi ripromettere, più
d' una volta , egli alla canzone venendo ,
con voce compassionevole così disse :
T^oi r?ìi poneste in foco ,
Per farmi anzil mio dì , Donna^ perire.
E perchè questo mal vi parea poco ,
Co7 pianto racl(ìo])piaste il mio languire'.
Or io vi vo'' heti dire :
Levate V un martire ;
Che di due morti i non posso morire.
Però die da V ardore
Uumor^ che ven dagli occhi mi difende.'.
E che'l ^yra/i pianto non distempre il core^
Face la fiamma^ die V asciuga e''ncende.
Cosi quanto si prende
L* un mal, l'altro mi rende:
E gioita quello stesso , che ni* offende»
Che se tanto a voi piace
feeder in polve questa carne ardita.
Che vostro e mio mal grado è sì vivace j
Perchè darle giammai quel che Vaita?
Vostra voglia infinita
Sana la sua ferita :
Ond" io rimango in dolorosa vita,
E di voi non mi doglio ,
Quanto d^Amor, che questo vi comporte'.
yinzi di me, di ancor non mi discioglio.
Ma che poss^iol con leggi inique e torte,
j4mor regge sua corte,
CJìi vide mai tal sorte ,
Tenersi in. vita un ugm con doppia moì'te?
44 DEGLI ASOLANI
E CO'!! dello seguitò. Parti , Lisa, che
a questi miracoli si convenga , che il lor
facitore sia khlio <;lji;imato? Parli che non
senza cagione qiie' ])rimi uomini gli abbia-
no posto cotal nome ? Perciocché tutte le
cose, che fuori dell'uso naturale avveiigo-
, ... .^ '
no, le q;ia'i per questo si chiamano mira-
coli , che meraviglia a gli uomini recano ,
o i-itcie o vedute , non possono proceder
da cosa che soprannaturale non sia, e tale
sopra tutte le altre è Dio. Questo nome
adnnque diedero ad Amore , siccome a
colui , la cui potenza sopra quella della
natura ad essi parea che si distendesse. Ma
io a diraostrarloti più vago de' miei mali
che degli altrui , non ho quasi adoperato
altro , siccome tu hai veduto , che la me-
moria d' una menomissima parte de' m.iei
infiniti e dolorosi martiri , i quali però in-
sieme tutti , avvenga che essi di !>overchia
miseria fare esempio mi ])Olessero a tuito
il mondo in fede della potenza di questo
Iddio , se bene in maggior numero non si
stendessero , che questi sono , de' quali tu
hai udito ; pure a comparazione di quelli
di tutti gli aUri uomini per nulla senza f dio
riputar si possono , o per poco. Che se io F
t' avessi voluto dipingere ragionando le '
istorie di centomila amanti , che si lejoro-
lao , siccome nelle Chiese si suo'e fare ,
nelle quali dinanzi ad un Iddio non la fe-
de d* un uom solo, ma d'infiniti si vede
in m.ille tavolette dipinta e raccontata j cer-
Libro T. 45
to non altramente maravigliata tn ne save-
sti , che sogliano i pastoii , quando essi
primieramente nella città d'alcuna bisogna
].ortati ad una ora mille cose veggono, t he
son loi'O d' infinita maraviglia cagione. i*ȏ
perchè io mi creda che le mie miserie sien
gravi , come senza fallo sono , è egli per
ciò da dire che lievi sieno 1' altrui ; o che
amore lìe' cuori di mille uomini per avven-
tura non s' avventi con tanio impeto , con
quanto egli ha fatto nel mio ; e che egli
cotante e cosi strane maraviglie non ne
generi , quante e quali son quelle , che
egli nel mio ha generate. Anzi io mi credo
per certo d' avere di molti compagni a
questa pruova per grazia del mio Signore :
quantunque essi utni cosi tulli veder si
possano da ciascuno e conoscere , come io
me slesso conosco. Ma è appresso le altre
questa una delle sciocchezze (i) degli aman-
ti ; che ciascuno si crede essere il più mi-
sero , e di ciò s' invaghisce , come se di
questa vittoria ne gH venisse corona : nò
vuole per niente , che alcuno altro viva ,
il quale amando possa tanto al sommo d'o-
gni male pervenire , quanto egli è perve-
nuto. Amava Argia senza fallo oltre modo;
se alle cose molto antiche si può dar fede:
la quale chi avesse udita , quando ella so-
pra le ferite del suo morto marito gitta-
(i) Sciocchezze dejjli amanti.
46 DEGLI ASOL.INI
tasi piagneva , sio<ome si dee pensare che
ella facesse, avrebl)e ittteso, che ella il suo
dolore sopra quello d'ogni altra doleute
riponeva. Ki>puré iegi^iuuìO d' tvadna , la
quale in quella medesima sorte di miseria
e in un tempo con le» pervenuta , sdegiian-
do alleramente la propria vita il suo morto
marito non pianse solamente , ma ancorai
segui'o. Fece il somigliante Laodomia nella
morte del suo : fece la bella Asiana Pantea:
fece in quella del suo amante la infelice
giovane di Sesto questa medesima prova :
fecero altresì di moit' altre. Perchè com-
prender si può ogni stato d'infelicità potersi
in ogni tempo con molti altri i assomigliare.
Ma non di ]egii;icr si veggono , perciocché
la miseria ama sovente di star nascosUj. Tu
dunque. Lisa, daiìdo alle mie angosce quella
compagnia , che ti parrà poter dare , senza
che io vada tutte le istorie ravvolgendo ,
potrai agevolmente argomentare la potenza
del tuo Iddio tante volle più distendersi di
quello ch'io t'ho co' miei esempi dimostra-
lo , quanti possono esser qutlli, ohe amino
come fo io , i (piali possono senza fallo
essere infmiti. Perciocché ad Amore è per
niente, che può essere , solo che esso voglia,
ad un tempo parimente in ogni luogo, di
cotali prodezze a rischio della vita degli
amanti in mille di loro insieme insieme far
pruova . iLgli così giuoca , e quello , che a
noi è d' inlìnite la.'»rifne e d'inhuiti torraea-
ti cagione, suoi scherzi sono e suoi risi
Libro T. 47
non aìtramenle che nostri <lolorl . E già iu
modo ha se avvezzo nc\ nostro sangae , e
delle nosti^e ferite invaghito il crndele , che
di tutti i suoi riìiracoli quello è il più ma-
raviglloso, quando egli alcuno ne fa ama-
re , il qual senta poco dolore . i^ perciò
pochissimi sono quegli amanti (se pure al-
cuno ve n'è, ch'io noi so) che possano
nelle lor fiamme servar modo ; dove in
contrario si vede tulio '1 giorno: lasciamo
slare che di riposati, di (t) riguardosi, di
studiosi, di filosofa ìli, molte volle (z) ris-
chievoli andaiori di notte, portatori d'ar-
me, saliiori di mura, feritori d'uomini
diveniamo ; ma tutlo dì veggiamo mille uo-
m^ini , e quelli per avventura, che per più
costanti sono e per più saggi riputati, quan-
do ad amar si conducono, palesemente im-
pazzare. Ma perciocché fatto Iddio da gli
uomini Amore per queste cagioni , che tu.
vedi Lisa, parve ad essi convenevole dovei^*-
gli alcuna forma dare, acciocché* esso più
interamente coaosciuto fosse. Ignudo (3) il
dipinsero ; per dimostrarci in quel modo
non solamente che gli amanti niente lnuuo
di suo , couciosia cosa che essi stessi sieuo
d'altrui ; ma questo ancora , che essi di
(f) Riguardosi j cioè uomini dì riguardo, e di rispetto.
(a) Rischievoli , ciò è arrisicati , arrischievoU disse il
Eocene, nella Fiammetta.
(3) Amore p nchè ignudo fanciullo , alato , con la
face, con l'arco, e con gli strali.
48 DEr,LI ASOLAM
Ogni loro arbitrio si spogliano, d'ogni ra-
gione rimangono ignudi: Fanciullo; non
perchè ei;ii si sia garzone, che nacque in-
sitnie co' primi uomini, ma perciò che
garzoni fa divenire di conoscimento quei
che '1 seguono, e quasi una nuova Medea
con islrani veneni aicuna volta gli attempa-
ti e canuti (i) ribambire. Alato; non per
altro rispetto , se non perciò, che gli aman-
ti dalle penne de' loro stolli disiderj sosten-
tati volan per l'aere della loro speranza ,
siccome essi si fanno a credere, leggiermen-
te iiifino al cielo. Ohre acciò una face gli
posero jn mano accesa; perciocché siccome
del fuoco piace lo splendore , ma l'ardore
è dolorosissimo ; cosi la prima apparenza
d'ajmore , in quanto sembra cosa piacevole
ci diletta; di cui poscia l'uso, e la sperien-
za ci lonnenlano fuor di misura: il che se
da noi conosciuto fosse prima che vi si ar-
desse, oh quanto meno ampia sarebbe oggi
la signoria di questo tiranno, e il numero
degli amami minoie, che essi non sono!
Ma noi stessi del nostro mal vaghi, sicco-
me farfalle, ad essa n'aiidiani per diletto;
anzi pure noi medesimi snessc volte ce rac-
cendiamo : onde poi quasi Perilli nel pro-
prio toro, così noi nel nostro incendio ci
Teggiamo manifestamente perire . Ma per
(0 Ribambi'-e j cioè divzitar bambini: ed è vroprio
de vecchi decrepiti ,
Libro T. 4c)
dar fine alla immai^ine di questo iddio ma-
le i^er gli uomini di sì diversi colori della
loro miseria (i) pennellata, a tulle queste
cose. Lisa, che io l'ho delti-', l'arco v'ag-
£,i unsero e gli strali ; per darci ad intendere,
che tali sono le ferite, che Amore ci dà,
quali polrebboii esser quelle d' un buou.
arciere, che ci sael tasse: le quali però in
tanto sono più mortali, che egli lu'te le dà
nel cuore, e questo ancora più avanti han-
no di male, che egli mai non si stanca,
od a pietà si muove , perchè ci vegga ve-
nir meno; o anzi egli tanto più s'atVretta
nel feiirci , quanto ci sente più dt^holi e
più mancare . Ora io mi credo assai aper-
tamente averli. Lisa, dimostrato , quali fos-
sero le cagioni , che mosser gli uomini a
chiamare Iddio costui, che noi Amore chia-
miamo ; e perchè essi così il dipinsero, come
lu hai veduto, il quale se con dritto occhio si
mira, non che egli nel vero non sia Iddio, il
che sarebbe scelleratezza pure a pensare ,
non che mancamento a crederlo ; anzi egli
)ion è altro, se non quello che noi mede-
simi vogliamo (2). Perciocché conviene di
necessità , che amore nasca nel campo de*
nostri voleri , senza il quale, siccome pianta
senza terreno , egli aver luogo non può
giammai. E il vero che comunque noi ri-
cevendolo nell'animo gli lasciamo aver pie.
(i) Pennellata , cioè dipinta col pennello.
(a) Amore non è altro, ctie quanto noi stessi vogliamo.
Bembo f^oL, 1* 4
50 DEGLI ASOLA.M
e nella nostra voloulà far radici, egli tanto
prende di vigore da se stesso , che poi ao-
stro mal grado le più "volle vi rimane cou
tante e così pungenti spiiìe il cuore afUig-
gtDdoci, e così nuove maraviglie gcnuran-
cloue , come ben chiaro conosce chi lo pruo-
va . Ma perciocché io buona via mi sono
teco venutone ragionando, tempo è da ritor-
nare a Gismondo , il fjuale io lasciai dalla
tua voce lichiamato già su ne' primi passi
del mio cammino, avendo:ni egli dimanda^
to , come ciò vero fosse, che io dissi, che
amare senza amaro non si puote. Il che
quantunque possa sensta dubbio assai esser
chiaro conosciuto per le precedenti ragioni,
da chi per avventura non volesse a suo
danno farsi sofistico contra '1 vero; pure sì
perchè a voi donne maggiore utilità ne se-
gna , le quali perciocché femmine slete, e
per qut'sto meno nel viveic della forluna
esei citate, che noi non siamo, più di con-
siglio avete mcstiero, e sì perchè a me già
nel dolermi avvialo giova il favellare bene
in lungo de' miei mali, siccome a' miseri
suole avvenire , più oltre ancora ne parle-
rò ; e cosi forse ad un' ora a voi m' ubri-
gherò ragionando , e disubrlgherò consi-
gliando , e per le cose , che possono a chi
non r intendesse di molla infelicilà esser
cagione , discorrendo e avvisando . Avea
dette quesiti parole Peroltino , e tacevasi
apparecchiandosi di riparlare, quando Gis-
mondo risguardate l'ombre del Soie, che
Libro T. 5i
alfjuanlo erano divenute raaggioii , alle
donne rivoltosi così disse. Care donne, io
Lo sempre udito dire, che il vincere più ga-
gliardo guerriere , fa la vittoria maggiore .
Perchè di quanto più rinforza Perotlino
argomentando le sue ragioni , e più lunga-
mente nella iniqua sua causa s'affatica aguz-
zando la punta del suo ingegno di parlare,
di tanto egli alle mie tempie va tessendo
più lodevole e più graziosa corona. Ma io
temo, se io gli arò a rispondere, che non
mi manchi il tempo, se noi vorremo, sic-
come usati siamo , all' ora del festeggiare
insieme con gli altri nel palagio ritrovarci.
Perciocché il Sole già verso il vespero s'in-
china , e a noi forse non fie guari più d'al-
trettanto spazio di qui dimorarci conceduto
di quello , che e' è passato poiché noi ci
siamo. E l'ora è sì (i) fuggevole , e cosi
ci pigliano l'animo le vezzose parole di Pe-
roltino , che a me pare d' esserci appena
appena venuto. A cui Sabinetta, che la j)iù
giovane era delle tre donne, e nel princi-
pio di questi ragionamenti postasi a sedere
neir erbetta sotto gli allori , quasi fuori
degli altri stando e ascoltando, poiché Pe-^
Trottino a favellare incominciò , niente ancora
avea parlato, anzi acerbetta che no, disse:
Ingiuria si farebbe a Perottino, se tu Gis-
mondo per cotesto dir volessi, che egli a
ristringere dovesse avere i suoi sermoni .
(!) Fuggevole y cioè atta a fuggir$^
52 DFGLT ASOT.VM
Parlisi a suo lielTaglo tgll op;gl , quanto ad
esso })lace ; lii ì;1ì |>otrai lisjìondere poscia
domani, conciossiaiosacliè e a noi fie più
dilettevole il jùi^'iarcl (fuesto sollazzo e di-
poi to fnedesimanientc dell' altre volte , che
qui abbiamo pia dì a starci, e a te potrà
essere più agevole il rispondere, che averai
avuto (juesto niez/o tenq^o da pensarvi .
Piacque a ciascuno l'avviso di Sal)inetla, fì
cosi conchiuso che si facesse in quello me-
desimo luogo il seguente giorno ritornando,
poic lìè o^;^nun si icicque , Peiottino inco-
minciò, .siccome delle vaghe e travagliate
navi sono i porli riposo, e delle cacciate
fìeie le selve loro, cosi de' quislionevoli ra-
gionamenti sono le vere conclusioni ; ne
giova, dove queste manchino, molte voci
rotonde e segnate raunando e componendo,
le quali per avventura più da coloro sono
con istudio cercale, che più da se la veri-
tà lontana sentono, occupar gli animi degli
ascoltanti , se essi non solamente la fronte
e il volto delle ])arole , ma il petto ancora
e il cuor di loro con maestro occhio rimi-
rano- Il che temo io forte, o donne, non
domani avvenga a Gismondo, il quale più
del suo ingegno co ìfidandosi , che avendo
risguardo a quello di ciascuna di voi, o pure
alla debole/za della sua causa rispetto o pen- :
siero alcuno , spei'a di questa giostra co-
rona . Nella quale sua speranza assai gli
sarebbe la fortuna favorevole stata, più
lungo spazio da prepararsi alla risposta coa-i
Libro I. 53
cedendogli, che a me di venire alla pro-
posta non diede, se e'^Vi alla verità non fos-
se nemico. E perchè ci^li i'i me non ritor-
ni qnello , che io ora apponj^o a lui , alla
sua richiesta venendo dico , che quantun-
que volte adiviene , che ruom non po'^^eg-
ga quello, che ei^li desidera; tante volle
egli dà luogo in se alle passioni, le quali
ogni pace turb;indogli , siccome città da
suoi nemici comhalluta, m continuo tor-
mento il tengono più e men grave, secon-
do che più o men possenti i suoi desiderj
sono. E possedere qui chiamo non quello,
che suole essere ne' cavalli, o nelle veste,
o nelle case, delle quali il signore è sem-
plicemente possessor ch'amato, quantunque
non egli solo le usi , o non sempre, o non a
suo modo, ma possedere, dico il fruire com-
piutamente ciò , che altii ama in quella
guisa , che ad esso è più a grado. La qual
cosa perciocché è per se stessa manifestissi-
ma, che io altramente ne quistioni non fa
nicstiero. Ora vorrei io saperda te Gismou-
do, se tu giudichi, che l'uomo amante altrui
possa quello, che egli ama, fruire compiuta-
mente giammai. Se tu di' , che sii , tu ti poni
in manifesto errore, perciocché non può
l'uomo quando che sia fruir compiutamen-
te cosa, che non sia tutta in lui; concio-
siacosachè le strane sempre sotto l'arbi-
trio della fortuna stiano e sotto il casc> , «
non sotto noi , e altri quanto sia cosa istra-
Jia , dalla suu voce medesima si fa chiaro .
54 DEGLI ASOLA^'I
Se tu dV, che no, confessare adunque li
bisognerà; né ti potranno gli amanti difen-
dere, oGlsmondo, che chiunque ama , sen-
ta e sostenga passione a ciascun tempo . E
perciocché non è altro l'amaro dell'animo j
che il fele delle passioni , che l'avvelenano,
di necessità si conchiude , che amare senza
amaro non è più (i) fattibile , che sia , che
l'acque asciughino, o il fuoco bagni, o le nevi
ardano, o il Sole non dia luce. Vedi tu
ora Gismondo in quanto semplici e brie-
\i parole la pura verità si rinchiude ?
Ma che vo io argomentando di cosa ,
che si tocca con mano ? che dico io eoa
mano? an^i pur col cuore. INè cosa è, che più
a dentro si faccia sentire , o più nel mez-
zo d' ogni nostra midolla penetrando tra-
figga r anima , di quello che Amore fa ,
il quale siccome potentissimo veneno , al
cuore ne manda la sua virtù , e qua-
si ammaestrato rubator di strada nella
vita de gli ucmini cerca incontanente
di por mano. Lasciando adunque da par-
te con Gismondo i sillogismi , o donne,
al quale più essi hanno rispetto , siccome
a lor guerriere , che a voi , che ascoltatri-
ci siete delle n<;stre quistioni , con voi me
ne verrò più apertamente ragionando que-
st' altra via. E yierciocchè per le passioni
dell'animo discorrendo, meglio ci verrà la
(0 Fattilile ^ cioè allo a farsi»
Libro I. 55
costui amareìza conoscluU , siccome quel-
la , che egli si trae «lalT aloè loro , poiché
in esse col ragionare alquanto già iiitrati
siamo, e a voi piace, che il favellare oggi
sia mio , il quale poco innanzi a Gismon-
do donalo avevate , seguilando di loro vi
parlerò più lunga tela tessendovi de' lor
iìli. Sono adunque,© (i) donne, le passio-
ni dell'animo queste generali, e non più,
dalle quali tutte le altre dirivando in loro ri-
tornano, soverchio desiderare , soverchio ral-
legrarsi, soverchia tema delle future miserie,
e nelle presenti dolore ; le quali passioni
perciocché siccome venti contrarj turbano
la tranquillità dell'animo e ogni quiete
della nostra vita , sono per più segnato vo-
cabolo (z) perturbazioni chiamale dagli Scrit-
tori . Di queste perturbazioni quantunque
propria d'amore sia la primiera , siccome
quello, che altro che disiderio non è, pure
egli non contento de' suoi confini, passa
nelle altrui possessioni soffiando in modo
nella sua fiaccola , che miseramente tnttc le
mette a fuoco ; il quale fuoco gli animi
nostri consumando e distruggendo trae spes-
se volte a fine la nostra vita ; o se questo
non ne viene , a vita peggior che mone
senza fallo ci conduce. Ora per incominciar
da esso (3) desiderio , dico questo essere
(i) Passioni dell'animo,
(a) Perturbazioni.
(3) Il desiderio è capo e origioe «li tutte 1" altre
passioni.
56 DEGLI ASOLANI
di tutte le altre ytassioni origine e capo, e
da questo ot^ni nostro male procedere noa
altramente, tlie faccia ogni albero da sue
radici. Perciocché comunque egli d'alcuna
cosa s'accende in noi , incontanente ci so-
sp'gne a seguirla e a cercarla, e così seguen-
dola e cercandola , a Irabocclievoli , e di-
sordinali pericoli , e a mille miserie ci
conduce. Questo sospigne il fratello a cer-
care dalla male amata sorella gli abboraine-
Toli abbracciamenti, la matrigna dal figlia-
stro , e alcuna volta ( il cbe pure a dirlo
mi è grave) il padre medesimo dalla ver-
ginetta figliuola, cose più tosto mostruose,
che fiere ; le quali , perciocché vie più
bello è il tacerle, che il favellarne , lascian-
do nella loro non dicevole sconvenevolezza
stare , e di noi favellando , cosi vi dico,
che questo disio i nostri pensieri , i nostri
passi , le nostre giornate dispone , e scor-
ge , e trae a dolorosi e non pensati fini.
IVè giova spesse volte , che altri gli si op-
p»onga con la ragione, perciocché quantun»
que d'andare al nostro male ci accorgiamo,
non per tanto ce ne sappiam ritenere: o se
pure alcuna volta ce ne rileniamo, da capo,
come quelli che il male abbiam dentro (i)
al vomito con maggior violenza di stomaco
ritorniamo. E avviene poi , che siccome
(i) lUtornare al vomito proverbio e significa Ritor^
tiare al mal/are tralascialo.
I
LiKRo T. 57
quel Sole , nel qual noi gU ocelli teneva-
mo slamane , quando ei surgela , ora di-
lungatosi fra 'I giorno abbaglia obi lo rimi-
ra ; così bene scorgiamo noi da prima il
nostro male alle volte , quando ei nasce ,
il quale medesimo fatto grande , accieca
ogni nostra ragione e consiglio. Ma. non si
conlenta di tenerci Amore d' una sola vo-
glia, quAsi d'una verga sollecitati : anzi sic-
come dal disiderar delle cose tutte le altre
passioni nascono ; così dal primo disiderlo,
cbe sorge in noi , come da largo fiume ,
mille altri ne derivano , e questi sono ne-
gli amanti non men diveisi , cbe iufiniti.
Perciò cbe quantunque il più delle volte
tutti tendano ad un line ; pure percbè di-
versi sono gli obbietti , e diverse le fortu-
ne dc"li cimanti , da ciascuno senza fallo
diversamente si disia^ Sono alcuni, cbe per
giugnere quando che sia la lor preda, pon-
gono tutte le forze loro in un corso , nel
quale o quante gravi e dure cose s'incon-
trano ! o quante volte si cade ! o quanti
seguaci pruni ci sottomordono i miseri
piedi ! e spesse fiate avviene , cbe prima si
perde la lena, cbe la caccia ci venga imboc-
cala. Alcuni altri possessori della cosa amata
divenuti , niente altro disideraoo , se non di
mantenersi in quello medesimo stato , e
quivi Ijsso tenendo ogni loro pensiero , e
in questo solo ogni opera, ogni tempo loro
consumando , nella felicità son miseri , e
nelle ricchezze mendici, e nelle loro vcntu-
58 DEGLI Af;OLANl
resciagurntl. Altri di possessione uscito de"
suoi bfui, ccrcn di rieutrarvi ; e quivi con
mille dure condizioni , con mille patii ini-
qui , in prieghi , in lagiime , in strida
consumandosi, mentre del perduto conten-
de , poiìC in quistion pazzamente la sua
\ila. Ma non si veggono queste fatiche ,
questi guai , questi toimentl ne'pi'inii disii.
Perciocché siccorae ndl'entrar d'alcun bos-
co ci par d' avere assai spedito sentiero ,
ma quanto più in esso penetriamo cammi-
nando, tanto il calle più angusto diviene;
così noi primieramente ad alcuno obbielto
dair appetito invitati , mentre a quello ci
pare di dover potere assai agevolmente
pervenire , ad esso più oltre andando di
passo in passo troviamo più ristretto e più
malagevole il cammino; il che a noi e del-
le nostre tribolazioni fondamento. Perciò
che per vi pure poter pervenire, ogni im-
pedimento cerchiamo di rimuovere , che
il ci vieti ; e quello che per diritto non
si può , conviene che per ( ' ) obbli-
co si fornisca. Ouinci le ire nascono , le
quistioni , le offese : e troppo più avanti
ne se2[ue di maU' , ^die nel comi'iciaraento
non pnre altrui esser possibile ad avvenire.
Ed affine che io ogni cosa minila raccon-
(i) Obblico ^ !;i^nif>cn torto, e in prosa non r, ch'io
savpia, usato da nitri. TI Pftr. l'usò una volta dura legge
d'Amor ; ma benché Obbliqua i e lo scrisse per q ^ ed u»
LlBIlO I. ^ìc\
lancio non vada ; quante volte sono da al-
cuno state per questa cagione le morti
d' infiniti uomini desiderate ? e per avven-
tura alcuna volta de' suoi più cari? Quan-
te donne già dall'appetito trasportate bana-
no la morte de' loro mariti procacciata ?
Veramente , o Donne , se a me paresse
poter dire maggior cosa, che questa non è,
io più oltre ne parlei'ei. Ma che si può dir
di più ? il letto santissimo della moglie e
del marito , testimonio della più secreta
parte della lor vita , consapevole de' loro
dolcissimi abbracciamenti , per nuovo disio
d' amore essei-e del sangue innocente del-
l'uno col ferro delf altro tinto e bagna-
to. Ora facendo vela da questi duri ed
importuni scogli del disio , il mare del-
l' allegrezza fallace e torbido solchiamo.
Manifesta cosa vi dee adunque essere , o
Donne, che tanto a noi ogni allegrezza si
fa maggiore , quanto maggiore negli animi
nostri è stato di quello il disio , che a noi
è della nostra gioja cagione : e tanto più
oltre modo nel conseguire delle cercate
cose ci rallegriamo , quanto più elle da noi
prima sono state cerche oltra misura . E
pertnò che ninno appetito ha in noi tanto
di forza , ne con sì possente impelo all' ob-
bietto propostogli ci trasporta , quanto quel-
lo fa, che è dagli sproni e dalla sferza
d'amore punto e sollecitato , avviene che
ninna allegrezza di tanto passa ogni giusto
segno , di quanto quella degli amanti pas-
i
60 DEGLI ASOLAM ^
sar <;i vede, c|ua!ttlo essi iralcimo loro de-
sitlerlo veiii^our) a riva. E veramente chi
si ìallcgreiel)l)e colanto d'nn ]>icclo]o ««gnar-
Jo , o chi in luogo di somma felicità por-
rebbe due li eriche parolelte , o un hrieve
toccftr di mano , o un' altra favola cotale ,
se non l'ama'ie , il quale è di queste stesse
r»ov(]lu77.e vago e disievole fuor di ragione?
cerio, die io creda, uiuuo. ^è per ciò è
da dire , che in questo a miglior coudizione,
che tutti gli altri uomini noiì sono, siaio gli
amanti; quando manifestamente si vede , che
ciascuna (K'ile loro allegrezze le più volte, o
per dir meglio , sempre accom]>agnaco in-
finiti dolori : il che negli altri non suole
avvenire , in modo che quello , che una
volta soprava !za nel sollazzo, è loro mille
fiale renduto nella pena. Senza che ninna
allegrezza, quaiulo ella trapassa i termini
del convenevole, è sana (1) ; e più tosto
credenza fallace e stolta , che vera allegrez-
za si può chiamare. La (piale è ancna per
questo dumosa negli amanti , che ella in
modo gli lascia ebbri del suo veleno ; che
come se essi in Lete avessero la memoria
tuffata, d'ogni altra cosa fatti dimentichi,
salvo che del lor male , ogni onesto ufi:-
cio , ogni studio lodevole , ogni oioiata
impresa , ogni lor debito lasciato a dietro,
(t) L'aUegrezze che passano il coavenevois, nor
son Tore allegrezze.
Libro T. 6f
in qucsla sola \iiii|)trevolmente pongono
liilti i lor pensieri : di che no i soJdiuealtì
"vergoc^na e clruino ne Segue loro, uia oiire
ciò (juasi di se slessi nemici diveuuli , essi
medesimi volonlariamente si £in:iO servi di
mille dolori. Qii.tnfe notii miseramente pas-
sa vegghiando ; quanli giorni sollecitamente
perde in un solo pensiero; quanti passi
misura in vano ; quante carte vei gando non
meno le Lagna di lagrime, che d'inchiostri
r infelice amante alcuna volta, prima che
egli un'ora piacevole si guadagni? La qu.jl
per avventura senza noja non gli viene ,
siccome di lamentevoli parole spesse volte^
e di focosi sospiri , e di vero pianto me-
scolala , o forse non senza pericolo stan-
do della propria persona ; o se alcuna
di queste cose noi tocca , certo con dolo-
roso pungimento di cnore , che ella si to-
sto fuggendo se ne porli i suoi diletti , i
quali egli ha cosi lungamente penato per
acquistare. Chi non sa, quanti pentimeatì,
quanti scorni, quante mulazioni , quanti
rammirichi , quanti pensieri di vendetta ,
quante fiamme di sdegno il cuocono e ri-
cuocono mille volte, prima che egli un
piacere consegua? Chi non sa, con quante
gelosie, con quante invidie, con quanti
sospetti , con quante emulazioni , ed in line
con quanti assenzi ciascuna sua brevissima
dolcezza sia comperata ? Certo non hanno
tante conche i nostri liti , né tante foglie
muove il vento in questo giardino, qualora
62 DEGLI ASOLANI
egli più verde sì vede e più vestito, quanti
jìossono ili ogni sollazzo amoroso esser dolori.
E questi medesimi sollazzi se avviene alciuja
fiata che sieno da ogni loro parte di duolo
e di maiiinconia voti, il che non può es-
sere, ma posto che sì, allora per avven-
tura ci sono eglino più dannosi e più gra-
vi. Perciocché (i) le fortune amorose non
sempre durano in uno medesimo stato ;
anzi clic più sovente si mutano, che alcu-
na altra delle mondane , siccome quelle ,
che sottoposte sono al governo di più lieve
siifnore, che tutte le altre non sono. Il
che quando avviene , tanto ci appare la
miseria più grave , quanto la felicità ci è
parata maggiore. Allora ci lamentiamo noi
d'Amore ; allora ci rammarichiamo di noi
stessi; allora e' incresce il vivere, siccome
io vi ])OSSo col mio misero esempio in queste
rime far vedere. Le quali se per avventura
più lunghe vi parranno dell' u«ato, fie per
questo , che hanno avuto rispetto alla gra-
vezza de' mìei mali , la quale in pochi versi
non parve loro che potesse capere.
/ pia soavi e riposati giorni
Noìi ebbe uorn mai, né le più chiare notti ,
Di quel eli chb'io , ìic 7 ^)ià felice stato^
ylllor , eli io incominciai l! amato stile
Ordir con altro pur , che doglia e pianto ,
(0 Le fortune amoroie non durano sempre in un
medesimo stato.
LiBKo 1. 63
Da prima entrando a Vaniorosa vita.
Or è mutato il corso a la mia vita ;
E volto il gajo tempo e i Leti giorni ,
CJie non sapeaii che cosa fosse un pianto.
In gravi tìiwa^liate e fosche notti
Col bel suggetto suo cangiar lo stile,
E con le mie ^venture ogni mio stato.
Lasso y non j?ii credea di sì alto stato
Giamviai cader in cosi bassa vita.
Né di sì piano in così duro stile.
Ma 7 Sol non mena mai sì puri giorni.
Che non sian dietro poi tant* atre notti :
Così vicino al riso è sempre il pianto.
JBen ebbi al riso mio vicino il pianto ;
Ed io non mei sapea , eli in quello stato
Così cantando , e '/z quelle dolci notti
Forse avrei posto fine a la mia vita ,
Per non tardar al fel di questi giorni ,
Cìte m'ha sì inacerbito e petto e stile.
^mor , tu che porgei dianzi a lo stile
Lieto argomento, or gV insegni ira e pianto^
A die son giunti i nùei graditi giorni ?
Qìial vento nel fiorir svelse^ l mio statOy
E se fortuna alla tranquilla vita
Entro gli scogli a le più lunghe nottil
IT son le prime mie vegghiate notti
Sì dolcemente ? ji 7 nuo ridente stile ,
Che potea rallegrar ben mesta vita ?
E chi sì tosto V ha converso in pianto ?
Cli or f ossalo morto allor^quandó l mio stato
Tinse in oscuio i suoi candidi giorni.
Sparito è 7 Sol de' miei sereni giorni',
E raddoppiata V ombra a le. mia notti ^
64 DEGLI ASOLA-NT
Che litccanpià che i eli d'ogni altro stato.
Cantal mi tempo , e ""n vago e ìieLo stile
Spiegai mie 7\77ie,ed or le spiego in pianto^
eie ha Jatto amara di .n dolce vita . jj
Così sapesse o^nun qual è mia Dita '
Jja indi in qua , che miei festosi giorni,
Chi sola il potea far^ ìivolse in pianto:
Che pago Tid terrei di queste notti
Senza colmar dc^ miei danni lo stile:
Ma non ho tanto bene in questo stato.
Che quella fera , eli al mio verde stato
JDiede ili Jiìorso » e quasi a la mia vita^
Or fii§ge al suon del mC angoscioso stile:
Né mai per rimembrarle i primi giorni^
O raccontar de le presenti notti ^
Volse a pietà del mio sì largo pianto ,
Ecco sola ni ascolta^ e col mio pianto
yi ^eguagliando V suo duix) antico stato
Meco si duol di sì penose notti:
E se"*! fin si prevede da la vita ,
yld una meta Tan questi e quei giorni:
E la mia nuda voce fia 7 777/0 stile .
Amanti., i ebbi già tra voi lo stile
Sì Vago, dì acquetava ogni altrui pianto'^
Or me non queta un sol di questi giorni»
Così va-, chi\i suo molto allegro stato
Non crede mai provar noiosa vita;
Né pensa 7 dì delle future notti;
Ma chi vuol, si rallegri a le mie notti :
Coni' anco quella , che mi fa lo stile
'Torìuir a lùle, e^n odio aver la vita:
Cli io non spero giammai d" uscir dipianto ^,
Ella sci sa , die di sì lieto stato
Libro 1. 65
Tosto mi pose in così tristi giorni.
Ite , giorni gioiosi , e care notti :
Che 7 bel mio stato ha preso un altro stile ,
Per pascer sol di pianto la mia vita.
Voi vedete, o donne, a che porto la
seconda fortuna ci conduce . Ma io quan-
tunque la morte mi fosse più cara , pure
vivo, cliente che la mia vita si sia. Molti
sono stati, che non sono potuti vivere:
così viene a gli uomini grave dopo la mol-
ta allegrezza il dolore (j). Ruppe ad Arte-
misia la fortuna con la morte dei marito
la felicità de' suoi amori ; per la qual cosa
ella visse in pianto tutto il rimanente della
sua vita, e alla line piangendo si morì; il
che avvenuto non le sarebbe, se ella si fosse
mezzanamente ne' suoi piaceri rallegrata .
Abbandonata dai vaiio Enea la dolorosa
Elisa se medesima miseramente abbandonò
uccidendosi; alla qual morte non traboc-
cava , se ella meno seconda fortuna avuta
avesse ne' suoi amorosi disii. Né parve alla
misera INiobe per altro sì grave 1' (2) orbez-
za de' suoi figliuoli , se non perciò , cbe ella
a somma felicità l'averizli s'avea recato . Così
avviene, che se le misere allegrezze de gli
amajiti sono di se sole ben piene , o a mor-
(0 Esempj di persone a cui dopo molta allegrezza
sia venuto grave dolore .
(2) Orbezza, cioè privazione f ed è t'occ nuova,
Bembo VoL /. 5
66 DEGLI ASOLA.M ^
ti acerbissime gli conducono, o d'elerno
dolore ^li fanno eredi ; se sono di mol-
ta noja fregiale, elle senza dubbio alcuno
e mentre durano gli toi mentano , e parten-
do nicle altro lasciano loro in mano,
che il pentimento, perciocché di tutte quel-
le cose, che a far prendiamo, quando ci
Tanno con nostro danno fallite, la peniten-
za è fine. O amara dolcezza! o "venenata
medicina degli amanti non sani! o allegrez-
za dolorosa, la qual di te nessun più dolce
frutto la'^ci a' tuoi possessori , che il pentir-
si ! o vaghezza , che come fumo lieve non
prima sei veduta, che sparisci, né altro di
te rimane negli occhi nostri, che il piagne-
re! O ali, che bene in alto ci levate, per-
chè strutta dal Sole la vostra cera noi con
gli omeri nudi rimanendo , quasi novelli
Icari , cadiamo nel mare ! Colali sono i pia-
ceri, donne, i quali amando si sentono.
Vegliamo ora , quali sono le paure (r).
Fingono i Poeti, i quali sogliono alcuna
volta favoleggiando dir del vero, che negli
oscuri abissi tra le schiere sconsolate de'
dannati è uno fra gli altri, cui pende so-
pra '1 capo un sasso grossissimo ritenuto da
sottilissimo filo. Questi al sasso risguardando ,
e della caduta sgomentandosi, sta continua-
mente in questa pena. Tale degl'infelici i
amanti è lo stato, i quali sempre de' loro '
(i) Paure, che si sentono amando.
Libro I. 67
possibili danni stando in pensiero, quasi
con la grave mina delle loro sciagure so-
pra '1 capo , i miseri vivono in eterna pau-
ra : e non so clic per lo continuo il tristo
cuore dicendo loro tscitamente gli sollecita
e tormenta seco stesso ai ogni ora qualche
male indovinando . Perciò che quale è
quello amante, che degli sdegni della sua
donna in ogni tempo non tema? o che ella
forse ad alcuno altro il suo amore non do-
ni ? o che per alcun modo , che mille sem-
pre ne sono , non gli sia tolta a* suoi amo-
rosi piaceri la via? Egli certamente non mi
si lascia credere , che uomo alcuno viva ,
il quale amando, comunque il suo statosi
stia , mille volte il giorno non sia sollecito ,
mille volte non senta paura. E che poi di
queste sollecitudini hassene egli altro danno,
che il temere? Certo sì , e non uno , ma in-
finiti , che questa stessa tema e pavento sono
di molti altri mali seme e radice. Perciocché
per riparare alle mine , che lasciate in pen-
dente crediamo che possano cadendo (i)
stritolare la nostra felicità; molti torti pun-
tegli con gli altrui danni, o forse con le altrui
morti, cerchiamo di sottoporre a'ior casi.
Uccise il suo fra tei cugino , che dalla lunga
guerra si ritornava, il fiero Egisto temen-
do non per la sua venuta rovinassero i suoi
(lì Stritolarey vuol dir proprio sminuzzare: ma qui si-
gnifica Menomare f far minore. Leggi il Vocabolario dei
Porcacchi .
68 DEGLI ASOLàNI
piaceri. Uccìse siinigliaiiie.neatc T impazzalo
Oreste il suo , e dinan/.i a gli aliali degli
Iddii nel mezzo de' sacrificanli sacerdoti il
fé' cadere, perchè in piò rimanesse l'amore
che egh alla sorella portava. A me mede-
simo iacresce, o Donne, l'andarmi cotan-
to tra tante miserie ravvolgendo . Pure se
io v'ho a dimostrare quale sia questo Amo-
re, che è da Gismondo lodalo , come buo-
no , è uopo , che io con la tela delle sue
opere il vi dimostri : delle quali per avven-
tura tante ne lascio addietro ragionando,
quante lascia «la poppa alcuna nave goccio-
le d'acqua marina , quando più ella da
Luoii vento sospinta corre a tutte vele il
suo cammino. Ma passiamo nel (i) dolore,
ac'Mocchè più tosto si venga a fine di que-
sti mali . Il qual dolore quantunque abbia
le sue radici nel desiderio , siccome hanno
le altre due passioni altresì ; pure tanto
egli più e men «^resce , quasito prima i ri-
vi deirallegiezza i' bvjiio por Ho più o me-
no largamente innaftl-ire. Assai sono adun-
que di quegli amanti , i quali da una
toita gu»Utu;a doilc lor donne, o da
tre parole proverhiose , quasi da tre ferite
tralitii, non pensaudo più oltre quanto elle
spense volte il sogliau f »re senza sape.c il
percliè , vaghe d' alcuno tormentuz,zo de'lo-
ro amami , si dogliono , si rammaricano ,
{i^ Dolore] che si senta in amore <
Libro I. 69
sì tormenlano senza consolazione alcuna.
Altri perchè a prò non può venire tie'suoi
disii , pensa di più non vivere. Altri per-
chè venutovi compiutamente non gode , a
questo apparente male v'aggiugne il con-
tuiuo rancore , e fallo veramente esìstente
e grave. E molti per morte delle lor don-
ne a capo delle feste lor pervenuti s'attri-
stano senza fine , ed altro già , che quelle
fredde e pallide immagini , dovunque essi
gli occhi ed il pensier volgono , non viene
loro innanzi ; a' quali lutti il tempo , sic-
come né anco il verno le foglie a tutti gli
alberi , la doglia non ne leva ; anzi siccome
ad alquante piante sopra le vecchie frondi ne
crescono ogni primavera di nuove; così ad
a'quanti di ques'i amanti duolo sopra duolo
s'alimenta , e più che essi dopo le loro amate
donne vivono, più vivono tormentati, e mi-
seramente di giorno in giorno fanno le loro
piaghe più profonde pure in sul ferro ag-
gravandosi, cliP gf impiaga. Ne mancherà poi
chi per crudeltà della sua donna dalla cima
della sua felici à, quasi nel profondo d'ogni
miseria caduto, a doversi dilungare nel mon-
do, per farla ben lieta sì dispone. E questi nel
suo esiglio di ninna altra co«<a è vago , se
non di piangere , niente altro desidera ,
che bene stremamente essere infelice. Que-
sto vuole , di questo si pasre, in questo si
consola , a questo esso stesso s' invia. Ne
Sole , ne Stella , né Cielo vede mai , che
gli sia chiaro. Non erbe , non fonti , non
70 DEGLI ASOLANI
fiori , non corso di inormoranli rivi , noH
\isla di vcrdcceianle bosco, non anra, non
fresco, non ombra veruna gli è soave. Ma ,
soJo , cbiuso sempre ne' suoi pensieri , con I
gli occbi pregni di lagrime , le meno se-
gnate valli, o le più riposte selve ricercando,
s'ingegna di far brieve la sua vita, talora in
cjualche trista rima spignciido fuori alcun
de' suoi rinchiusi e infiniti dolori , con
qualche tronco secco d'albero, o con alcuna
soletaria fiera , come se esse l'intendessero,
parlando ed agguagliando il suo stato. Ora
daratti il cuore , Gismondo , di mostrarci
che cosa buona amor sia ? Che amore sia
buono , Gismondo , daratti 1' animo dicci
di mostrale ? Conosciuti adunque separa-
tamente questi mali , o donne, del deside-
rio , dell' allegrezza , della sollecitudine , e
del dolore , a me piace , che noi mescola-
tamente e senza legge alquanto vaghiamo
per loro. E prima che io più ad un luo-
go , che ad un altro m' invii , mi si para
davanti la novità de' principj , che que-
sto malvagio lusinghiero dà loro negh ani-
mi nostri , quasi se di sollazzo e giuoco ,
non di doglia e di lagrime e di manifesto
pericolo della nostra vita fossero nascimen-
to. Perciocché mille fiale adiviene, che una
paroletta, un sorriso, un muover d'occhio
con maravigìiosa forza ci prendono gli ani-
mi , e sono cagione , che noi ogni nostro
bene, ogni onore, ogni libertà tutta nelle
mani d'una donna riponiamo, e più avan-
Libro 1. ji
ti non vediamo di lei. E tutto il giorao sì ve-
de, che un portamento, un andare, un sede-
re sono l'esca di grandissimi ed inestinguibili
fuochi. Ed oltre acciò quante volte avven«
ne , lasciamo stare le parli belle del cor-
po , delle quali spesse fiate la più debole
per avventura stranamente ri muove ; ma
quante volle avvenne , che d' un pianto ci
siamo invaghiti ? e di quelle , il cui riso
non ci ha potuti crollare di stato , una
lagrimetta ci ha falli correre con frezzolo-
si passi al nostro male ? A quanti la palli-
dezza d'una inferma è stata di piggior pal-
lidezza principio ? e loro , che gli occhi
vaghi ed ardenti non presero ne' dilettevo-
li giardini, i mesti e caduti nel mezzo del-
le gravose febbri legarono , e furono ad
essi di più perigliosa febbre cagione? Quan-
ti già finsero d' esser presi , e nel laccio
J)er giuoco entrati , poi vi rimasero mal
or grado con fermissimo e strettissimo
nodo miserabilmente ritenuti ? Quanti vo-
lendo spegnere i' altrui fuoco , a se mf'de-
girai raccesero, ed ebbero d'ajuto mestie-
ro ? Quanti sentendo altrui ragif^nar d'una
donna lontana , essi stessi s' avvicinarono
mille martiri ? Ahi lasso me ! questo solo
vorre' io aver taciuto. Appena ebbe cosi
detto Perottino , che degli occhi gli cad-
dero alquante subite lagrime , e la presta
parola gli mnrl in bocca. Ma poi che ta-
cendosi ognuno , vinti dalla pietà di quel-
la vista esso si riebbe , cosi «oa voee rotta
n2 DEGLI ASOLANT
e spessa seguitando riprese a dire : Di co-
lai faville , o donne , poiché vede gli ani-
mi nostri raccesi questo vezzoso fanciullo e
fiero , agglugne nutriraenlò al suo fuoco
di speranza e di desiderio pascendolo ; de'
quali quantunque alcuna volta manchi la
prima in noi^ siccome quella che da islra-
ni accidenti si crea , non perciò menoma
il desiderio , né cade sempre con lei. Per-
ciocché oltra che noi dura gente mortale
da natura tanto più d'alcuna cosa(f) c'in-
vogliamo, quanto ella c'è più negata, ha
questo Amore assai sovente in se , che
quanto sente più in noi la speranza venir
meno , tanto più con dlsiderj soffiando
nelle sue fiamme le fa maggiori , le quali
come crescono, così s'aumentano le nostre
doglie , e queste poi e in sospiri e in la-
grime e in strida miseramente del j)elto
si spargon fuori , e le più delle volle in
vano : di che noi "Stessi ravvedutici tanto
sentiamo maggior dolore, quanto più a'ven-
ti ne vanno le nostre voci. Così avviene,
che delle nostre lagrime spargendolo , di-
viene maravigliosamente il nostro fuoco più
grave . Allora vicini ad ucciderci , morte
per estremo soccorso chiamiamo. Ma pure
con tutto ciò, qTisntunque il dolerci in
questa maniera ci accresca dolore, e mi-
(i) e invogliamo , cioè prendiamo voglia , detto dal
ftrbo infogliare usato dal Petr. , da Dante j e dal Bocc»
Libro I. 7.3
sera cosa sia 1' andarsi così lamcntautlo
senza fallo alcuno ; è lutlavia (i) ne' gran-
tli dolori alcuna cosa il potersi dolere. Ma
più misera e di più guai piena è in ogni
modo il non poter noi nelle nostre doglie
spandere alcuna voce , o dire la nociva
cagione , qualora più desideriamo ed ab-
biamo di dirla roestiero. Malvagissima e
dolorosissima poi fuor di misura il conve-
nirci la doglia nascondere sotto lieto viso
Eolo nel cuore , né poter dai'e uscita pure
per gli occhi agli amorosi pensieri , i quali
rinchiusi non solamente materia sostentan-
te le fiamme sono , ma aumentante : per-
cioccbè quanto più. si stringe il fuoco ,
tanto egli con più forza cuoce. E questi
tutti vengono accidenti non meno dome-
stici degli amanti , che sien dell' aere i
venti e le piogge famigliari . Ma die
dico io questi ? essi pure sono infiniti ,
e ciascuno è per se doloroso e ì:;rave.
Questi segue una donna crudele : il qua-
le pregando^ amando, lagrimando, dolente
a morte, tra mille angosciosi pensieri duris-
sima fa la sua vita sempre più nel disio
raccendendosi. A colui servente d'una pie-
tosa divenuto la fortuna niega il potere
nelle sue biade por mano : onde egli tanto
(0 II potersi dolere, è ne' dolori grandi qualche
sollevamento.
74 DEGLI ASOLANT
più (i) si snerva e (2) si spolpa , quanto
più vicina si vede la desiderala cosa, e più
vietata , e senlcsi sciaguratamente , quasi
un nuovo Tantalo , nel Ynezzo delle sue
molte voglie consumare. Quell' altro di
donna mulabile fatto (3) mancipio oggi si
vede contento, domani si chiama itifelice;
e qil^li le schiume marine dal vento e dal-
l' onde sospinte ora innanzi vengono , e
quando addieao ritornano; così egli or
alto , or basso , or caldo , or freddo te-
mendo , sperando » niuna stabilità non
avendo nel suo stato , sente e paté ogni
sorte di pena . Alcun altro solo di poca e
debole e colpata speranza pascendosi , so-
stenta miseramente a più lungo tormento
gli anni suoi. E fie , chi mentre ogni altra
cosa prima , che la sua promessa fede , o
il suo lieto stato, crede dovere poter man-
care e rompersi, s'avvede, quanto sono di
vetro tutte le credenze amorose , e nel
secco rimanendo de' suoi pensieri sta, come
se il mondo venuto gli fosse meno sotto a*
piedi. Surgono oltre a queste repentina-
mente mille altre guise di nuove e fiere
cose involatric? d' ogni nostra quiete , e
donatrici d'infinite sollecitudini, e di di-
versi tormenti apportatrici. Perciocché al-
(i) Si snerva , cioè perde i nervi,
(a) Si spolpa , cioè perde le polpe.
(3) Mancipio , cioè servo. Fetr. Non d'amor Mancipi»,
LlRRO T. jS
citno piagne la saluta infermità della sua
donna, la quale nel corpo di lei T anima
sua miseramente tormenta e consuma. Al-
cuno d' un nuovo rivale avvedutosi , entra
in subita gelosia , e dentro tutto ardendo
vi si distrugge con agro e nimiclievole ani-
mo , ora il suo avversario accusando , e
ora la sua donna nou iscusando : né sente
pace , se non tanto , quanto egli solo là si
vedo. Alcuno dalle nuove nozze della sua
turbato , non con altro cuore gli apparec-
chi e le feste , che vi si fanno , riceve ,
ne con più lieto occhio le mira , che se
elle gli arnesi fossero e la pompa della sua
sepoltura. Altri piangono in molte altre
maniere tutto dì da subita occasion di
pianto sventuratamente soprappresi , delle
quali se forse il caso , o la virtù alcuna
ne toglie via , in luogo di quella molte
altre ne rinascono più acerbe spesse volte
e più gravi : onde vie men dura condi-
zione avrebbe , chi con la fiera Idra d' Er-
cole avesse la sua battaglia a dover fare ,
che quegli non ha , a cui conviene delle
sue forze con la ferezza d* Amore far
pruova. E quello che io dico degli uomi-
ni , suole medesimamente di voi donne
avvenire , e forse , ma nou 1' ahbìate voi
giovani a male , delle quali io non ragio-
no , come ohe io mi parli con voi , forse
dico molto più. Perciocché da natura più
inchinevoli solete essere e più arrendevoli
a gli assalti d'Amore, che noi non siamo ,
76 DEGÙ ASOLANT
e voi le vostre fiamme più chiaramenle
ardono, «he noi le nosire non sogllon fa-
re. (Hiaiitunqne jioi moill particolaii accl-
denli , che a ciascuna SGprastanno , vie
più , che noi non siamo , sopravvcdut.e vi
facciano t riguardose. Olire acciò sono i
primi ardori , se negli animi fanciulli s'ap-
prcivlono , siccome il caldo alle tenere
f rondi , così essi loro più dannosi : se nel-
r età matura si fanno sentire , più impe-
tuosi senza fallo e più fieri non allramen-
le , che il cielo soglia fare , il quale tanto
più sconciamente si turba , quanto più
lungamente chiaro e sereno è stato. A
questo modo o giovani o attempati che
noi di questo male infermiamo , a strano
passo , a dura condizione , a molto fiero
partito sta isposta la nostra vita ((). Ma
tutti gli amorosi morbi quanto più invec-
chiano , siccome quelli del corpo , tanto
mer.o sono ri'^anahiii , e meno alcuna me-
dicina lor gicva. Perciocché in amore pes-
sima cosa è la lusinghevole usanza , nella
quale di giorno in giorno senza considera-
zione più entrati , quasi nel labirinto tra-
scorsi senza (2) goniilolo , poi quando ce
ne piglia di.Mo , tornare a dietro le ]>iù
volte non possiamo: «d ivviene alcuna fia-
(i^ l'ìTìfi'Tirn'iì ; morose qi;;into più invecchiano,
tanto meno «od rìspn;-''!)!.
(2) Gomitolo è qurlla piìHa di refe ^ che si fa dipa*
nanào, A Venezia ti chiama gemo d'acce.
Libro I. 77
tfi ohe ili niiiiiera ci (() naturiamo uel
noslro male, chi uscir di lui eziandio po-
tcado 11011 vo^liimo. Sono poi oltre a tut-
to questo le kiiighe discordie crudeli, sono
le bricvi angosciose, sono le riconciliazioni
non sicure: sono le rin sova^ioni de^li amo-
li passati perigliose e gravi, in ([uanto più
le seconde fabbri soglio >o sopravvenendo
oLTendere i ricaduti infermi , che le pri-
miere: sono le rimembran/.e de' dolci tem-
pi perduti acerbissime, e di somma infeli-
cità è miniera l'essere stalo febee. Duris-
sime sono le dipartenze , e quelle massi-
mamente , che con alcuna disiata notte e
lamentata , e con abbracciamento lungo e
sospiroso e lagriraevole si chiudono , nelle
quali e pare che i cuori degli ammti si
divellano dalle lor libre , o schiantiusi per
lo mezzo in due parti. Oimè quanto amare
sono le lontananze , nelle quali r.iuj riso si
\ede mai nell'amante, ninna festa il tocca,
niun giuoco; ma fìsso alla sua donna stando
ad ogni ora col pensiero , quasi con gli occhi
alla tramontana, pa.^sa quella fortu a della
Sua vita in dubbio del suo stato ; e e- n un
fiume sempre d'amarissime lagrime intorno
al tristo cuore , e con la bocca di doleriti
sospiri , dove col corpo esser non può ,
con r animo vi sta iii quella vece ; né co-
(i) Ci naturiamo , cioè ci facciamo abito ni tur ale ^
c simh aUa nostra Natura. Verbo nuovo.
78 1)E(;t,i asolam
sa vede , come che poclie ne miri , che
non gli sia materia di largo pianto : sicco-
me ora col mio misero esempio vi potete ,
donne , far chiare , di cui tale è la vita ,
chente suonano le canzoni , e vie ancora
pegi^iore , delle quali per avventura que-
sl' altre due appresso le rammemorate ,
poiché tanto oltre sono passato , non mi
pentirò di ricordarmi.
Poscia che V mio destin fallace ed empio
Ne i dolci lumi de Vaìtrui pletade
Le mie speranze accrhamente ha spento^
Di pena in pena e d'uno in altro scempio
Menando i giorni , e per aspre contrade
Morte chiamando a passo infermo e lento.
Nebbia e polvere al vento
Son fatto , e sotto V Sol falda di neve.
CI a un volto segue Valnui, ov ella il fugge'.
Ed un pensier la strugge
Cocente sì , di' ogni altro danno è leve,
E gli occhi, che già far di mirrar vaglii^
Piangono, e questo sol par che gli appaghi»
Or che mia stella più non massecura.
Scorgo le membra via di passo in passo
Per cammin duro , e^n pensier tristo e rio:,
di' io dico pien d'error e di paura ,
Ove ne vo dolcntel e che pur lasso!
Chi mi t'invidia , o mio sommo desio ?
Così dicendo un rio
Verso dal cor di dolorosa pioggia.
Che può far lagrimar le pietre stesse i
E perchè sian più spesse
Libro I. 79
V angoscie mie, con disusata foggia
V che 7 pie movo , u che la vista giro,
/litro che la jnia donmi unqua non miro.
Col pie pur meco e col cor con altrui
Vo camminando, e de C interna riva
Bagnando Jor per gli occhi ogni sentero,
Allor, dì io penso: ohimè, che son, chefuil
Del mio caro tesoro or chi mi priva,
E scorge in parte, onde tornar non sperai
Deh perchè qui non pero.
Prima dì io ne divenga più mendicol
Deh che -ù tosto di piacer mi spoglia.
Per vestirmi di doglia
Eternamente ? ahi mondo, ahi mio nemico
Destin a che mi trai, perchè non sia
Vita dura mortai, quanto la miai
Ove men porta il calle o 7 piede errante ,
Cerco sbranuir piangendo anzi dì io moj'a
Le luci, che desio d^ altro non hanno'.
E grido, o dis avventar oso amante.
Or se'' tu al fin della tua breve gioja,
E nel principio del tuo Lungo affanno ;
E gli occhi , che mi stanno ,
Come due stelle fissi in mezzo a Valma,
E 7 viso che pur dianzi era 7 ìnio Sole ,
E gli atti e le parole.
Che mi sgombrar dal petto ogni altra salma.
Fan di pensieri al cor sì dura schiera ,
Ci te maraviglia è ben , com io non pera.
Non pero già , ma non rimango vivo :
Anzi pur vivo al danno , a la speranza
Via pia che jnorto d'ogni mia mercede.
Morto al diletto a le mie pene vivo 9
8o DHGLl ASOLAXI
E mancando al ^ioir nel duol s'avanza
Lo cor, cIl o^nor \nù largo a pianger rledc
E pensa ed ode e vede
Pur lei , che l'arse già sì dolcemente ,
Ed. or in tanto amaro lo distilla ;
Né sol d"" una favilla
Scema 7 gran foco de V accesa mente ;
E mi fa gir gridando , o destin forte ,
Come ni hai tu ben posto in dura sorte.
Canzon , ornai lo tronco Jie ven meno ;
Ma non la doglia, che mi strugge e sforza :
Ond" io ne vergherò qucsC altra scorza,
Tacquesi flnili questi versi Perottino;
e poco taciutosi appresso alcun doloroso
sospiro , che parea che di mezzo il cuore
gli uscisse, verissimo dimostratore delle sue
interne pene , a questi altri passando segui-
tò, e disse:
Lasso, eli L fuggo, e per fuggir non scampo^
Ne '/« parte levo la mia stanca vita
Dal giogo, che la preme , ovunque i vada;
E la memoria , di eli io tutto avimmpo^
yl raddoppiar i nùci dolor ni invila ,
E testimon lassarne ogrd contrada.
.Amor, se ciò t^ aggrada ,
yllmen fa con nuidonna, eli ella il senta',
E là ne porta queste voci estreme ,
Dove Valta mia speme
Fu viva un tempo, ed or caduta e spenta
Tanto fa questo esilio acerbo e grave.
Quanto lo stato fu dolce e soave.
«
Libro T. 8r
Se in nJpe ocìn passar taura fra 7 T>erde ,
Sospiro e pians^o^ e per pietà le chieggio^
Che faccia fede al del del mio doLore\
Se fonte in valle ^ o rio per canimin verde
Sento cader, con s^li occhi jniei patteggio
A farne un del mio pianto via maggiore'.
6' io miro in fronda , o' n fiore ,
Veggio un, die dice , o tristo pellegrino^
Lo tuo viver fiorito è secco e morto :
E pur nel pensier porto
Lei, che ini die lo mio acerbo destino :
Ma quanto pia pensando io ne vo seco.
Tanto più tormentando Amor vien meco.
Ove raggio di S l Cerha non tocchi
Spesso ni* assido , e più mi sono amici
D^ ombrosa selva i più riposti orrori:
dì io fermo' Ipensier vago in que'hcgii occhi,
eli i miei dì solean Jar lieti e jelici ,
Or gli empio?! di miserie e di dolori :
E perchè più jrìaccori
L^ ingordo error , a dir de* miei martiri
T'^engo lor,coniio gliho digiorno in giorno.
Poi, quando a me ritorno.
Trovo mi sì lontan da miei desiri,
CIì io resto , ahi lasso ! quasi ombra
sott' ombra ,
Di sì vera pie tate Amor rrC imgondtra.
Qualor due fiere in solitaria piaggia
Girsen pascendo , simplicette e snelle
Per Verba verde scorge di lontano.
Piangendo a lor comincio, o lieta e saggia
Vita d'amanti , a voi nemiche stelle
Non fan vostro sperar fallace e vano.
Bembo Voi. I, 6
82 DEGLI ASOLANI
ZTn bosco , un mante , un -piano ,
Un piacer^ ini desio sempre vi tene.
Io (la la donna mia quanto san lungel
Deh , se pietà ii punge^
Date udienza insieme a le mie pene.
E "n tanto mi riscuoto, e veggio espresso,
(he per cercar altrui perdo me stesso.
D^ firma rivera i più deserti lidi
Jir insegna Amor, lo mio avversario antico.
Che più s^ allegra, dovio più mi doglio,
lui V cor pregno in dolorosi stridi
Sfogo con ronde; ed or d^un ond)iUco
K de r arena li fo penna e foglio.
Indi per più cordoglio
T'orno al bel viso , come pesce ad esca,
E con la mente in esso rimirando.
Temendo , e desiando
Prego sovente, che di me gV incresca.
Poi mi risento , e dico , a pensier casso,
Dnv^è ina donna ? e'/z questa piango e passo,
Canzon, tu viveiai con cpiesto faggio
ylppresso a F altra , e rimarrai con lei :
E meco ne verranno i dolor miei .
\\\ que'^ta £;nisa, o donne. Amore da
ogni Jato ci afllii^ge; cosi da ogni parte,
in ogni slato, fiamme, sospiri, lagrime,
angoscie , tormenti, dolori, sono de-gl' in-
felici amanli seguaci , i quali , acciocché
in loro compiutamente ogni colmo di miseria
si ritruovi , non fanno pace giammai, uè
pur triegua con queste lor pene fuori di
tutte l'altre qualità di viventi posti dalla
Libro I. 83
lor fiera cri ostinata ventura. Perciò che
sogliono lutti gli animali , i quali creati
dalla natura procacciano ia alcun modo di
mantener la lor vita, riposarsi dopo le fa-
tiche , e con la quiete ricoverar le forze ,
che sentono esser loro negli esercizj (() lo-
gore ed indebolite. La notte i gai uccelli
ne' lor dolci nidi e tra le froudi soavi de-
e;li alberi ri'^lorano i loro (2) diurni e
spaziosi giri. Per le selve giacciono V erra-
jìonde fiere. Gli erbosi fondi de' fiumi , e
le lievi alghe marine per alcuno spazio i
molli pesci sostenendo poi gli ritornano
alle loro ruote più vaghi. E gli altri uomi-
ni medesimi diversamente tutto '1 giorno
nelle loro bisogne travagliati , la sera al-
meno agiate le membra , ove cbe sia , ed
il vegnente sonno ricevuto , prendono sicu-
ramente alcun dolce delle lor faiiche ri-
sforo. Ma gli amanti miseri da febbre con-
tinua sollecitati né riposo , né intramissio-
ne, nò alleggiamento hanno alcuno de' lor
mdi : ad ogni ora si dogliono : in ogni
tempo sono dalle discordanti lor cure ,
qua»i Mezj da cavalli distraenti lacerati. Il
dì hanno tristo , ed a noja é loro il Sole ,
siccome quello , che cosa allegra par loro
che sia contraria alla qualità del loro sta-
to ; ma la notte assai piggiore , in quanto
(0 Logore y cioè consumate , e logorare eonsumare,
(2) Diurni , cioè di ogni giorno.
^4 DrGLI ASOLANI
le tenehrc più i:l'iiivitai>o al pianto, che la
luce , come (juclJe , clie alla miseria sono
più con Ibi mi ; uclle cjuali le vigilie sono
Junge e bagnate, il sonno brieve e penoso
e {)avKntevoIr' , e spesse baie non meno
delie vigilie 'lai piatilo medesimo bagnato.
Che comunque s'addormenta il corpo, cor-
re r animo e rienlia subitamente ne' suoi
dolori , e cou immaginazioni paurose , e
con p'iù nuove guise d'angustia tiene i sen-
timciili sgomentali insidiosamente e tribo-
lati ; onde o si lurba il sonno e rompesi
ap]>ena incominciato ; o se pure il corpo
fiacco e llevole , siccome di quello biso-
gnoso , il si ritieiìe , sospira il vago cuore
sognando , triemano gli spiriti solleciti ,
d'iolsi l'anima raaninconiosa , piangono gli
cecili oaliivi avvezzi a non mcn dormendo
che veugbiando la immagiuazion fiera e
trisia se^^uire. Così agli amanti quanto sono
i lor giorni ])iù amari , tanto le notti ven-
gono più dogliose, e in esse per avventura
tante lagrime versano , quanti hanno il
giorno risparmiati sospiri. Né manca umo-
re alle lagrime per lo bene aver fatto la-
grimando degli occhi due fontane, ne s'in-
tercbiude a mezzo sospiro la via , o men
rotti e con minor impeto escono (e) gli
odierni del cuore, perchè de (2) gli esterni
^i) GU ordierniy cioè del giorno d'oggi,
(%) GU esterni , cioè del giorno d' feri.
Libro T. 85
tulio r aere ne sia pieno. Né per doglie il
duolo » né per lamenti il lamento , né per
angoscie Tangoscia si fa minore ; anzi ogni
giorno s' arroge al danno , ed esso d' ora
in ora divien più grave. Cresce l' amante
nelle sue miserie fecondo di se stesso a'suoi
dolori. Questi è quel Tizio , che pasce del
suo fegato l'avoltojo ; anzi che il suo cuo-
re a mille morsi di non sopporlevoli af-
fanni sempre rinnuova. Questi è quello
Isione , che nella ruota delle sue molte
angosce girando , ora nella cima , ora nel
fondo portato , pure dal tormento non si
scioglie giammai ; anzi tanto più forte ad
ogni ora ^i si lega e inchiodavisi , quanto
più legalo vi sta e più girato. Non posso ,
o donne , agguagliar con parole le pene ,
con le quali questo crude! maestro ci af-
fligge , se io nello stremo fondo degli in-
ferni penetrando gli esempj delle ultime
miserie de' dannali dinanzi a gli occhi non
vi (r) paro , e queste medesime sono , co-
me voi vedete , per avventura men gravi.
Ma è da porre oggimai a questi ragiona-
menti modo , e da non voler più oltia di
quella materia favellare, della quale quan-
to più si parla , tanto più a chi ben la
considera , ne resta a poter dire. Assai
avete potuto adunque comprender, o don-
ne, per quello che udito avete, che cosa
(i^ Paro 5 cioè propongo^
86 DEGLI ASOLANI
araore sì sia , e quanto dannosa e grave ;
il quale incontro la maestà della natura
scellerato divenuto noi uomini cotanto
a lei cari , e da essa dell' intelletto , che
divina parie è , per ispezlale grazia donali,
acciocché cosi più pura menando la nostra
vita , al cielo con esso (i) s' avacoiassimo
di salire, di lui per avventura miseramen-
te spogliandoci ci tiene col piò attuffali
nelle brutture terrene in maniera , che
spesse volte disavventurosamente v'affoghia-
mo. ?*è solamente né men chiari, o meno
pregiati così fa , come voi udite; anzi egli
pur coloro , che sono a più alta fortuna
saliti , né a dorali seggi , né a corone
gemmate risguardando, con meno riveren-
za e pili sconciamente (2) sozzandogli so-
vrasta miseramente e sopraggrava. Perchè
se la nostra fanciulla di lui si duole ac-
cusandolo , dee ringraziamela Gismondo »
se non in quanto ella contro così colpevo-
le e maiìifesto micidiale degli nomini por-
ge poco lamentevole e troppo brieve que-
rela. Ma io , o Amore , a te mi rivolgo
dovunque tu ora per quest'aria forse a'no-
stri danni ti voli , se con più lungo ram-
marico l'accuFo, che ella non fece, non
se ne dee alcun maravigliare, se non come
(i) S'avacciassimo ^ cioè ci affrettassimo.
(z) Sozzandogli }CÌoèfìmbrattandoelij Jucendegli soisi»
LibRO I. 8t
io di taulo mi sia dalla grave (i) pressura
dti tuoi piedi col collo riscosso , che io
inori ne possa mandar queste voci , le
quali tuttavia , siccome di stanco e fievole
prii];ioiiiere , a quello , che alle tue molle
colpe , a' tuoi ii. finiti micidj si converreb-
he , sono certissimamente e roche e poche.
Tu d' amaritudine ci pasci : tu di dolor ci
fijuiderdoui : tu degli uomini morlalissimo
Iddio in danno sempre della nostra vita ci
mostri della tua deità fierissime e acerbis-
sime pruove : tu de' nostri mali (2) e' in-
disii : tu di cosa trista ci rallegri : tu ogni
ora ci spaventi con mille nuove e disusate
forme di paura : tu in angosciosa vita ci
fai vivere , e a crudelissime e dolorosissi-
me morti c'insegni la via. Ed ora ecco di
me, o Amore, che giuochi tu fai? il qua-
le libero venuto nel mondo , e da lui as-
sai benignamente ricevuto, nel seno de'miei
dolcissimi genitori sicura e tranquilla vita
vivendo senza sospiri e senza lagrime i
miei giovani anni ne menava felice, e pur
troppo felice , se io te solo non avessi
giammai conosciuto. Tu mi donasti a co-
lei , la quale io con molta fede serven-
do sopra la mia vita ebbi cara; e in quel-
la servitù, mentre a lei piacque, e di me
le calse , vissi buon tempo vie più che in
(i) Pressura, cioè oppressione^ gravezza,
(a) C indisii , cioi ci fai vtiUr desio^
88 DEGLI ASOLANI
qualunque signoria non si vive fortunato.
Ora che sono io? e cp.ialt' è ora la mia vita,
o Amore? della mia cara donna spoi^llato,
dal conspeito de' miei vecchi e sconsolali
genitori diviso, che assai liela potevano ter-
minar la lor vita , se me non avesser gene-
rato, d'ogni conforto ignudo, a me mede-
simo nojoso e grave, in trastullo della for-
tuna lungo tempo di miseria in miseria por-
tato, alio stremo quasi favola del popolo
divenulOj meco le mie gravi catene traendo
dietro, assai debole e vinto fuggo dalle gen-
ti , cercando dove io queste tormentate
membra abbandoni ciascun die, le quali
più durevoli di quello, che io vorrei, an-
cora tenendomi in vita vogliono che io pian-
ga bene infinitamente le mie sciagure. Oimè,
che dovrebbono più tosto almeno per pietà
de' miei mali dissolvendosi pascere ogglmai
della mia morte quel duio cuore , che
vuole, che io di così penosa vita pasca il
mio: ma io non guari il pascerò. Quinci Pe-
rottino postasi la mano in seno, fuori ne
trasse un picciol drappo, col quale egli,
siccome un' altra volta fatto avea , poi-
ché egli a ragionare incominciò, gli occhi,
che forte piangevaiìo, rascii'gandosi, ed es-
so che molle già era divenuto delle sue la-
grime, per avventura fi'^o mirando, in più.
dirotto pianto si mi^e, queste altre poche
parole nel mezzo del piai»nere alle già det-
te aggiungendo. Ahi int'eliee dono della mia
donna crudele, mii-ero drappo e di misero
Libro T. 89
ufficio istrumento, assai chiaro mi dimo-
strò ella (lonandomili , quale tlovea essere
il mio stato. Tu solo m'avanzi per guider-
done deir infinite mie pene. Non t'ineresea
poiché se' mio, die io, quanto aro a vive-
re ( elle sarà poco ) con le mie lagrime ti
lavi. Così dicendo con ambedue le mani
agli occhi il si pose, da' quali già cadevano
in lauta abbondanza le lagrime, che niua
fu o delle donne, o de' giovani, che rite-
ner le sue potesse. 11 quale poiché in quel-
la guisa per buona pezza chino stando non
si movea, da' suoi compagni e dalle donne,
che già s'erano da seder levate , fu molte
volte richiamato; e alla fine, perciocché ora
parca loro di quindi partirsi, sollevato, e dol-
cemente racconfortato. A cui le donne, ac-
ciocché egli da quel pensiero si riavesse ,
il drappo addimandaroio, vaghe mostran-
dosi di vederlo ; e quello avuto, e d'una ia
altra mano recalo, verso la porla del giar-
din camminando tutte più volte il miraro-
no volentieri . Perciocché egli era di sotti-
lissimi fili tessuto, e d'ogn' intorno d'oro e
di seta fregiato, e per dentro alcuno ani-
mahizzo secondo il costume creco vasiamen-
te dipinto v'avea , e molto studio ni se di
maestra mano e d'occhio discernevole di-
mostrava. Indi usciti del bel giardino i
giovani, e n^l palagio le donne accompa-
gnate, essi, perciocché Perollino non volle
quel di nelle feste rimauere, del castello
scesero , e d'uno ragionamento in altro pas-
gO DEGLI ASOLANI
sarido, acciocché ci^li le sue puni^enti cine
dimeulicasse, quasi tutto il rimanente di
quel giorno per ombre e per rive e per
piagge dilettevoli s'aadaroiìo diportando.
9»
DEGLI ASOLANI
DI
M. PIETRO BEMBO
ne' quali si ragiona d'amore
LIBRO SECONDO.
ARGOMENTO.
Introduce Gìsmondo a rispondere a tutte
V opposizioni fatte da Perottino cantra
Amore, ed a confutarle', dove con mol-
ti singolari concetti e vivi tratti di dot-
trina, e di spiritoso intelletto loda Amore^
e racconta i frutti e le dolcezze che da
esso si cavano , dicendo eli egli sempre è
buono , e non può esser reo.
A
me pare, quando io vi penso ,
nuovo , onde ciò sia , che avendo la natura
noi uomini di spirito e di membra forma-
ti , queste mortali e deboli, quello durevo-
le e sempiterno , di piacere al corpo ci fa-
licbiarao, quanto per noi si può, general-
g2 DECT.I ASOLANI
mente ciascuno: all'animo non così molli
lisguardano, e per di meglio, pochissimi
hanno cura o pensiero. Perciocché ninno è
così vile, che la sua persona d'alcun vesli-
mento non ricnopra : e molli sono coloro,
che nelle lucide porpore e nelle dillcate
sele, e nell'oro stesso cotanto pregialo fa-
sciandola, e delle più rare gemme illustran-
dola, così la portano, per più di grazia e
più d'ornamento le dare: dove si veggono
senza fine tutto il giorno di quegli uomini,
i quali la lor mente non solo delle \ere e
sode virtù non hanno vestita , ma pure
d'alcun velo o filo di buon costume rico-
perta, ne alomhrata si tengono. Oltre a ciò
si avviene egli ancora, che per vaghezza di
cjuesto peso e fascio terreno, 11 quale po-
chi anni disciolgono, e fanno in polve tor-
nare, dove a sosicuìmento di lui le cose
agevoli e in ogni luogo proposteci dalla na- -
tura ci bastavano; noi pure i campi, le sel-
ve, 1 linmi, il mare medesimo sollecitatido,
con molto studio i cibi più preziosi cerchia-
mo; e per acconcio e agio di lui, potendo
ad esso una capannuccia dalle nevi e dal.
Sole difendendolo soddisfare, i ])iù lontani
marmi da diverse parti del mondo raunaii-
do in più contrade palagi ampissimi ^li fon-
diamo : e la celeste parte di noi molte vol-
te, di che ella si pasca, o dove abiti, non
curiamo, ponendole pure innanzi più tosto
le foglie amare del vizio, che i frutti dol-
cissimi della virtù, nello oscuro e basso uso
Libro H. gS
di quello più spesso rinchiusa tenendola ,
che nelle chiare ed alle operazioiii di
questa invitandola a soggiornare. Senza che
qualora avviene, che noi alcuna parte del
corpo indebolita e inferma sentiamo, con
mille argomenti la smairita sanità in lui
procuriamo di rivocare, a gli animi nostri
non sani poco curiamo di dare (i) ri-
covero e medicina alcuna . Sarebbe egli
ciò forse per questo , che perciò che
il corpo più appare, che l'animo non
fa , più altresì crediamo che egli ab-
bia di questi provvedimenti mestiero ? Il
che tuttavia è poco sanamente considerato.
Perciocché non che il corpo nel vero più
che Tanimo degli uomini non appaja ; ma
egli è di gran lunga in questo da lui evi-
dentemente superato. Conciossiacosaché (2)
l'animo tante facce ha, quante le sue ope-
razioni sono : dove del corpo altro che una
forma non si mostra giammai : e questa in
molli anni molti uomini appena non ve-
dono; dove quelle possono in breve tempo
essere da tutto '1 mondo conosciute: e que*
sto stesso corpo altro che pochi giorni non
dura ; laddove l'animo sempiterno sempi-
ternamente rimane, e può seco lunghi se-
coli ritener quello, di che noi, mentre
(0 Ricovero , vuol dir Ricetto.
(2) L'animo ha tante facce , quante sono le sue
«>peiaziom .
g4 DEGI.T ASOLACI
egli nel corpo dimora, T avvezziamo . Alle
quali cose e ad iiifmite altre, che a queste
ag^iugner si potrebbono , se gli uomini a-
vessero quella considcraziofie, che loro s'ap-
parlcrreblie d'avere, vie [nix bello sarebbe
oggi il viver nel mondo e più dolce, che
egli è; e noi con bastevole cura del corpo
avere molto ;''ìi l'aiiimo e le menli nostre
ornando e m.. ,!io pascendole, e più ono-
rata dimora dando loro, saremmo di loro
più degni, che noi non siamo, e molta
cura porremmo nel conservarle sane; e se
pure alcuni volta infermassero , con mag-
giore sturilo si faiicherenimo di riparare a'ior
morbi, che noi non facciamo. Tra' <|uali
quaiito sembri grave quello che Amore
addosso ci reca, assai si può dalle parole
di Peroltino nel precedente libro aver co-
nosciuto. Quantunque Gismondo forte da
lui discordando, molto da questa opinione
lontano sia. Pei'ciocchè venule il dì seguen-
te le belle donne , siccome ordinato avea-
no (i) » appresso '1 mangiare co' loro gio-
vani nel giardino , e nel vago praticello
accosto la chiara fonte,esotio gli ombrosi
allori sedutesi, dopo alquanti festevoli motti
sopra i sermoni di Peroltino da due com-
pagni e dalle donne sollazzevolmente gittati,
aspettando già ciascuno che Gismondo par-
(i) Appresso! mangiare f cioè dvpo'l mangiare, ausato
:o dal Boccaccio.
Libro H. gS
lasse, egli così iucominciò a dire: Assai vez-
zosamente fece jeri, sagge e belle donne _,
Perottlno , il quale nella iìiie della sua luu-
ga querimonia ci lasciò piangendo , accioc-
ché quello , che aver nou gli parca con le
parole potuto guadagnare , le I.igrime gli
acquistassero, cioè la vostra fede alle cose,
che egli inlendea di mostrarvi. Le quali
lagrime tuttavia quello, che in voi operas-
sero , io non cerco : me veramente mossero
tUe a tanta pietà de' suoi mali, che io, co-
me poteste vedere, non ritenni le mie .
E questa pietà in me non pure jeri sola-
'• mente ebbe luogo: anzi ogni volta, che io
alle sue molte sciagure considero , ducimene
più che mezzanamente, e sonomi sempre
gravi le sue fatiche , siccome di carissimo
amico, che egli m'è; forse non guari me-
no, che elle si siano a lui. Ma queste me-
desime lagrime, che in me esser possono
meritevolmente lodate, come quelle che
Tengono da tenero e fratellevole animo,
veda bene Perottino , che in lui non sieno
per avventura vergognose. Perciocché ad
uomo nelle lettere iuiin da fanciullo assai
profittevolmente esercitato, siccome egli è,
più si conviene calpestando valorosamente
la nemica fortuna ridersi e beffarsi de' suoi
giuochi, che lasciandosi sottoporre a lei per
viltà piagnere e rammaricarsi a guisa di
fanciullo ben bittuto . E se pure egli an-
cora nou hi dagli antichi maestri taato di
g6 Dr.GI.I ASOL\NI
sano avveJiinenlo appreso, o seco d'animo
dalle culle rerato, che egli incontro a' col-
pi d'uha femmina si possa, o si sappia scher-
mire, die femmina pare che sìa la fortuna,
se noi alla sua voce medesima crediamo,
assai avrebbe fallo men male, e cosa ad
noni libero più convenevole Perollino, se
confessando la sua debolezza , egli di se
slesso doluto si fosse, che non è stalo do-
lendosi d'uno strano avere in altrui la pro-
pria colpa recata. Ma che? egli pure cosi
ha voluto, e per meglio colorire la sua
menzogna e il sno difello, lamentandosi
d'Amore, accu'^andolo, dannandolo, rimpro-
verandolo, ogni fallo, ogni colpa volgendo
in lui, s'è sforzato di failovi in poco d'ora
di libéralissimo donatore di riposo , di dol-
cissimo apporlalor di gioja , di santissimo
conservatore delle genti, che egli sempre è
stalo, rapacissimo rubator di quiete, acer-
bissimo recator d'atfanno , scelleratissimo
micidiale degli nomini divenire : e come
se (gli la sentina del mondo fosse ^ in lui
ha ogni bruttura della nostra vita versata
con sì alte voci e così diverse sgridandolo,
che a me giova di credere oggi mai , che
egli più avveduto di quello , che noi sli-
miamo, non tanto per nasconderci le suei
colpe , quanto per dimostrarci la sua elo-
quenza , abbia tra noi di questa materia
in così falla guisa parlalo. Perciocché dura,
cosa pare a me che sia il pensare, che egUj
Libro II. ^y
ad alcun eli noi, che pure il (i) pesco dal-
la meli conosoiaino , abbia volulo far
credere che Amore , senza il quale niua
bene può negli uomini aver luogo, sia a
noi d'ogni nostro male cagione. E certa-
mente, riguardevoli Donne, egli ha in uno
canale derivate cotante bugie, e quelle così
bene col corso d'apparente verità inviate
dove gli bisognava, che senza dubbio assai
acqua m'arebbe egli addosso fatta venire,
siccome le sue prime minacce sonarono ,
se io ora dinanzi a così intendenti ascolta-
trici non parlassi , come voi sete , le quali
ad ogni rawiluppalissima quistione sciogliere,
non che alle sciolte giudicare , come que-
sta di qui a poco sarà, sete bastanti, i.a
qual cosa acciò che sei.za più oltra tenervi
incominci ad aver luogo , io a gli eltVtti
me ne verrò, solo che voi alcuna atlenzion
mi prestiate. INè vi sia grave, o Doiuie, il
presiarlami , che più a me si conviene ella
oggi, che a Perottino jeii non fece. Per-
ciocché olire che lo (2) snodare gli aliiui
groppi più malagevole cosa è , ctie ran-
nodargli non è Slato, io la verità dinanzi a
gli occhi ponendovi conoscere vi farò quel*
(i) Avoertiscasi la pesca fruUo, posta qui in genere
neutro. Né può dirsi ^ che sig^nificni l'albero^ poiché il sua
contrapposto Mela è frutto , e non pianta , che Melo si
chiama.
(1) Snodar gli altrui groppi j cioè sciogliere f districare
gli altrui nodi . ■ 4
Bembo Voi. I, 7
g8 DEGÙ A8 0LANI
lo, die è somipamente dicevole alla vostra
cl)Vane etadc, e st nza il che lutto il no*
Siro vivere morie più tosto cUiamar si può,
che vila: dove egli la menzogna in bocca
recando vi dimostrò cosa, la quale posto
che fosse vera, non che a gli anni vostri
non convenevole , ma ella sarebbe vie più
a morii, che ad alcuna qualiià di vivi con-
forme. Avea così dello Gi>>rnondo , e lace-
vasi : quando Lisa verso madonna Berenice
baldanzosamente rigu \r.lyndo , madonna,
disse , egli si \uo1e che noi Gismondo at-
tentamente ascolliatno; })oscia che di tanto
giova men lo ci hanno a dovere essere i suoi
sermoni ; la qua! cosa se egli così pienamen-
te ci atterrà, come pare ohe animosamente
ci prometta, cerla sono che Perotùno abbia
oggi non men fiero diftiiditore ad avere,
che egli jeri gagliardo assalitore si fo<se .
Rispose maaonua Berenice a queste parole
di Lisa non so che; e rispostole tutta lieta
ed aspettante d'udire si taceva. La ondei
Gismondo così preseadiie: Una cosa sola,,
leggiadre donne, e molto semplice ngni hoi
io a dimostrarvi, e non solamente da me,,
e dalla maggior parte dtlle nostre fanciullei
che a questi ragionamenti argomento han-
no dato, ma da quanti ci vivono, che io
mi creda, almeno in qualche parte, soloi
che da Perotlino conosciuta , se egli purei
così conosce , come ci ragiona , e questa èl
la bontà «l'Amore, nella quale tanto di rioi
pose jeri Perolliuo , quanto allora voi ve-v
Libro II. ^^
deste, e siccome ora vedrete, a gran torto.
Ma perciocché a me convieii per ia folta
selva delle sue menzogne passando all'aper-
to campo delle mie verilù far via, prima
che air altra parie io venga, a' suoi ragio-
namenti rispondendo in essi porrem mano.
E lasciando da parte stare il uascimenio ,
che egli ad Amore die, di cui io ragionar
non intendo , questi due fondamenti gittò
jeri Perottino nel principio delle sue molte
voci , e sopra essi edificando le sue ragioni,
tutta la sua querela assai acconciamente
compose; ciò sono, che amare senza amaro
non si possa , e che da altro non venga
niuno amaro e non proceda , che da solo
Amore . E peiciò che egli di questo secon-
do primieramente argomentò, a voi madon-
na Berenice ravvolgendosi, la quale assai
tosto v'accorgeste, quanto egli già nell' en-
trar de' suoi ragionamenti andava tentone,
siccome quegli che nel bujo era; di quinci
a me piace d' incominciare con poche pa-
role rispondendogli, perciocché di molle a
così scoperta menzogna non fa ra.estiero .
Dico adunque così: che folle cosa è a dire,
che ogni amaro da altro non proced-i, che
d'amore. Perciocché se questo vero fosse,
per certo ogni dolcezza da altro che da
odio non verrebbe e non procederebbe
giammai; conciossicosaché tanto contrario
e l'odio all'amore, quanto è dall'ama-
ro la dolcezza lontana. Ma perciocché da
odio dolcezza niuna procedere non può ,
lOO DEGLI ASOLANI
che Ogni odio, iu qvianlo è odio, attrista
sempre ogni cuore, ed (i) addolora; pare
altresì che di necessità si conchiuda » che da
amore amaro alcuno procedere non possa in
niun modo giammai. Vedi tu, Pei Ottino, sic-
come io già truovo armi , con le qu-ili ti vin-
co? Ma vadasi più avanti el a più strette (2)
lotte con le tue ragioni passiamo . Percioc-
ché dove tu alle tre maniere de' mali a))pi-
gliatulotl , argomenti, che ogni doglia da
qn.dche amore, siccome ogni fiume da qual-
che fonte si deiiva, vanamente argomentando
ad assai fievole e falsa parte t'appioli , e cou
fievoli e false ragioni sostentata. Perciocché
se vuoi dire, che se noi prima non amassi-
mo alcuna cosa, niun dolore ci tocchereb-
be giammai , è adunque amore d'ogni nostra
doglia fonte e fondamento, e che perciò ne
segua, che ogni dolore altro che d'amore
Doa sia . Beh perchè non ci di' tu an-
cora così : che se gli uomini non nascessero,
essi non morrehhono giammai: è adunque il
nascere d'ogni nostra morte fondamento,
e perciò si possa dire , che la cagion della
molte di ("esare o di TNerone altro che il
lor uascimenlo stata non sia. Quasi che le
navi , che affondano nel mare , de' venti ,
che loro dal porto aspirarono secondi e
(1) Addolora^ cioè genera dolore.
fa) Lotta è proprio il gioco delle braccia.
Libro ti. i©i
favorevoli » non di quelli , che V hanno
vìnte nimici e centrar], si clebhano con le
balene rammaricare ; perciocché se del
porto non uscivano , elle d:jl mare non
sarebbono state (i) ingozzate. E posto che
il cadere in basso stato a coloro solamente
sia nojoso , 1 quali dell' alto son vaghi ,
non perciò V amore , che alJe riccbt^zze o
agli onori portiamo , siccome tu di'^esti ,
ma la fortuna , che di loro si spoglia , ci
fa dolere. Perciocché se l' amarle parte
alcu ia di doglia ci recasse nell'animo, con
r amor di loro ])os<;edendoIe noi , o nou
possedendole verrebbe il dolore in noi. Ma
non si vede, che noi ci dogliamo, se non.
perdendole. Anzi manifesfa cosa é egli as-
sai , che in noi nidla aUro il loro amore
adopera , se noa che quelle cose , che la
fortuna ci dà , esso dolci e soavi c« le fa
essere; il che se noQ fosse, il perderle che
se ne face^se , ed il mancar di loro , non
ci potrebbe dolere. Se adunque nell' amar
questi beni di fortuna doglia alcuna non
si sente , se non ii quanto essa fortuna ,
nel cui governo sono , gli permuta , co;i-
ciossiacosachò amore più a grado solamen-
te ce gli faccia essere , e la fortuna come
ad essa piace e ce gli rubi e ce gli dia ;
(i^ Ingozzare , cioè sommergere , è certo con signi-
fietziane alquanto dura e lontana y né da altri usata ehi*
iappim.
102 DEGLI ASOLANI
perchè giova ea^Vi a te di dire , che del
dolore , il quale le loro mutazioni recano
agli uomini , amore ne sia più tosto , che
Ja fortutia cagione ? Certo se mangiando
tu a queste nozze, siccome tutti facciamo,
il tuo servante contro tua voglia ti levasse
dinanzi il tuo (i) piattello pieno di buone
e di soavi cose , il quale egli medesimo
t' avesse recato , e tu del cuoco ti ramma-
ricassi , e dicessi che egli ne fosse slato ii
cagione , che il condimento delicato sopra
quella colai vivanda ti fece , perchè ella
ti fu recata , e tu a mangiarne ti mettesti,
pazzo senza fallo saresti tenuto da ciascu-
no. Ora se la fortuna nostro malgrado si
ritoglie qne'heni, che ella prima ci ha
donali , de' quali ella è sola recatrice e
rapifrice , tu Amore n' encolperai , che il
condilor di loro è , e non ti parrà d' im-
pazzare ? Cerio non vorrei dir così, ma io
pure dubito , Pcrollino , che oggimai non
t' abbiano in colali giudizj gran parte del
debito conoscimento tolto ie ingorde ma-
ni nconie. Questo medesimamente senza che
io mi distenda nel parlare , delle ricchezze
deli' animo , e di quelle del corpo ti si
può rispondere, qualunque sieno di loro i
ministraìori. E se le tue fiere alcun de' lo-
(0 Piattello è da noi detto quel che altrove si chia^.
mn piatto , ed nwertiscasi , che Piattello non è voce dimi*.
nuUva , come vogUonf alcuni , ma positiva.
Libro TT. io3
ro poppanti figliuoli perdeado si dogllono,
il ca«o tristo , che le punge, non Tamore,
che la natura insegna loro , le fa dolere .
D* intorno alle quali tutte co-^e oggimai
che ne posso io altro dire , che di sover-
chio non sia , se non che mentre tu con
queste nuvole ti vai ombreggiando la tua
bugia , ninna soda forma ci hù ritratto
dal vero. Se per avventura più forte argo-
mento non volessimo già dire che fosse
dell' amaritudine d' Amore quello , dove
tu di', che Amore da questa voce amaro
assai acoonciameite fu così da ]>rima detto,
affine «he egli bene nella sua medesima
fronte dimostrasse ciò eh' egli era. 11 che
io già non sapea , e credea che non Je
somiglianze de' sermoni , ma le sostanze
delle operagioni fossero da dovere essere
ponderate e riguar;late. Glie se pure le
somiglianze sono delle sostanze argomen-
to, di voi , donne , sicuramente m' in-=
cresce , le quali non dubito che Perot-
tino non dica , che di danno siate alla
vita degli uomini , conciossiacosaché così
sono inverso di se queste due voci Donne
e Dan^o conformi, come sono quest'altre
due Amore e Amaro somiglianti. Aveano
a piacevole sorriso mosse le ascoltanti don-
ne queste ultime parole di Gi^mondo , e
madonna Bt-renice 'uttavia sorridendo al-
l' altre due rivoltasi cosi riisso ; Male ab-
biam procacciato, compagne mie care , poi-
ché sopra di noi cadono le costoro quislio-
104- DEGLI ASOLANI
ni. A cni Sahimlia , della quale la giova-
nella età , e la vaga bellezza facevano la
parole ]ilù saporose e più care, luUa lii ta
e piacevole rispose : Madonna , non vi da-
te "oja di eiò , elle non ci toccano pure.
Perciopchè dimmi tu, (iismondo, qua'don-
ne volete voi die sien di dan o alla vostra
vita, le i;iovani, o le vecchie? Certo delle
i»iovani secor»do il tuo argomenlare non
potiai dire , se non che elle vi giovino ,
conciossiacosaché giovani, e gio>ano quella
medesima somighanza hamo in verso di
se , che tu delle donne e del danno dice-
sti. 11 che se tu mi doni , a noi basta egli
cotesto assai : le vecchie poi sien tue. Sieu
pure di Perottino , rispose lutto ridente
Gismoudo : la cui tiepidezza e le piagne-
\oli querele , poiché le somiglianze hanno
a valere , assai sono alla fredda e ramma-
richevole vecchitzza conformi. A me ri-
mangano le giovani , co' cuori delle quali
li« ti e festevoli e di calde speranze pieni
s'avvenne sempre il mio , e ora s' avviene
più che giammai , e cer'o sono , che elle
mi giovino , siccome lu di'. A queste cosi
fatte parole molle altre dalle donne e dai
giovali dette ne fnioiio l'uno all'altro
scluj zevo'mente ritorna' do le vaghe rimes-
se <'e' vezzosi parlari; e di giuoco in giuo-
co per a^ ventura gauggiaiulo più oltre
andata «a» jbhe la vjiga compagnia, n« Ila
auìle srlo Perotlino si tarea , se non che
Gismoudo in questa mauiera parlando alla
Libro IT. io5
loro piacevolezza pose modo. Assai ci han-
no, moite£T£;ìose giovani, dal diritto cammi-
no de' nostri rn£;ìonamenti traviali le somi-
glianze di Peroltino, le quali percloccliè a
noi di più giovamento non sono , che elle
staie sleno utili a lui , oggimai a dietro
lascia'^do più avanti ancora de' suoi ram-
marichi passiamo. E perchè avete assai
chiaro veduto, quanto falsa l'una delle
sue proposte sia , dove egli dice che ogni
amaro altro che d' Amore non viene ,
veggasi ora , quanto quelT altra sia vera ,
dove egli afferma the amare senza amaro
non si puoi e. Nt-lla quale una egli ha co-
taiìte gni<e d'amari portate e rannate, che
assai utile lavorafor di c«mpi egli per cer-
to sarchile, se così hene il loglio , la felce,
i vepri , le lappole , la carda, i primeggino-
li , e le altre erbe inutili e nocive della
sua possessive scegllesse , e in un luogo
gittasse , come egli ha i sospiri , le lagri-
me , i tormenti , le angosce , le pene , i
dolor tulli , e lulti i mali della nastra
■vita scegliendo , quegli solamente sopra
le spalle degì' inno;*e sii araanii gittali e
ammassali . Alla qnal co«a fare accioc-
ché e^lì d' alcuno appara n^^e principio
incomi 'ciasse , egli prese argome:>>o dagli
scrittori , e disse , che quanti d' Amor
parlato , quello ora fuoco e oja furor
nomi 'andò , e gli am;mti sempre mi-
sei'i e «tempre infelici chi;<m')!ìdo , in ogni
lor libro, in ogni lor foj^lio si dolgono, si
lof) DEGLI ASOLANI
lamentano di Ini ; nò pure di sospiri o di
lai^'ime, ma di feriie e di morti degli
amanli tutti i loro volumi sono macchiali.
Il che è (\y lui con assai piìi sonanti paro-
le dt-'tto, che con alcuia ragionevole pruo-
va confermato, siccome quello, che non
sente d<l vero. Perciocché chi non legge
medesimamente in ogni scrittura gli amoro-
si piaceri? Chi no i truova in ogni libro
alunno amante, che non dico le sue ventu-
re, ma pure le sue beatitudini non raccon-
ti? Delle quali se io vi volessi ora recitare,
quan'o potrei senza molto studio rammen-
tarmi; certo pure in questa parte sola tulio
qnesto giorno logororei , e temerei, che
prima la voce, che la materia mi venisse
m.'incala . Ma percioccliè egli con le sue
canzoni i gravi rammarichi degli amanti e
la fierezza d'Amore vi volle dimostrare; e
fece bene , perciocché egli non arebbe di
leggiero potuto altrove così nuovi argo<nen-
ti ritrovare , come che a' proprj lestimonj
non si creda ; pure se a voi donile non
ispiacerà, io altresì con alcuna delle mie,
quanto d'amore si lodino gli uomini , e
quinto abbiano da lodar>;i di lui , non mi
riirarrò di farvi chiaro. Volea a Gi^^mondo
cia-^cuna delle donne rispondere, e d're che
egli dicesse. Ma Lisa, che più vicina gli
era, con più (:) tostana ri'-posta fece l'al-
tre tacere così dicendo: Dih sì (-iismondo
(i) Tostarla f cioè tubita.
Libro IT. 107
per Dio : E non che egli ci piaccia , ma
noi te ne preghiamo; e dicoti che tu nes-
suna cosa ci potresti fare così cara come
cotesta ; anzi avea io per me già pen-
salo di sollecitartene , se tu non ti prof-
ferevi . Me non bisogna egli che voi pre-
ghiate o sollecitiate^ rispose incontanente
Gismondo . Perciocché delle mie rime ,
quali che elle si sieno , solo che a voi gio-
vi d'ascoltarle, a me di sporlevi egli somma-
mente gioverà : E oltre a ciò se voi vi de-
gnaste per avventura di lodarlemi, dove a
Peroltiuo parve che fosse grave , io a mol-
ta gloria il mi recherei, e rimarrevene so-
pra il pregio obbligato. Cotesto^ l'arem noi
volentieri, rispose madonna Berenice, si
veramente, che farai ancora tu , che noi
così te possiamo lodare, come potcvam lui.
Dura condizione m'avete imposta, madonna,
disse allora Gismondo , e io senza condizio-
ne vi parlava trop[)0 y'iù vago richiediiore
delle vostre lode, che buono stimatore del-
le mie forze divenuto. Ma certo, avvenga-
ne che può, io né pure farò pruova: E
qnesto detto piacevolmente incominciò:
Né le dolci aure estive ^
Nè'l l'ago mormorar cVonda marina^
iSlè tra fiorite ri\ie
Donna passar leggiadra e pellegrina ,
Fi4r giammai medicina^
Che sanasse pensiero infermo e grai'e;
Cli io non gli aggia per nulla
IH quel piac&r^ che dentro mi trastulla
108 DEGLI ÀSOLANI
L^ anima y di cui tene Amor la chiave-:
Si è dolce e soave.
Pendeano dalla bocca di Gismondo le
ascoltanti donne credendo clic più oltre
avesse ad andare la sua canzona, ed egli
tacendosi diede lor segno d'averla fornita:
La onde in questa maniera madonna Bere-
nice a lui riicominciò . Lieta e vaghelta
canzona dicesti, Gismondo, senza fallo alcu-
no , ma vuoi tu esser per cosi poca cosa
lodato? Madoiina mia no, rispose egli. Ben
vorrei che mi dicesse Perottino, dove sono
in questa quelli suoi colanti dolori , ch'egli
disse, che in ogni canzone si K'ggeano. Ma
prima che egli mi rispoada , oda quest'al-
tra ancora :
"Non si vedrà giammai stanca né sazia
Qiipsta m.ia penna ylmore
Di renderti Signore
Del tuo cotanto onore alcuna grazia:
A cui pensando volentier si spazia
Per la memoria il core;
E vede '/ tuo valore:
OncV ei prende vigore^ e te ringrazia,
jimor , da te conosco quel cJi io sono.
Tu primo mi levasti
Da terra , e '« ciclo alzasti ;
Ed. al mio dir donasti un dolce suonot
E tu colei ^ di eli io sempre ragiono^
Agli occhi miei mostrasti ;
E dentro al cor mandasti
Libro II. jorj
Pensier leggiadri- e casti, altero dono.
Tu sei , /a tua mercè , cogion dì io viva
In dolce foco ardeii<lo ;
Dal qual ogni ben prendo ,
Di speme il cor pascendo onesta e viva:
E se giammai verrà, dì ì giunga a riva.
Là' ve'' L mio volo stendo.
Quanto piacer n attendo ,
Più tosto noi comprendo, eh" io lo scriva.
Vita gioiosa e cara
Chi da te non C impara. Amor non ave.
Assai era alle intendenti donne piaciu-
ta questa canzone, e sopra essa lodandola
diverse cose parlavano. iMa GismouUo , a
cui parca che l'ora fuggisse, siccome que-
gli che avea assai lungamente a parlare,
interrompendole in questa maniera i suoi
ragionamenti riprese: Amorose giovani, che
le m!(' rime \\ piacciano, se cosi è come
voi dite , a me piace egli sopra modo. Ma
voi alloia le vostre lode mi darete, quan-
do io ad Amore arò date le sue . Percioc-
ché onesta cosa non è , che voi prima me
di così bella mercè paghiate, che io il mio
sì poco lavorio vi fornisca. Ora venendo a
Perottino, quanio egli falsamente argomenti,
che Tie' versi che d'Amore parlano , niente
altro si It-gg», ciie dolore, voi vedete. JNè pure
queste ira le mie rime, che uno sono tra
gli amanti, solamente si leggono lodanti e
ringrazianti il loro signore, ma molte altre
ancora , delle quali io , perciocché ad altre
no DEGLI ASOLANI
parti ho a venire , nò bisogna che Umgo
tempo in questa sola mi dimori, ragionan-
do, secondo che elle mi verranno in bocca,
alcuna ne racconterò , per Je quali voi me-
glio il folle error di Peroitino compreude-
rcle . E certo se egli avesse detto, che più
sono stati di quegh amanti, che d'Amore
si sono ne'loio scritti doluti, che quelli
non sono stati , che lodati di lui si sono ,
e più ragionevole sarebbe stato il suo par-
lare, e io per poco gliele arei conceduto .
INè perciò sarebbe questo buono argomento
stato a farci credere , che amare senza
amaro non si possa, perchè non così molti
d'Amor si lodassero , quanti veggiamo che si
lamentano di lui . Perciocché , lasciamo
stare che da natura più labili siamo ciascu-
no a rammaricarci delle sciagure , che a
lodarci delle venture , ma diciamo così ,
che quelli , che felicemente amano , tanta
dolcezza sentono de' loro amori , che di
quella sola l'animo loro e ogni lor senso
compiutamente pascendo, e di ciò interissi-
ma soddisfiizioiie prendendo, non hanno di
prosa , né di verso , né di carte vane e
sciocche raestiero . Ma gl'infelici amanti,
perciochè non h^nno altro cibo di che si
pascere, ne altra via da sfogar le loro fiam-
me , corrono agli inchiostri , e quivi fanno
quelli cotanti romori, che si leggono , simi-
li a questi di Perottino , eh' egli cosi calda-
mente ci ha raccontati . Onde non altra-
mente avviene nella vita degli amanti, che
Libro IT. in
si vegga nel corso de tìiiinl adìvpnire , i
quali dove sono più impediti, e da più
folta siepe, o da sassi maggiori allraversati,
più altresì rompendo e più sonanti scendo-
no, e più schiumosi: dove non hauno die
gl'incontii , e da ninna parte il loro cam-
mino a se vietalo sentono ri[*osa}ameiile
le loro umide bellezze menando seco pura e
cheta se ne vai. no la lor via. Cosi gli ^maa-
ti, quanto più nel corso de' loro disii haa-
no gl'intoppi e gl'impedimenti maggiori ,
tanto più in essi lotando col pensiero , e
lunga schiumi decloro sdegni traendo die-
tro, fanno altresì il suono de* lor-» lumenti
maggiore. Feliii e fortunati , e in ogni l^ito
godenti de' loro .«mori, né da alcuna op-
posta diffìculà nell'andare ad essi ritenuti,
spaziosa e tranquilla vita correndo non usa-
no di farsi seni ire. La qualcosa se così è,
che è per certo , né potrà fare in maniera
Perottino del vero co' suoi (i) nequitosi ar-
gomefili, che egli pure vero non sia, po-
trassi dire , che le molte rammaricazioni
degli amanti infelici sien quelle, che faccia-
no che esser non ne possano ancora de' fe-
lici ? E chi dubita che egli non si possa?
Che perchè in alcuno famoso tempio dipin-
te si veggano molle navi, quale con l'albe-
ro fiacco e rotto e con le vele ravviluppale,
quale tra molti scogli sospinta , o già soprav-
(i) Nequitosi argomenti j tioè pieni it ira. e di neqiUiia»
112 DEGLI ASOLANI
vi: ila dall'onde arare [)ei- i)erdata, e quale
in alcuna |)iag«^ia , sdrascita testimonianza
donar i-iascuna de' loro trisii, e fortunosi
casi : non si può per questo dire , che al-
trettante state no I sie<i <[uelle , che posso-
no lieto e felice viagtjio avere avuio ; quau"
tunque elle, siccome di ciò non bisognevo-
li , alcuna memoria delle loro prospere e
seconde navig.izioni lasciata non abbiano.
Ora si può accorgere Perottino , come sen-
za volere io ripigliare alcuno antico o mo-
derno scrlllore , i suoi frigoli argomenti
ripigliati e rifiutati per se stessi rimangono.
IMa per non tenervi io in essi più lun-
gamente che uopo ci sia , oggimai negli
amorosi miracoli, e nelle loro discordanze
passiamo: dove son quelli, che vivono nel
fuoco, come salamandre; e quegli altri,
che ritornano in vita morendo, e muojono
similmente didla lor vita. Alle quali mara-
viiilie sallo Iddio, che io non so che mi
rispondete, che io di Perottino non mi ma-
ravigli, il quale, o folle credenza di farlo-
ci a credere , che lo rassicurasse , o sfre-
nato disio di rammaricarsi , che lo tra-
portasse ; no/1 solamente noa s'è ritenuto
di cosi vane favole raccontarci per ve-
re , ma egli ancora con le sue canzoni
medesime , quasi come se elle fossero le
foglie della sibilla Guinea , o le vo<'i W
delle indovuiatrici cortine di Febo, ce l'ha
volute raccon fermare. La qual cosa tutta-
via questo ebbe di bene in se , che a noi
Libro TI. ii3
1<3 sue canzoni , per quello che io di voi
m' accorsi e in me conosco , non poco di
piacere e di diletto porsero , raminorbi-
dando i^l'inacei bili nostri spiriti dall'asprez-
za de' suai ruvidi e lieri sermoni. Le quali
se lauto di verità avessero in se conside-
randole, quanto udendole es-ie hanno avu-
to di novità e di vai^hezza , io incontro di
Perolliuo non pai 1» rei. Ora che vi debbo
io dire? Non sa egli per se stesso ciascun di
noi senza che io parli , che queste sono
spezialissime licenze non meno degli aman-
ti , che de' poeti , fìngere le cose molte
volte troppo da ogni forma di verità lon-
taie ? dare occasioni alla lingua, o pure
alla penna ben nuove , bene per addietro
da iiiu IO intese , bene tra se stesse discor-
danti e alla natura medesima importabdi
ad essere sofftrute giammai ? Dth l^erot-
ti IO come se' tu folle , se tu credi , che
noi ti ciediamo, che a gli amanti sia con-
ceduto il poter quello, che la natura noa
può , quasi come se essi non fossero nati
uomnii , come gli altri , soggiacenti alle
sue leggi. Dico adunque , che i tuoi mira-
coli altro già , che menzogne non sono.
Perciocché niente hanno e.ssi più di vero
in se , di quello , che de' seminati denti
dall' tirante Cadmo , o delle feraci formi-
che del vecchio Eaco , o dell' animoso ar-
ringo di Fetonte si ragioni , o di mille al-
tre favole ancora di queste più nuove. ]Nè
pure incominci tu questa usanza ora : ma
Bembo VoL I. 8
it4 degm asolani
tutrl gli amami , «.he baniio scritto o scri-
■voi'O , cosi fecero e fanno ciascuno , o
lieti , o ioforinnai che essi stati sieno , o
essere si truoviuo de' loro, amori , se pure
i lieti a scriver»^, delle loro giojc , o pure
a parlar' «e si dispongono giammai : il che
suole alcuna volta di quelli avvenire , che
Ira gli "zj so.tvi delle muse cresciuli , poi
nelle dolci palestre di Venere eser^iiaudosi
non possono solente non ricordarsi delle
loro donne primiere. 1 qUidi le |)iù volte
di quelh medesimi affetti fav'ol.ggiano ,
che fanno i dolorosi, .ton perciocché essi
alcuno di que' miracoli provino in se, che
i miseri e tristi dico, o sovente di provare,
ma fan nolo per porgere diversi suggetti
agi' inchiostri , acciocché con qui sii colori
i loro fingijnenti variando , 1' amorosa pin-
tura riesca agli occhi de' riguardami più
■vaga. Perciocthè d*.l fuoco col quale si
fatica Pei oi ino di rinforz.ire la maraviglia
degli amorosi avvenimenti (i), quali carte
di qualun<|ue lieto amante , che scriva ,
non son ) iene ? ^è pur di fnoco sola-iieu-
te , ma di ghi 'Ccio in'^ieme , e di quelle,
cotante (2) dis.igguagìianze , le quali più
di legglern nelle carte s' accozzano , che
(1) Le carte degV innamorati son piene di fuoco e di
ghiaccio.
(z) Disagguaglianze , cioè inegualUà. Di saprà ha
usato questa voce un'altra volta. IL Petrarca anche l usò. e
Dante: m» in prosa niun altro buono autor che questo»
Libro II. ii5
nel cuore? Chi noi» sa dire che le sue li-
grime sono pioj^gia, e veiìti i suoi S()S[)iri ,
e mille coiai scherzi e giuochi .f atnaate
noti meri festoso , che doglioso ? chi non
sa fare iticonlaiente quelli , che egli ami,
saettatrice , fingtudo che gli occhi suoi fe-
riscano di pu ■geiili'.slme saette? La qual
cosa per avventura più acco iciameute tìn-
sero gli antichi nomini , che delle caccia-
trici iNinfe favoleggiarono assai spesso , e
delle loro hoscarercie prede, pigliando per le
vaghe ninfe le vaghe dome , che con le
pu .te de' loro penetrevoli sguardi [)iendono
gli animi di qualunque uomo più tìero.
Chi non suole ora se, ora la sua donna a
mille altre più nuove sembianze ancora ,
che queste non sono, rassomigliare? Aper-
to e comune e ampissimo è il campo , o
Donne , per lo quale vanno spazia ido gli
scrittori , e quelli massimamente sopra tut-
ti gli altri , che amando e d' amore trat-
tando si dispongono di coglier fruito de'lo-
ro ingegni e di trarne loda per questa via.
Perciocché oìtra che egli si tìngono le im-
possibili cose , non solamente a ciastnin di
loro sta, qualunque volta esso vuole, il
pigliar materia del suo scrivere o lieta o
dolorosa , siccome più gli va per l'animo ,
o meglio li mette , o più agevolmente si
fa , e sopra essa le sue menzogne disten-
dere e i suoi pensamenti più strani : ma
essi ancora uno medesimo suggeito si re-
cheranno a diversi fini , e uno il si dipi-
ri 6 PROLI ASOLA?! I
gneià lieto , e 1' altro se lo adombrerà do-
loroso: siccome una slessa maniera di cibo
per dolce o amara che di sua natura ella
sia , condire in modo si può , che ella
ora questo e ora quelT aUro sapore averà
secondo la qualità delle cose , che le si
pongan sopra. Perciocché quantunque molti
amanti fingendo la lontananza del loro
cuore a lagrime e a lamenti e a dolorosi
martirj là si ritirino, siccome potete ave-
re udito molte fiale , non è per questo ,
che io altresì in una delle mie fingendola
a maraviglioso giuoco e a dilettevole sollaz-
zo non me 1' abbia recata. E acciocché io
a voto non rugioui , udite ancora de' miei
miracoli alcuno.
Preso al primo apparir del vostro raggio
Il cor, che""!! fin quel dì nulla mi tolse.
Da me partendo a seguir voi si volse :
E come quei , che trova in suo viaggio
Disusato piacer , non si ritenne ,
Che fu negli occhi , onde la luce uscia^
Gridando a queste parti Amor niinvia^
Vedete voi , siccome fingono gli amaa
li , che i loro cuori con piacere e co
gioja (li loro pure partir da loro si posso-
no ? Ma questo non è ad essi còsa molti
ancora maiavigliosa . Di più maraviglia è'
quello che segue.
Libro II. itj
Iticli tanta haìcìnnza appo voi preSe
IJ' ardito fiurgitivo a poco a poco ,
Clì ancor per suo destili lasciò quel loco
Li entro passando^ e più oltra si stese ,
Che 'n quello stato a lui non si convenne'.
Fin clic poi giunto^ ov'era il vostro core^
Seco s'' assise , e più non parve /ore.
Già potete vedere non solamente che
i nostri cuori da noi si partono , ma che
essi sanno eziandio far viaggio. Udite tut-
tavia il rimanente.
Ma quei^ romei movesse un hel desire
Di non star con altrui del regno a parte^
O fosse l ciel^ che lo scojgesse in parte ,
Ov^ altro signor mai non dnvea gire ^
Là ^ onde mosse il mio ^ lieto sen venne:
Co ù can^iaro albergo , e da queWora
Meco^l cor vostro^ e l mio con voi dimora.
Non sono questi miracoli sopra tutti
gli altri ? due cuori amanti da i loro petti
parliti dimorarsi ciascuno nell' altrui , e
ciò loro no'ì pure sen^a noja , ma ancora
da celeste dono avvenire ? Ma che dico io
qnesti ? Pgli vi se ne potrehbono , da
chiunque ciò far volesse , taiUi recare in-
nai'zi ^iochevoli e festevoli tutti, che non
se ne verrebbe a capo aj^evolmente. E per-
ciò questo poco aver detto volendo che
mi basti , Oi»^imai i tuoi fieri e gravi mi-
racoli , Pcrottino, quanto facciano per te.
Il8 DEGLI ASOLANl
tu ti puoi avvcdere ; i (|urili però fuHaTia
se so'^o veri perciò , che tu , e i simili a
te tristi e miseii amanti re parliate o scri-
viate, veri debbono essere similmente que-
sti alt li vai;hi e cari , poiché di loro io e
i simili a me lieti e felici amanti ];arlan-
done o scrivendone ci tra^fulliamo. Per-
chè ninna forza i tuoi ad Amor fanno ,
che egli dolce non possa essere , più di
quello che facciano i miei , che egli non
possa essere amaro. Se sono favole , elle a
te si ritornino per favole , quali si parti-
rono , e seco ne portino la tua così bea
di])inta immagine , ai^zi pure la immagina-
ta dipintura del tuo Iddio ; della quale se
tu schejzando ragionalo non ci avessi quel-
lo tanto , che detto ne hai , io da vero
alcuca cosa ne parlerei, e arei che parlar
ne. Ma ]>oichè del tuo fallo tu medesimo
ti rijirei (desti dicendoci per ammenda di
lui , che nel vero non solamente Amore
non è Iddio , ma che egli pui e non è al-
tro , che quello che noi stessi vogliamo;
se io ora nuova tenzona ne recassi sopra »
non sarebbe ciò altro , che un ritessere a
guisa dell'antica Penelope la poco innanzi
tessuta tela Tacquesi elette queste ]>aroIa
Gismondo, e raccogliendo yiresta mente nel*
la memoria quello, (he dire appresso que-
sto dovea , prima che egli ripai lasse, egli
incominciò a sorridere seco slesso ; il che
vedendo le donne , che tuttavia atteneleva-'
no che egli dicesse , divennero ancora
Libro 11. iig
d' udirlo più vai;hc'. E madonna Bereni-
ce (») alìegi^iato di se un giovane alloro ,
il quale nello stremo della sua selvetta più
vicino alla mormorevole fonte , quasi più
ardito che i^li altri, in due tioncbi scliittti
cresciuto al bel fianco di lei doppia colon-
na faceva , e sopra se medesima recatasi
dis^e : bene va, Gismondo , poicliè tu sor-
ridi , là dove io più pensava che ti conve-
ni>^se di star sospeso. Perciocché se io non
m' ir,gaono , sì sei tu ora a quella parte
de' sermoni di Perottino pervenuto , dove
egli argomentando dell'animo ci conchiu-
se , che amare altrui senza passione conti-
nua uon si puote. Il qual nodo, come che
egli si stia , io per me volonlier vorrei ,
e perdoiiimi Perottino , che tu sciogliere
così potessi di leggiero » coms fu all' antica
Penelope agevole lo stessere la poco innan-
zi tessuta tela. Ma io temo, che tu il pos-
sa , così mi parvero a forte (i) subbio
quegli argomenti avvolti e accomandati .
Altramente vi parranno già testé madon-
na , rispose Gismondo. Ne perciò di quel-
lo , che essi iniino a qui paruti vi sono ,
me ne maraviglio io molto. Anzi ora do-
vendo io di questi medesimi favellarvi ,
(ì) Alleggiato con Vacctnto acuto sopra l'i ^ signifl-'
C(t alleggerito , e di qui viene alle^giamento
(i) Subbio è quel lesino tondo , dove s' avvolge Iti
tela , da' Greci e Latini chiamato Cilindro,
120 Dr.r,LI ASOLAMI
siccome voi dirittamente giudicavate , a
quel riso , clie voi vedeste , mi sospin-
se il pensare , come sia vtnulo fatto a
Peioltino il poter cosi beife la fioiite di si
parevole menzogna dipigiiere ragionando ,
che ella abbia tioppo più che di quello
che ella è, di verità sembianza. Perciocché
se noi alle sue parole risguarilìamo , egli
ci parrà presso che vero quello che egli
vuole che vero ci paja che sia, in maniera
n' ha egli col suo (i) sillogizzare il bianco
in vermiglio lì tornato. Perciocché assai pare
alla verità conforme il dire, che ogni volta
che l'uom non gode quello che egli ama ,
egli sente passione in se. Ma non può l'uora,
godere compiutamente cosa che non sia
tutta in lui. Adunque l'amare altrui non
può in noi senza continua passione aver
luogo. 11 che se per avventura ])ure è ve-
ro , saggio fu per certo l'Aicniese Timone,
del qual si legge, che schifando parimente
tutti gii uomini , egli con ninno volea ave- ;
re amistà , ninno ne amava, IL saggi sarem, i
noi altresì, se questo malvagio affannalore
degli animi nostri da noi scacciando , gli
amici le donne i fratelli i padri i proprj
figliuoli medesimi, siccome i più stranieri,
ugualmente rifinfando , la uoslia vita senza
amore , quasi pelago senza oiula , passere-
mo : solo che dove noi a guisa di INaiciso
amatori divenir volessimo di noi sles'-i. Per-
(i) Sillogizzare vuol dire argomentare ^ usar $illogismij^
Libro li. 12 1
cìorcliè questo lanlo credo io che Perot li-
no non ci vieti , poirhè in noi medesimi
siani sempre. La qual cosa se voi farete ,
e ciascun altro per se farà , da questi suoi
ar£;omenti ammaeslrato , certo so o che egli
a brieve andare sioii solamente Amore ave-
rà alla vita degli uomini tolto via, ma in-
sieme con esso lui ancora gli uomini stessi
levatone alla lor vita. Pei ciocché (») ces-
sando l'amare, che ci si fa , cessano le con-
suetudini tra se de' mortali, Je quali ces-
sando necessaria cosa è, che cessino e man-
chino eglino con esso loro insiememente.
E se lu qni, Perottino,mi dicessi, che io
di così fallo cessamento non tema , percioc-
ché amore negli uomini per alcuno nostro
propoiimento mancar non può; conciossia-
cosaché ad amar l'amico il padre il fratel-
lo la moglie il figliuolo necessariamente la
natura medesima ci dispone; che bisognava
dunque , che tu d'Amore più tosto ti ram-
maricassi, che della natura? Lei ne dovevi
incolpare , che non ci ha fatta dolce quella
cosa , che necessaria ha voluto che ci sia ,
se tu pure così amara la li credi come tu
la fai. Isella qual tua credenza dove a te
piaccia di rimanerti, senza fallo agiatissima-
mente vi li puoi spaziare a tuo modo, che
compagno , che vi ci venga per occupar-
lali , di vero, che io mi creda, non avrai
tu ninno. Perciocché chi è di così poco
(i) Cessando L'amare cessano le consuetudini de' mortali.
122 DEGLI ASOLANI
diritto cono«?riiiiento, che creda, lasciamo
stMie uno eh»- ami te, o ami<.o o coi)"ii.ii)-=
to che eii;li li ^ia , ma pure ohe l'amare uq
\a'oroso nomo, una santa donna, amar le
paci le I<ei*i i coslnmi lodevoli e le buone
US-ÌU7»' d'alcun popolo . ed esso popolo me-
desiojo, no;> dico di dolore o d'at'fauuo ,
ma pure di ]>iacere e di diletto non ci sia?
E certo tutte queste co«;e sono fuor di noi.
Le quali poste che io pure ti concedessi ,
che affanno recassero a' loro amanti per-
ciocché elle non sieno in noi , vorresti tu
però ancora che io li concedessi , che Y a-
miare il cielo , e le cose belle che ci son
sopra , e Dio stesso , perchè egli non sia
tutto in noi; concioS!>iacosachè essendo egli
infinito , essere tutto ia co'^a finita noa
può, siccome noi siamo, ci fosse doloroso?
Certo questo non dirai tu giammai , per-
ciocché da cosa beata , siccome sono quel-
le di lassù , non può cosa misera proveni-
re. Non è adunque vero , Perottino , che
r amore , che alle cose islrane portiamo ,
per questo , che elle islraue sieno (i) ,
e* impassio'.i. Ma che diresti tu ancora ,
se io tutte queste ragioni do landoti ami-
chevolmente , e buono facendoti quello
stesso che tu argom<Miti , che amare altrui
non si po<;sa senza dolore , ti dices«.i , che
questo amar Ir d > ne , che noi uomini
vO linpassionareyV$rb9 nuovo^ significa metter passione.
Libro U. i 23
facciamo, e che le (i) donne fanno noi,
non è amare altrui , ma è una parie di se
amare, e per dir meglio, l'altra metà di
se stesso ? percioccìiè non hai In letto ,
che primieramente gli uomini due facce
aveano , e quattro mani , e quattro piedi
e l'altre membra di due de' nostri corpi
similmente? 1 quali poi partiti per lo mez-
zo da Giove, a cui voleano torre la signo-
ria , furono fatti colali , chenli ora sono.
Ma perciocché eglino volentieri alla lo-
ro (2) interezza di prima sarehìsono voluto
ritornare, come quelli, che in due cotanti
poteano in quella guisa , e di più per lo
doppio si valevano, che da poi non si sono
valuti , secondo che essi si levavano in pie,
cosi ciascuno alla sua metà s' appigliava :
il che poi tutti gli altri uomini hanno
sempre fatto di tempo in tempo , ed è
quello, che noi oggi Amore e amarci chia-
miamo. Perchè se alcuno ama la sua don-
na, egli cerca la sua metà, e il somiglian-
te fanno le donne , se elle amano i loro
signnri. Se io co^iì ti favellassi , che mi ri-
sponderesti tu o Perottino ? Per avventura
quello stesso , che io pure ora d' intorno
a' tuoi miracoli ragionando ti rispondea ,
cioè, che questi son giuochi degli uomini,
dipinture e favole e loro semplici ritrova-
ci) Che l'uomo e la donna erano un sol corpo.
(a) Interezza , vale stato intero.
124 BEGLI ASOLANI
menll più tosto e pensamenti , che altra,
]Non so<)o queste dipiiUuie degli nomini ,
ne semplici ritiovameiiii , Perottino. La
natura slessa parla e ragiona questo cotan-
to eh-* io t' ho (letto , non alcuno uomo.
!Noi non slamo interi , uè il ludo di noi
medes'mi è con noi , se soli maschi , e
sole femmine ci siamo. Perciocché non è
quello il tutto , che senza altrettanto sfar
non può : ma è il mezzo solamente , o
nulla più : siccome voi Donne senza noi
uomini, e noi senza voi non possiamo. La
qual cosa quanto sia vera , già di quinci
veder si può , che il nostro essere o da
voi o da noi solamente e separatamente
non può aver luogo. Oltre che eziandio
quando bene separatamente ci nascessimo,
certo nati non potremmo noi vivere sepa-
ratamente Perciocché se ben si considera,
questa vWa che noi viviamo , di fatiche
iimnmerahlli è piena : alle quali tulle por-
tare ne l'un sesso ne l'altro assai sarebbe
perse bastante: ma sotto esso mancherebbe
non altramente, che facciano là oltre l'A-
lessandria tale volta i caraaielli d.i lontani
paesi le nostre mercanzie poi-tanti per le
stanchevoli arene, quando avviene per al-
cun caso, «he sopra lo (i) scrigno dell'uno
le some di due pongono i loro padroiii :
(t) Scrigno è la gobba de cammelli. Di qui L'Ariosto
disse Scrignuto mostro ^ parlando di Nano gobbo.
Libro II. i25
clie non potendo essi durare cadono e
rimangono a mezzo cammino. Perciocché
come potrebboiio gli iiomiui arare , editi-
care , navicare , se ad essi convenisse an-
cora quegli altri esercizj fare , che voi fa-
te? 0 come potremmo noi dare ad un tem-
po le leggi a' popoli e le poppe a' figliuoli,
e tra i loro (i) vagimenti le quisùoui delle
genti ascoltare ? o dentro a' termini dtììe
nostre case nelle piume e negli agi riposan-
do menare a tempo le gravose prcgiiczze,
e a cielo scoperto incontro agii assalitori
per difesa di noi e delle nostre cose col
ferro in mano e di ferro cimi discorrendo
guerreggiare? Che se noi uomini non pos-
siamo e i vostri ufficj e i nosti i abbracciare,
molto meno si dee dir di voi , che di mi-
nori forze sitte generalmente, che noi nou
siamo . Quesio vide la natura , o Donne :
questo ella da principio conoscea , e poten-
doci più agevolmente d'una maniera sola
formare, come gh alberi, quasi una noce
partendo, ci divise in due, e quivi nel-
l'una metà il nostro, e nell'altra il vostro
sesso fingendone ci mandò nel mondo in
quella guisa abili all'une fatiche e all'al-
tre, a voi quella parte assegnando che più
è alle vostre deboli spalle confacevole , e a
noi quell'altra soprappouendo, che dalle
(0 Vagimento è la voce de bambini in fasce , e'I verbo
^ Vagire , 0 guaire.
125 DEGM ASOLANI
nostre più forti meijlio [jliÒ essere che dalle
vostre portala , lutliivia eoa sì fatta legge
accotnaiidandoleci ^ e Ja dura n» cessila la
maniera mescola-ido per< ainendue loro,
che e a voi delia nostra , e a noi della
vnstja tornando uopo, l'uio non può fare
seoza l'altro , quasi due compagiu , che va-
dano a eaccia, de' quali l'uno i\ paniere e
l'altro il nappo rechi; che quantunque essi
camminando due cose portino l'uua dall'al-
tra sepaia«e, non [lerciò poi, quando tem-
po è da ricoverarsi, fanno essi ancora cosi
pure con la sua separatamente ciascuno;
anzi sotto ad alcuna ombra riposatisi amen-
due si pascono (i) vicendevolmente e di
quello del compagno e del loro. Così gli
uomini e le donne destinati a due diverse
bÌM)gne portare, entrano in questa faticosa
cac«'ia del vivere e peHoro natura tali , che
a ci.^^cun sesso di ciascuna delle bisogne fa
mesiiero , e così poco poderosi, che oltre alla
SUtt metà del carico nessun solo può essere
bastante , sic» ome L antiche donne di Len-
110 , e le guerreggevoli 4mazone con loro
grave dan o sentirono, che ne fer pruova:
le qn^tii mentre vollero e donne essere e
nomi li ad u i tempo , per quaiito (2) le f
loro bctli'e si stenderono , e 1' altrui sesso
(i) Vicend'volmente ^ vale a vccenda , scambievolmenle y
or l'uno or l'ultra.
(2) Le loro balie cioè le lor forze e possanze*
Libro IT. 127
affine recarono, e il loro. Perchè se a stato
alcuno venire , né in islato mantenersi né
gli uomini , né ie donne non possono gli
uni senza gli altri , né ha in se ciascun
sesso più che la metà di quello , che biso-
gno fa loro o al poter vivere , o al poter
venire alla vita , poiché non è il tutto
quello, siccome io dissi, che senza allret-
lanto star non può , ma é il mezzo sola-
menie , non so io vedere, o Donne , come
noi più che mezzi ci siamo , e voi altresì ,
e come voi la uostra metà, sicconii; noi la
vostra, uon vi siate, e infine come la fem-
mina e il maschio sieno altro, che uno in-
tero. E certo non pare egli a voi così sem-
plicemente risguardaudo ed estimando, che
i vostri mariti 1' una parte di voi medesi-
me portino sempre con esso loro ? Deh
non vi pare egli tuttavia , che da' vostri
cuori si diparta non so che , e finisca
negli loro , che sempre , dovunque essi
vadano , quasi catena , gli vi conginnga
con inseparabile compagnia ? Cosi è senza
fallo alcuno , essi sono la vostra metà , e
voi la loro , siccome io quella della mia
donna , ed essa la mia. La quale se io
amo , che amo per certo , e sempre ame-
rò , ma se io amo lei , e se ella me ama ,
non é tuttavia , che alcun di noi arai al-
trui, ma se stesso; e così avviene degli al-
tri amanti, e sempre avverrà. Ora per uou
far più lunga questa tenzonasse gli aman-
ti amando tra loro amano se stessi , essi
I 28 DEGLI ASOLANI
dt'ono poter fruiiv quello , che essi amano
senza diil)bio alrimo , se quello è vero ,
che tu argomejuavi , che fuire non si pos-
sa s(>lainerite deir altrui. E se essi possono
fruir quello , che essi amauo , poiché il
nou poter fruire è solo quello , che c'im-
{)assiona, non veggo io che ne segua quel-
a conchiusiore , che Ui ne traevi , che
Amore tenga 1* animo degli uomini solleci-
to , e , come ci dicesti , pei turbato. <,.otaIe
è il noilo , madonna Berenice , che voi
poco avanti , come io sciogliere poiessi ,
dubitavate ; colale è la tela di Ferotlino a
quel forte subbio , che \oì diceste , acco-
mandata , la qual nel vero a me pare che
più tosto una di quelle d' Aragne , che a
quella di Penelope stata conforme diie si
possa che sia. Ma non yier lutto ciò si
pente , o Donne , ne si ritiene in parte
alcuna raffrenando la tiascorrevole follia
de' suoi ragionamenti Ferottino ; anzi pure
per questo medesimo campo dell' animo
più (r) alla scapestrata » quasi morbido
giumento fuggendosi , con la lena delle
paiole vie più lunghi e più stolti discorri-
menti ne fa il suo male medesimo dilet-
tandolo. Ma siccome suole alcuna volta del
viandante avvenire , il quale alla scella di
due strade pervenuto, mentre e' si crede la
(t) Alla scapestrata f cioè alla sciolta y e libera: i
usato dal Boccaccio.
Libro II. r2q
sua pigliare , per quella che ad altre con-
trade il [>orta mc'iteii(lf\si , quanto egli più
al destinalo luogo s'affretta d'appressarsi,
tanto ))iù da esso camminando s'allontana;
così Perottino a dir d' Amore per le pas-
sioni dell' animo già entrato , mentre egli
si studia forse avvisando di giugnere al ve-
ro , quanto più s' affanna di ragionarne ,
tanto egli più per lo non diritto sentiero
avacciandosi si disparte e si discosta da lui.
La qual cosa quantunque con semplici
parole così essere vi potesse da ciascuno
assai apertamente venir dimostrata , nondi-
meno sì perchè alle segnate istorie di Pe-
rottino non pare disdicevole , che io uà
poco più partitaroente ne ragioni; e si
ancora perchè il così latlameute favellarne
alla materia è rirliit-sto , dove con vostro
piacer sia , alquanto più ordinatamente
parlando , cliente sia il suo erroie , ni' ac-
costerò di farvi chiaro. A questo risposto-
gli dalle belle donne , che tanto di loro
piacere era , quanto era di suo , e che
dove a lui non increscesse il favellare ,
comunque egli il facesse , a loro V ascol-
tarlo non rincrescerebbe giammai ; esso
cortesemente ringiaziatenele , e g'à atteso
da ciascuna , poiché egli ebbe il braccio
sinistro alquanto iaverso le attende iti don-
ne (r) sporto in fuori, preg indole che
(i) Sporto in. fuori y cioè nesso y o disteso fuori.
Bembo Voi, /. 9
l5o DEGLI ASOLANI
al!cntamenle V ascoltassero , perciocché do-
ve pocUe delle paiole , che egli a dire
avea , si perdesse , uiente gioverebbe l'aver
parlalo , del pugno , che xhiiiso era , due
diU forciitameiile levando in verso il cielo
cosi IncomlDciò e di^se : In due parti , o
Donne, diNidono l'atiimo nostro gli anti-
chi l'ilosofì ; nell'una pongono la ragione,
la quale con lemperalo passo movendosi
lo scorge per calle spedito e sicuro ; dal-
l'altra fanno le perturbazioni, con le qua-
li ISSO (i) tf.ivfilicando discorre per dirot-
tissimi e dubbiosissimi sentieri. E percioc-
ché ogni uomo quello , che bene pare ad,
esso che sia , e di tener disidera , e tenu-
to si rallegra di possedere ; e similmente
ninno é , vAw. il pendente male non solle-
citi , e pochi sono coloro , che il sopra ca-
duto non gravi; (2) quattro sono gli affet-.
ti dell'animo altresì, Di^iderio , Allegrez-
za, S( licciludine , e Dolore, de' quali due
dal bene o jjesenle o futuro, e due mede^
simamente dal male o avvenuto, o possi-
bile ad avvenire hatino oiigir)e e na.«>ci--
mento. Ma perciocché ed il desiderar del-
le co>e, dove coii sano consiglio si faccia ,
è sano , vlove da to- to appeiiio proced-i , è
dann^'SO ; ed il rallegrarsi no» è biasimalo
in alcuno, se non in quanto egli ha 1 ter-
(i) TraviiUcando y eoe trapassando,
i'^ì ^Jj^tù dell' animo quanti.
Libro li. i3r
mini del convenevole trapassali, e lo schi-
far de' mali, che avvenir possono, secondo
che noi o bene o male lemiamo , così egli
e di lodevole pig'ia qualità e di vituperoso;
quinci avviene , che questi tre affetti in
buoni e in i.on buoni dividendo, a quella
pnrte dell' animo , che con la ragione s'in-
via , danno J' onesto disiderio , l'onesta al-
legtezza , Tonesto temere; alTaltia gli stre-
mi loro, che sono il soverchio di>iderare ,
il soverchio i allegrarsi, la soveich.a paura.
Il quarto , che è de' mali presenti la ina-
ninconia , non dividono , come gli altri ,
ma perciò che dicono d' alcuna cosa , che
avvenga nella vita , il prudente e cosUmle
uomo né aftliggersi né attristarsi giammai,
e soverchio e vano sempre essere ogni do-
lore delle avvenute cose, questo solo affet-
to intero pongono nelle perturbazioni. Co-
sì avviene , che tre sono le sngge e rego-
late maniere degli affetti dell'animo, e
quattro le stolte ed intemperate. Oltre a
ciò perciocché certissima cosa è, che male
alcuno la natura far non può, e che sola-
mente buone sono le cose da lei proceden-
ti , le tre maniere siccome quelle che buone
sono, affermano negli uomini essere naiuiali
altresì ; le quattro dicono in noi fuoji dei
corso della natura aver liicgo , quelle ra-
gionevoli affetti secondo natu:a, quc^tt^ con-
tro natura disordinate per r.rb izioni chia-
mando e nominando. Sono dun(pi,j due ,
«iccome di sopra s' è detto , le strade del-
I§2 DEGLI ÀSOLANI
l'animo, o Doiiue ; T una della ragione,
per la quale ogni naturale movimento s'in-
cammina ; r altra delle perturbazioni , per
cui hanno i non naturali a' loro fraboc-
caroenli la via. Ora non credo io, che voi
crediate , che alruii non naturale movi-
mento possa con la ragione dimorare, per-
ciocché dimorando con esso hi bisognereb-
be che egli fosse naturale ; ma naturale
come può esser cosa , che naturale non
sia ? TNè è da dire altresì , che affetto al-
cuno naturale si mescoli nelle perluìbazio-
ni , conciossiacosaché mescolandosi tra lo-
ro , gli bisognerebbe essere non naturale ;
ma naturale , e non naturale per certo
ninna cosa essere può? e giammai. Divise
adunque le passioni dell'animo, e tratta-
te nella maniera che udito avete , recate-
■vi questo sovente per la memoria . che
affetto naturale alcuno non può negli
animi nostri con le perturbazioni aver
luogo . Ora ritorniamo a Perottino , il
quale pose Amore nelle pei turbaaioni, e ra-
gioniamo così : che se amore è cosa, che
contro natuia ^enga in noi, non può altro-
ve essere il cattivello, che dove l'ha posto
Perr.ttiuo. Ma se egli pure è affetto agli
animi nostri donato dalla natura, siccome
cosa , a cui buona conviene essere altresì ,
con 1& natura camminando non potrà ia
maniera alcuna nelle pertuibazioni ree e
negli affetti dell'animo sinistri e orgogliosi
trapassare. Ora che vi voglio io, avvedute
Libro li. i93
Giovani, o pure che vi debbo io più olire
dire? Bisogtia egli che io vi dimostri, cbe
naturale è l'amo re ia noi? Questo si fé' pur
dianzi , qviando noi dell' amore, che a' padri,
a' figliuoli , a' congiunti, agli amici si porta,
ragionavamo. Senza che io mi credo, che
noi pur voi, «he donne siete, anzi ancora
quc-ti allori medesimi che ci ascoltano , se
essi parlar potessero, ne darebbono testimo-
nianza Di poco avea così detto Gismondo ,
quando Lavinello , il quale lungamente s'era
taciuto , con queste parole gli si fé' incontro:
Cattivi testimoni aresti trovalo, Gismondo ,
se questi allori parlas'^ero , a quello, che tu
intendi di provarci . Perciocché se essi ri-
tratto fanno al primo loro pedale, siccome,
è natura delle piante, essi non amarono
giammai. Perciocché non amò altresì quella
Donna, che primieramente die al tronco
forma , del quale questi tutti sono rampol-
li, se quello vero è, che se ne scrive. Male
stimi, Lavinello, e male congiugni le cose
da natura separate, rispose incontanente
Gismondo. Perciocché questi Allori bene
fanno ritialto al primo loro pedale, sicco-
me tu di', ma non alla donna, la quale se
atessa lasciò, quando ella primieramente la
buccia di lui prese. Questi, come anche
quello fece, amano , e sono amali altresì ,
essi 1.» terra, e la terra loro, e di tale amor
pregfìi partoriscono al lor tempo ora (i)
(0 Talli , cioè rampolli. M. Cino uti T»He.
I 34 DEGLI ASOLANI
talli, ora (i) orbacche, orri fiondi, secondoF
che espo, da cui lutti nacquero, partoriva,
riè mai ha fine il loro amore , se no>ì in-
sieme con la lor vita ; il che volesse Iddio,
che fosse ne«li uomini, che Perottino noa
arebhe forse ora cagion di ]iiag ere cosi
amaiameiite, come c£;li fa vie più spesso,
che io non vorrei. Ma la donna non amò
già essendo amata , siccome tu ragioni , la
qua] cosa peiciocchè fu contro naiuia,
forse meritò ella di divenir tronco , come
si "-crive . E certo che altro è lasciando le
membra umane albero e legno farsi , che
gli affetti naturali abbandonando molli e
dolcissimi prendere i non naturali , che so-
no così asperi e così duri? Che se questi
allori parlassero, e le nostre parole avessero
intese, a me giova di credere , <he noi ora
udiremmo, che essi non vorrebbouo tornare
lìoraini , poiché noi co »tro la natura mede-
sima operiamo , la qual cosa non avviene
in loro, co ì che essi buoni testimoni non
fossero , Lavi'ello, a quello, «he io ti ragio-
no E aduiKjue , né bisogna che io ne que-
stioni, o Donne, naturale affv-ito degli ani-
mi nostri (2) Amore , e per questo di ne-
cess'ià è buo'io e ragionevole e temperato.
O 'de quante volte avviene, che l'affetto
de' nostri animi non è temperato, tante
(O Orbacche son le coccole dell' , llnro.
(2) Amare qf/ette naturale degli animi nvitrif
Libro IT. i35
volte non solamente tagionevole né buono
è più, ma ej^Yì di necessità aicora non è
Amoi'e. Udite voi ciò» che io dico ? Vedete
voi a che parte la paura e semplice verità
m' ha portato ? Che dunque è , potresterai
voi dire, se egli non è Amore? ha egli
nome alcuno? sì bcie , che egli n'ha, e
molti, e per avventura quelli stesisi , che
Perol ti iO quasi nel principio de'su'^i sermo-
ni gli die pure di questo medesimo ragio-
nando quello , che egli d'Amor si credea
favellare, fuoco, furore, miseria, infelicità,
e oltre a questi se io porre ne gli po'^so
uno, egli si può più acconciamente, che al-
tro, chiamale ogni m:de ; perciocché in
Amore , siccome poco appresso vi fie mani-
festo, ogni bene si rinchiude. Che vi pos-
so io dire più avanti? INè v'ingannino que-
ste semplici voci, o Donne, che senza fati-
ca escono di boccf* altrui, d'amore, d'amante,
d'innaiTiorato. che voi crediate che incon-
tanente amor sia tutto quello, che è detto
amore; e lutti sieno amanti quelli , che per
ama iti sono tenuti e per innamorati . Questi
nomi piglia ciascuno per lo più co' primi
disii, i quali esser possono non meno tem-
perali, che altramente; e così presi, co-
munque poi vada l'opera, esso pure se gli
ritiene ajutato dalla sciocca e (i) bamba
( • ) Bamba , cioè vana , senza fondamento y e da bam-
hirto, Boe,
l86 DEGLI ÀSOLÀNI
opinione degli nomini , che senza di'^crczion
fare alciioa con diverse appellazioni alle
diverse operazion loro, così chiamano aman-
ti quelli, che male hanno disposti gli alTet-
li (ieir animo loro nelle disiderale cose e
cercate, come qnelli che gli han bene. Ahi
come agevolmente s' ingannano le anime
cattivelle d( gli nominile quanto è leggiera
e folle la falsa e misera credenza de' morta-
li. Perottino , tu non ami. INon è amore,
Peroltii'O, il tuo: cmhia sei d'amante, più
tosto che amante, Perottino. Perciocché se
tu amassi , temperato sarebbe il tuo amore;
ed essendo egli temperato, uè di cosa, che
avvenuta ne sia, ti dorresti, né quello,
che per te avere non si può, disidereresli tu
o cercheresti giammai. Perciocché oltre che
soverchio e vano é sempre il dolore per se,
stoltissima cosa è, e fuori d'ogni misura
stemperata , quello che avere non si possa,
pur come se egli aveisi potesse, andare tut-
tavia disiderando e cercando: la qual follia
volendo significarci i poeti , fecero i giganti,
che s'argomentassero di pigliare il cielo, guer-
reggianti con gì' Iddii , a cui essi non erano
haslanli. Che se la fortuna l'ha della tua cara
donua spoglialo , dove tu amante di lei VO"
glia essere, poscia che altro fare non se ne
può, non la desiderare , e quello che per-
duto vedi essere , tieni altresì per perduto.
Amala semplicemente e puramente, sicco-
me amare si ])ossono molte cose , come
che daveile ninna speranza ne sia. Ain*
Libro li. 187
le sue bellezze , delle quali tanto ti mara-
vigliasti già, e lodaslile volentieri ; e dove il
vederle con gli occhi ti sia tolto, contenta-
li di rimirarle col pensiero, il che niuno
li può vietare. E in fine ama di lei quello,
che oggi poco s'ama ntl mondo , mercè del
vizio, che ogni buon costume U^ discaccia-
to, l'onestà dico, sommo e spezialissimo te-
soro di ciascuna savia , la qual sempre ci
dee esser cara, e tanto più ancora maggior-
mente , quanto più care ci sono le donne
amate da noi ; siccome io m' ingegnai di
fare già, che ella fosse a me cara nella
persona della mia donna non men di
quello, che la sua bellezza m'era graziosa;
quantunque ne primi miei rlisii , siccome
veggiamo tutto dì a' cavalli non usati essere
la sella e il freno, ella dura e gravetta mi
fosse alquanto ncH' animo a sopportare . Di
che io allora ne feci in testimo;.io questa
canzone : La quale tanto più volentieri vi
sporrò, graziose giovani, quanto a voi, che
non meno O'iesie sete cbe belle, ella più
che alcune dell'altre già dette s'accon-
vicne .
Sì riibella d^ Amor ^ né sì fugace
Non presse erba col piede ;
Né mosse fronda jfiai ninfa con mano ;
Né treccia di fin oro aperse al vento ;
Ne'n drappo schietto care meìnhra accolse
Donna sì vaga e bella '^ come questa
Dolce nemica nùa.
l38 BEGLI ASOLACI
Q^Lieì^ che nel mondo, e pia cK altro mi spiace,
lìarle i^oìte si lede^
Fanno in costei pur sovrdl corso umano
Bellezza e castità dolce concento :
JJunu mi prese il cor^ come Amor volse;
Li" altra l impiaga sì leggiera e presta ,
CK ci la sua doglia oblia.
Sola in disparte^ OT>ogni oltraggio ha pace.
Uosa o giglio non siede;
Che Vù Ima non gii assembri a mano a mano
Avvezza nel desio , dì io serro drunlo ,
C^uel vago fior ^ cui par uom mai non colse'.
Cosi r appaga , e parte la ?n< desta
Secura leggiadria.
Caro Armellin , eli innocente si giace ,
Vedendo , al cor mi rie de
Quel li d<4 suo pensier gentile e strano
Bianchezza., in cui mirar mai non mi pento.
Sì novamente rne da me disciolse
l,a vera maga mia , che di rubcsta
Cangia ogni 'Doglia in pia.
£el fiume allor , ch'ogni ghiaccio si sface,
Tanta falda non diede ,
Quanta spande dal ciglio altero e piano
Dolcezza , che può far altrui conlento ,
E se dui dritto corso uncjua non tolse :
Ne mai s^ inlaga mar senza tempesta , >
Che si tranquillo sia.
Come si spegne poco accesa face ,
Se gran vento la fu- de ;
Similemente ogni ]dacer men sano
Vaghezza in lei sol d^ onestate ha spento,
O fortunato il velo , in cui s\rv volse
Libro ti. i3g
L"* anima saf^a ^ e lei^ cJiogni altra vesta
liJen le si convenìa.
Questa sita per altro a me non piace ,
Che per lei . sua mercede ,
Per cui sola dal vuliio ni allontano:
o
Cli avvezza Calma a gir là 'v' io In sento ,
Sì eli fUa altrove mai orma non volse ^
E più j* invaga , quanto men j' arresta ,
Per la solinga via.
Dolce desti n , che cosi gir la face ;
Dolci del mio cor prede;
Cli altrui sì presso ^ a me'' l fan sì lontano'.
asprezza dolce ^ e mio dolce tormento ^
Dolce nìiracol che i>eder ntn siiolse :
Dolce ogni piaga ^ che per voi nd resta
Beata compagnia.
Quanto ^mor vaga^ par hcltate onesta
Né fu giammai , né fia.
Ora perciocché da ritornare è là , on-
de ci dipartimmo, quinci comprender po-
tete , Donne , e qnale sia V enore di Pe-
rotllno, e dove «gli Tlia prc^o. Po»cioccliè
dr>vei'do e£;li m^Hersi per quella via dell'a-
nimo , che ad Amor lo scorgesse nel fa-
vellare , egli cifrando per altro sentiero
alla contraria regione è perveiiuto : per lo
quale camminando in qu die tante noje si
venne i'ìcoatralo. In ([uelle pene, in que'
giorni tristi , in quelle notli così doiorose,
in quegli scorni , in quelle gelo'^le , in co-
loro die uccidono altrui, e talora per av-
ventura se stessi, iu que'Melil, in que'Ti-
140 DEGLI ASOLÀNI
Zj » in que' Tantali , in ({iielll Isioni : tra''
qiinli iillimumenle , quasi come se egli
nell'acqua chiara guatato avesse, egli vide
se slesso , ma non si ricont)bbe bene : che
altramente si sarebbe doluto , e vìe più
vere lagrime arebhe mandate per gli occhi
fuora , che egli non fece. Perciocché cre-
dendo se essere amante e innamoralo ,
mentre egli pure nella sua donna s'incon-
tra immagiiiando, egli è un solitaiio cervo
divenuto, che più a guisa d'Atleone i suoi
pensieri medesimi , quasi suoi veltri , van-
no sciaguratamente lacerando: i quali egli
più tosto cerca di pascere, che di fuggire,
vago di terminare innanzi tempo la sua
vita , poco mostrando di conoscer quanto
sia meglio il vivere , comunque ali ri viva ,
che il morire ; quasi come se esso oggimai
sazio del mondo ninno allro frutto aspet-
tasse viiù di cogliere per lo innanzi degli
anni suoi , i quali non rianno appena in-
cominciato a mandar fuora i lor fiori. Che
quantunque così (i) smaghino la costui
giovanezza , Donne , e così guauino le la-
grime , come voi vedete ; non perciò ven-
ne egli prima di me nel mondo : il quale
pure olire a tanti anni non ho var(-ati ,
quanti sarebbono i giorni del miiiorraese.
Se egli di due ancora fosse minore , che
(1) Smaghino , cioè affascinino , affatturino ^ facciano
parer secchia la costui giovanezza.
l
Libro li. 141
C"H noa è. E cotestui , come se e»li al
ceiilinajo s'appressasse, a guisa clegl infer-
mi perduti , chiama sovente , chi di que-
ste contrade levandolo in altri paesi nel
rechi , forse avvisandosi per mutare aria
di risanare. 0 sciagurato Peroltino , e ve-
ramente sciagurato , poi che tu stesso ti
vai la tua disavventura procacciando , e
non conlento della tua, cerchi di teco far
miseri iusiemeraente tutti gli uomini. Per-
ciocché tutti gli uomini amano , e necessa-
riamente ciascuno. Che se gli amanti sem-
re accompagnano quegli appetiti così tra-
occhevoli, quelle allegrezze così dolorose,
quelle così triste forme di paura , quelle
cotante angosce , che tu di' , senza fallo
non solamente tuui gli uomini fai miseri ,
ma la miseria medesima constrigni ad esse-
re per se stesso ciascui uomo, faccio le
pene di quelle maraviglie così Bere del tuo
iddio , che tu ci raccontasti : le quali noa
che a frtr la vita degli uomini bastassero
trista e cattiva , ma di meno assai gl'infer-
ni tutti n' averebbono e tutti gli abissi di
soverchio. O istoilo , quanto sarebbe me-
glio por (lue og'j^imai alla non profittevole
manincO:ìia, che og'ii giorno andare meno
giovevole rammarichio rincominciando, ed
alla tua salvezza dar riparo , mentre ella
sostiene di riceverlo , che ostinatamente
alla tua perdezza trovar via , e pensare
che la natura non ti dia al mondo perchè
tu stesso ti venissi cagiou di tortene , che
142 DEGLI ISOLANI
tra queste lamenlauze favolose vaneggiane
(lo e quasi al vento cozza 1 do dal ve 10 sen-
tirne to e dalla tua salute medesima farti
lontano. Ma lasciamo ogi;imai da raxto eoa
le su»' menzogne Perottino , il quale jeri
dal mollo dolor sospinto, e m 'Ito d' Amor
lamentandosi alquanto più lu: ga m'ha oggi
fat.a tenere questa parte della risposta , che
io voluto non avrei ; né siamo noi così stolti.
Donne, che crediamo il dolore altro e:he
da amore non essere, che pure parte alcu-
na non ha con Ini ; o che pensiamo , che
amare non si possa senza amaro , il qual
sa])ore per niente negli amorosi condimeuti
non può aver luogo. E poscia che l'arme
di Perottino, le quali egli contro Amore
con sì fellone animo (i) impalmate s'avea,
neir alimi scudo, siccome quelle che di
piombo erano, si sono rintuzzate agevol-
mente; veggiajiiO ora, quali sono quelle,
che Amoie porge a chiunque si mette in
campo per lui , come che Perottino si cre-
desse jeri, ih' a me non rimanesse che
pigliare. Quaiitnique io né tutte le mi cre-
da poter prendere ; che di troppo mi ter-
rei da ])iù , che io non sono; né se io pure
il potessi, mi hasterehbe egli il dì tutto
intero a ciò fare , non che questo poco
(1) Impalmate^ cioè prese in mano , e fra le palme.
Altre volte Impalmire significa dar la mano ^ e la Jei« Ài
sposare una . Leggi la Fabbrica da me regista.
Libro IT. 143
d'ora meiigglana , che m'è data. Tuttavia
dove egli non fosse, dilettose Giovani, che
voi volente, che io alcun' altra cosa ancora
ne sopra ragionassi alle raccontate . Di nul-
la vogliamo ritenerti , rispose mado ^na Be-
renice prima del volere delle compagae
raccertatasi, ne crediamo che f.tccia luoi-o
ali resi. Ed a noi si fa tardi, che quello.
I • • • I •! • ». '
che tu lucouiHKi ndo il ragionare ci pro-
mettesti, si fornisca. Ma tu per avventura
non l'aff iettare. Perciocché come a te j)3Ja
d'avere già assai lungamente favellato , se
al sole guaiolerai, il (enipo ihe t'avanza è
mol'o ii'fino alle frtSrhHore. è te ne dei
maravii.liare, pt-rtiocchè più per tempo ci
venimmo og^i qui , clic noi non IVmmo
jeri . Seiiza che qua sdo bene j.iù alquamo
ci dimorassimo , sì il potremmo noi fare-,
peiciocohè il festcgg'r ve non ii.cominciò a
pezza jeri a quello, che noi crt-devamo ,
quando di qui ci levammo con voi. Perchè
sicuramente, Gismr-ndo, a tuo grandissimo
agio potrai ancora di ciò, che più di dire
t'aggraderà, lungamente ragionare. 11 gio-
vane , al qurile erano le parole della donna
piaciute , siccome quegli , che tuttavia in-
cominciava mezzo seco stesso venir temendo,
non dalla strettezza del tempo fosse a' suoi
ragionamenti poca ampiezza conceduta; ve-
duto per l'ombre che gli allori facevano,
che così era , come ella diceva , e sperando
di quivi più lunga dimora poter fare, che
fatto il giorno passato non aveauo ; conlento
I44 DEGLI ASOLAMI
già era per seguitare : Ed ecco dal monte
venir due colombe volando bianchissime
più che neve, le quali (i) di fillo sopra i
capi della lieta brigata il lor volo ratletien-
do srnza punto spaventarsi si posero Tuna
appresso l'altra iti su l'orlo della bella fon-
tana : dove per alquanto spazio dimorate,
mormorando e baciandosi amorosamente
stettero non senza festa dille donne e de i
giovani, che tutti chi ti le miravano con
maraviglia. E poi chi iato i becchi nelT ac-
qua cominciarono a bere , e di questo a
bagnai si si dlmesticamente in presenza d'o-
gnuno, che alle donne pareano pure là
più dolce cosa del mondo e la più vezzosa.
E menire che elle cosi si bagnavano fuori
d'ogni temenza sicure, una rapace aquila di
non so onde scesa giù (ìì) a piombo prima
quasi , che alcuno avveduto se ne fosse ,
preso l'nna con gli artigli ne la portò via.
L'altra per la paura (3) schiamazzatasi nel-
la fonte, e quasi dentro perdutane, pure
alla line riavutasi, e malagevolmente usci-
ta fuori , sbigottita e debole , e tutta del
guazzo grave, sopra i visi della riguardante
(i) Di fitto ^ cioè a dirittura. Boc, Di Jìtto merìg-
gio cioè ijuaiido il Sole più a dirittura a metzo dì per-
cuote.
(2) A piombo , cioè a dirittura piombando , come se
da alto al basso Cadesse piombo
(3) Schiamaizatati , cioè con grida e strepito tu/"
fatasi ,
Libro 11. I45
compagnia il meglio che poteva b.itteado
Tali tutti spruzzandogli lentamente s'andò con
Dio. Avea tralltte le compassionevoli donne
la subita presura della colombi e fu il ro«
more tra lor grande di cosi fatto accideu-
te, ne poteano ritìnare di maravigliarsi,
come quella innocente uccella fosse di mezzo
tutti loro cosi sciaguramente stata ra[)ita ,
la maladetla Aquila mille volte e più per
ciascuiia bestemmiandosi , non senzu ram-
marico de' giovani altresì , e tra lor tutti
mescolatameite chi della sciagura dell' una
e chi dello spaveato dell'altra, e chi della
vaghezza d'ambedue e della loro dimesti-
chezza ragionava; ed ebbevi di quelli, che
pili altamente estimando vollo.io credere,
che ciò che veduto aveano , a caso non fosse
avvenuto. Quiado Gismoudo , poscia che
vide le donne racchelae, incominciò. Se
la nostra colomba fosse ora dalla sua rapi-
trice in quella guisa portata, nella qiule fu
già il vago Ganimede dalla sua, essere po-
trebbe meii discaro alia sui compagna d'a-
verla perduta , e noi a torto aremmo la
fiera aquila biasimata, di cui cotanto ram-
maricati ci siamo. Ora perciocché il dolerci
più oltra in quelle cose, che per noi am-
mendar no'i si possono, è opera senza fal-
j lo perduta; queste nostre doglianze con
' quelle di Perotlino dimenticando, nella bon-
tà d'Amore, per venire oggìmti alle prò -
' m.esse , che io vi feci, entriamo. Allora
I Lisa , prima che egli andasse più avanti,
Bembo Voi, /. io
j46 degli asolani
tutta |)iena di dolce \erzo, più per tenlar-
lo che per altro: a mal tempo, disse, lasci
tu GÌsuio'.kIo i tuoi lagioiiamenti primieri,
dopo il caso, che ci h.i ora tutti tenuti
sospesi, las(ùai)donegU. Perciocché se dolore
è questo, che noi sentiamo, d'avere in pie
alla sua nimica la nostra misera bestiuola
■veduti; e amore quell'altro, che d^lla sua
vaghezza n'avea ]>resi; assai pare che ne
se^ua chiaro, che insieme e amare e dolere
ci possiamo; e potrassi qui contra te dir
quello , che si dice tutto di ; che di gran
lupga il ])iù delle volte sono dal fatto le
parole lontane. Quivi Gismondo verso le
donne sorridendo disse ; vedete argomento
di costei . Ma non sei però tu per levarmi
la verilà di mano. Lisa , cosi agevolmente,
come la nostra semplice colomba l'aquila
di te4è fece; che io ne la difenderò. Tut-
tavnha lu mi ritorni in quelle siepi, delle
quali n'eravamo usciti pur dianzi, quando
io ti conchiusi che del perdere delle cose,
che noi amiamo, non è amore, che di loro
va^^hi ci fa, ma la fortuna^ che ce ne spo-
glia , cagione. Perchè e amare e dolere^
come tu di', bene ci possiamo ; ma dolerci
per cagion d'Amore non possiamo. Ultra
che l'amore, che tra le passioni dell'animo
si mescola , non è amore , come che egli
sia detto amore, e per amore tenuto dalle
più genti. Perchè non sono io per dispo-
sto di più oltra distendermi da capo nelle
già diittc ragioni d' intorno a questo fatto,
LlBR.O li. 147
o ia simili, di quello che allora mi stesi ;
come che io molte ve n'avessi dell'altre.
Elle assai esser li possono bastanti, dove tu
per avveutLira in su l'ostinarti non ti met-
tessi; il che suole tuttavia essere alle volte
difetto nelle belle donne non altrajaente ,
che. so2:lia essere ne' be' cavalli il restio. Se
D ...
solamente ne' be' cavalli, rispose Lisa tutta
nel viso divenuta vermiglia, cadesse Gism ju-
do il restìo, io, che bella non souo , ed
era tuttavia bella, come un bel fiore, mi
crederei dover potere ora parlare a m.io
senno, senza che tu per ostinata m'avessi.
Ma perciocché ancora ne' mal fatti cotesto
vizio e più spesso per avventura, che negli
altri, suole capere, sicuramente tu hai tro-
vata la via da farmi oggi star cheta , ma
io te ne pagherò ancora . Poscia che tra dì
queste parole , e d'altre , e del rossor di
Lisa si fu alquanto riso fra la lieta compa-
gnia, Gismondo tutti gli altri ragionamenti,
che sviare il potessero, troncati , dirittamen-
te a' suoi ne venne in questa maniera. La
bontà d'Amore, o Donne, della quale io
ora ho a ragionarvi, è senza fallo infinita:
né perchè se nequistioni^ si dimostra ella
a£;li ascoltanti tutta ciammai . Nondimeno
quello , che scorgere favellando se ne può,
cosi più agevolmente si potrà comprendere,
se noi quanto ella giovi , e quanto ella di-
letti, ragioneremo, conciossiacosaché tanto
ogni fonte é maggiore , quanto maggiori
sono i fiumi, che ne dirivano. Dico adunque
148 DEGLI ASOLANI
dal giovamento incomiiiciando, che senza
fallo tanto ogi)i cosa è più (i) giovevole,
quanto ella di più beni e causa e di più
lUJiggiori . Ma perciocché' non di molti e
grandissimi solamente , ma di lutti i beni
ancora , quanti unque se ne fanno sotto '1
cielo , è causa ed origine Amore , si dee
credere che egli giovevole sia sopra tutte le
altre cose giovevoli del mondo, lo stimo ,
che a voi sembri, giudiciose mie Donne,
che io troppo ampiamente incominci a dir
d'Amore, e facciagli troppo gran capo,
quasi come se porre sopra le spalle d'un
mezzano uomo la testa d'Atalante volessi.
Ma io nel vero parlo , quanto si dee , e
niente per avventura più. Perciocché po-
nete mente d'ogni intorno, belle giovani, e
mirate quanto capevole è il mondo, quan-
te maniere di viventi rose , e quanto di-
verse sono in lui. JNiuna ce ne nasce tra
tante, la quale d'Amor non abbia, siccome
da primo e santissimo padre, suo princi-
pio e nascimento. Perciocché se amore due
separati corpi non congiugnesse atti a ge-
nerar lor simili , non ci se ne generereb-
be , né ce ne nascerebbe mai alcuna. Che
quantunque per viva forza comporre in-
sieme si potessero e collegar due viventi
polenti alla generazione , pure se amore
non vi si mescola , e gli animi d'amendue
(i) Quali, siano le cose mi.'gsiornicnte f^iovevoU>
I
Libro IL 14^
a uno stesso volere non dispone , eglino
potiebbono così starsi mill' anni , ohe e>si
non genererebbono giammai. Sono per le
mobìli acque nel loro Jempo i pesci maschi
seguitali dalle bramose femmine , ed essi
loro SI concedono voghosamente , e così
danno modo medesimamente volendo (j)
alla propagazione della spezie loro. Se-
^uonsi per l'ampio aere i vaghi uccelli
l' un r altro. Seguonsi per le nasconde-
voli selve e per le loro dimore le voglio-
se fiere similmente. E con una legge me-
desima eternano la lor brieve vita tutti
amando tra loro. INè pure gli animanti soli,
clie hanno il senso, senza amore venire a
stato non possono ne a vita , ma tutte le
selve degli alberi piede né forala non han-
no ne alcuna qualità senza lui. Che , come
io dissi di questi allori , se gli alberi la
terra non amassero , e la terra loro , ad
essi £;ià non verrebbe fatto in maniera al-
cuna il potere (z) impedalarsi e (3) rin-
verzire. E queste erbuccie stesse , che noi
tuttavia sedendo premiamo , e questi fiori,
non arebbono nascendo il lor suolo cosi
Tago , come egli è , e cosi verdeggiante ren-
duto , forse per darci ora più bel tapcto
V (1) Alla propagazione , cioè alV accreteimento , all'ani*
Jtliazione.
(2) Jmpedalarsi , cioè far pedale,
(3) Rinftrzire y eieè tornar verde.
loO PEGtT ASOLAnT
di loro , se naiiiialissiino amore i lor semi
e le lor 1. odici non avesse col terreno ccn-
ciiiTife in uiaiiitia, che elleno da lui tem-
perato ninore desiderando ^ ed esso voloti-
laiian.ente porgerdo^licle , si fossero insie-
me al generare accoidati disici erosamente
l'uno l'allro abbracciando. Ma che dico io
qnesli fiori , o queste erbe ? Cerio se i no-
stri eenilori amali Ira lor non si fossero ,
noi non saremmo ora qui, ne pure altro-
ve , ed io al moiido \enulo non sarei ,
siccome io sono, se non per altro, alme-
no per difendere oggi il nostro non col-
pevole Amore dalle fiere calunnie di Pe-
ro', tino. INè pure il nascere solamente dà
agli uomini Amore , o donne , che è il
primo essere e la ])iima vita , ma la se-
conda ancora dora loro medesimamente :
né so se io mi dico che ella sia pure la
primiera ; e ciò è il bene essere e la buo-
na vita , senza la quale per avventura van-
taggio sarebbe il non nascere , o almeno
lo iiicontanevte nati morire. Perciocché
ancora errercbbooo gli uomini , siccome
ci disse Perottino che essi da prima face-
vano , per li monti e per le selve ignudi
e pilosi e salvatlchi a guisa di fiere , senza
tetto, senza conversazione d'uomo, senza
dimestichevole costume alcuno , se Amore
non gli avesse inierae raunando di comu-
ne vita posti in pensiero. Per la qual cosa
ne' loro desiderj alle prime voci la lin-
Libro IL iHr
:ina (r) snodando lasciato lo stridere, alle
parole diedero cominciameuto. T^è ignari
ragionarono Ira loro , che essi gli abilati
tronchi degli alberi e le jigiJe s[)eliiì)che
subitamente dannate, dirizz;iroi)0 le capan-
ne , e le dure ghiande trala'Jciando , cac-
ciarono le compagne tìcre. Crebbe poi a
poco a poco Amore ne' primi uomini in-
sieme col nuovo mondo, e crescendo egli
crebbero l'arti con lui. Allora primiera-
mente i consapevoli padri conobbero i lo-
ro figliuoli dagli altrui : e gli cresciuti fi-
gliuoli salutarono i padri loro , e sotto il
dolce giogo della moglie e del marito n'an-
darono santamente gli uomini legati eoa
la vergognosa onestà. Allora le ville di
nuove case s'empierono , e le città si cin-
sero di difendevole muro, ed i lodati co-
stumi s'armarono di ferme leggi. Allora il
santo nome della riverenda amicizia , il
quale onde nasca per se stesso si dichiara,
incominciò a seminarsi per la già dimesti-
cata terra , e indi germogliando e crescen-
do , a spargerla di così soavi fiori , e di si
dolci frutti coronamela , clie ancora se ne
tien vago il mondo : come che poi di tem-
po in tempo tralignando a (jj) questo no-
stro maligno secolo il vero odore antico e
(i) Sni*dnndn , cioè sciogliendo il nodo.
(a'» T'-filignando , cioè des;enfrandn , non seguendo la
via diritta de nostri maggiori II contrario è Allignare ^
eh' è usalo più. abbasso in questo.
j52 DECtI ÀSOLANI
la prima pura dolt t zza non sia passata, la
que' lempi nacquero quelle donne , che
nelle fianìme de' lor morii mariti animosa-
mente salirono, e la non mai bastevol-
mente lodala Alceste : e quelle coppie si
trr^varono di compagni co.nÌ fide e così ca-
re; e dinanzi a i^li occhi della fiera Dia-
na fra Pilade ed 0>esie fu la magnanima
e bella contesa. In que' tempi ebbeio le
sacie lettere principio, e gli amanti accesi
alle lor donne cantaroiìo i primi versi. Ma
che vi ve io di queste cose leggiere e deboli
alle ponderose forze d'Amrre lungamente
ragionando? Questa macchina istessa cosi
grande e così bella del mondo , che noi
con l'animo più compiutamente , che con
gli occhi vediamo , nella quale ogni cosa
è compresa, se d'Amore non fosse piena,
che la tiene con la sua medesima discoi'-
devole catena legata , ella non durerebbe
ne avrebbe lungo stato giammai. E adun-
que. Donne , siccome voi vedete , cagion di
tutte le cose Amore ; il che essendo egli ,
di necessità bisogna dire , che egli sia al-
tresì di tutti i beni, che per tutte le cose
si fanno , cagione. E perciocché , come io
dissi , colui è più giovevole , che è di più
beni causa e di più maggiori , conchiudere
oggimai potete voi slesse , che giovevolissi-
mo è Amore sopra tutte le giovevolissime
cose. Ora parli efili, Perottino , che a me
non sia rimaso che pigliare? o pure che "
non sia rimasa cosa, la quale io presa non
Libro IT. i53
fli^bìa ? Quivi pillila clic altro si dicesse,
tia|j ostasi inndcnna Berenice, e con la sua
siiiislia mano la deslra di Lisa , che presso
le sedea (i\ sirocchievol mente prendendo
e slrii^ner.do, ccn-e se ajutar di non so
che la volesse , a Gismoiido si rivolse bal-
danzosa, e sì gli disse: Poscia che tu Gis-
mondo cosi bene dianzi ci sapesti mordere,
che Lisa Oi^giuiai più tcco avere a fare noa
vuole, e per avventura clie tu a questo fine
il facesti, acciocché meno di noja ti fosse
data da noi , ed io pigliar la voglio per la
mia compagna , come che tuttavia poco
maestra (2) battagliera mi sia. ]Nfa così ti
dico , che se Amore è cagione di tutte le
cose , come tu ci di', e che per questo ne
segua che egli sia di tutti i beni , che per
tutte le cose si fanno, cagione, perchè noa
ci di' tu ancora, che egli cagion sia me-
desimamente di lutti i mali, che si fanno
per loro? la qual cosa di necessità convie-
ne essere , se il tuo argomentare dee aver
luogo. Che se il dire delle orazioni , che io
so, dee essere scritto ad Amore perciò,
che per Amore io sou nata , il male me-
desimamente , che io dico , dee essere a lui
portato , perciocché se io non fossi nata ,
non nel direi. E così deeli altri uomini e
dell'altre cose tutte ti posso conchiudere
(i) Sirocchievnlmente ^ cioè da sirocchia.
(z) Battagliera , cioè guerriera , combattenti.
1^4 DKGLT A SOL ANI
uinialmPDfe. Ora se niiiore non è meno ori
cine fVi liiltl i roali , (.he egli sia di tutti i
hini fo?;danìei)to , per questa laf^lonenon so
io vedere, elle egli eosì nocevolissimo , co-
me glovevolivssirao non sia. SI sapete, sì
Madonna, che io mi cieda, rispose in-
contanente Gìsmondo. Perciocché non vi
sento di così (i) lahole memoria , che
cgh vi dehha f^ià essere di niente uscito
quello , che io pur ora vi ragionai. Ma voi
ne volete la vostra compagna vendicare
di cosa , in che io ofttsa non l' ho , in
quelle dispute medesime, delle quali n'era-
vamo usciti , altresì come ella ritornando-
mi. Perciocché non vi ricorda egli, che io
dissi , che perciò che ogni cosa naturale è
buona , Am(»re , come quello che naturai
cosa è, buono eziandio è sempre , né può
reo essere in .'dcuna maniera giam.mai ?
Perchè egli del bene, che voi fate, è ben
Citgionc , siccome colui , che ])er ben fare
solamente vi mise nel mondo : ma del
male, se voi ne fate, che io non credo
perciò , ad alcun disordinato e non natu--
rale appetito, che muove in voi, la colpa]
ne date , e non ad Amore. Questa viia ,
che noi viviamo, alfine che noi bene ope-
riamo c'è data, e non perchè male facen-
do la usiamo : come II coltello , che alle
bisogne degli uomini fa l'artefice, e dallo
^i) Lahole vai debile.
Libro IT. iK5
alimi: se voi ad uccidere nomini usarle il
Tcstro, ed io il mio, a noi ne veneLhe la
colpa , siccome del misfallo commetiilori ,
non air artefice, che il ferro del commes-
so male islriimento ad alcun mal fine non
fece. Ma passiamo , se \i piace , alla dol-
cezza d'Amore. Quantunque, o Donne, gran-
dissimo incarico è questo per certo, a vo-
lere con parole a^seguire la dimostrazione
di quella cosa, che quale sia e quanta, si
sente più agevolmente , che non si dice.
Perciocché siccome il dipintore bene potrà
come ''he sia la bianchezza dipignere delle
nevi , ma la freddezza non mai : siccom.e
cosa , il giudicio della quale al tatto sola-
mente conceduto sotto l'occhio non viene,
a cui servono le pinture : similmente ho
io testé quanto sia il giovamento d'Amore
dimostrarvi pure in qualche parte potuto:
ma le dolcezze , che cadono in ogni senso,
e come sorgevole fontana assai più ancora,
che questa nostra non è , scprabbóndéaìo
in tutti loro , non possono nell' orecchio
solo per molto che noi ne parliamo , in
alcuna guisa capere. Ma una cosa mi con-
forta , che voi medesime per esperienza
avete conosciuto , e conoscete tuttavia ,
quali elle sono : onde io non potrò ora si
poco toccarne ragionando , che non vi
sovvenga il molto : il che per avventura
tanto sarà , quanto se del tutto si potesse
parlare. Ma dos de comincerò io , o dol-
cissimo mio si^jnore? e che prima dirò io
.t5G degli asolani
di te e delle tue dolcezze (i) indicibili ,
incomparabili, iiifiiìi^e ? Insei^nalemi tu,
che le fai , e siccome io vi debbo andare ,
così mi scorgi e guida per loro. Ora per
non mescolare favellando quelle parti , cbe
dilettar ci possono separatamente , delle
dolcezze degli ocrhi , che in amore soglio-
no essere le primiere , primieramente e
separatamente ragioniamo. Il cbe avendo
detto Gismondo ;, con un brieve silenzio
fatta più attenta Y ascollante compagnia
così incominciò. Non sono , come quelle
degli altri uomini , le viste degli amanti o
donne , né sogliono gì' innamorati giovani
con sì poco frutto mirare negli obbietti
delle loro luci , come quelli fanno , cbe
non sono innamorati. Perciocché sparge
Amore col movimento delle sue ali una
dolcezza negli occhi de' suoi seguaci , la
anale d'ogni (2) abbaglìaggine purgandogli
fa , che essi stati semplici per lo addietro
nel guardare , mutano subito modo , e
mirabilmente artificiosi divenendo al loro
uffizio , le cose , che dolci sono a vedere ,
essi veggono con grandissimo diletto ; lad-
dove delle dolcissime gli altri uomini poco
piacere sentono per vederle , e il più del-
(0 Indicihill , cioè che a pieno dir non si possono.
(a) Abbcgliaggine y cioè adombramento ^ o offuscamene
lo di vista.
Libro II. 15-7
le volte non niiiao. E come che dolci sie-
no molte cose, le quali tuUo di miriatno,
pure dolcissime sopra tutte le altre , che
veder si possano per occhio alciiQO giam-
mai , sono le helle donne , come voi siete.
Non pertanto elle dolcezza non porgono ,
se non a gli occhi degli amauli loro , sic-
come que' soli , a' f[nali Amore dona virtù,
di pas.ar con la lor vista ne' suoi tesori.
E se pare alcuna ne porgono, che tu't -
volta non è uom quegli, a cui già in qual-
che parte la voslra vaga bellezza non piac-
cia , a rispetto di quella degli amanti ella
è, come un fiore a comparazione di tutta
la primavera. Perciocché avviene spesse
volte, che alcuna bella donna passa dinanzi
a gli occhi di molti uomini , e da tutti
generalmente volentieri è veduta , tra' quali
se uno o due ve n' ha , che con diletto
più vivo la riguardino , cento poi soa
quelli per avventura , che ad essa non
mandano la seconda o la terza guatatura.
Ma se tra que' cento l'amante di lei si sta»
e vedela , che a questa opera non suole
però essere il sezzajo , ad esso pare che
mille giardini di rose se gli aprano all' in-
contro, e sent/esi andare in un punto d'in-
torno al cuore uno ingombramento tale
di soavità , che (j) ogni fibra ne riceve
ristoro , possente a scacciarne qualunque
(i) O^ai fibra , cioè tulle Ig interiora^
l55 DEGLI AS0L\NI
più folta noja , le possibili disavventiirc
della \Ita v' avessero portata e lusciala .
Egli la mira iiiteatame.;te e rimira con
intìngevole occhio , e per tutte le sue fat-
tezze discorrendo cou vaghezza solo dagli
amanti conosciuta , ora risguarda la bella
treccia piii simile ad oro , che ad altro ,
la quale , siccome sono le vostre , uè vi
sia grave , che io delle belle donne ragio-
nando tolga r esempio in questa e nell' al-
tre parti da voi , la quale dico lungo il
scave giogo della testa dalle radici ugual-
mente partendosi , e nel sommo segnando-
lo cou Jiiilta scriminatura , per le dere-
tane parli s'avvolge in più cerchj ; ma di-
nanzi giù per le tempie di qua , e di là
in due prendevoli (i) ciocchette scendendo,
e dolcemente ondeggianti per le gote, mo-
bili ad ogni vegnente aura, pare a vedere
un nuovo miracolo di puia ambra ( 2 )
palpitante in fresca (3) falda di neve. Ora
scorge la serena fronte con allegro spazio
dante segno di sicura onestà , e le ciglia
d' ebano piane e tranquille , sotto le quali
vede lampeggiar due occhi neri e ampi e
pieni di bella gravità con naturale dolcez-
za mescolata , scintillanti come due stelle
(i) Ciocchette^ picciole ciocche di capelli,
(i) Palpitante , cioè leggiermente movendosi.
Co) Falda è quel Jìocco glande e largo della neve ,
olic cade quando nevica.
Libro li. 169
ne' lor vaghi e vezzosi giri , il di che pn-
micraiiienie mirò in loro , e U sua ve/ilii-
iM ini) le volle secr, slesso heaeJì<:einlo. V^e-
<ic dopo questi le moihide guance , la
loio tenerezza e bianchezzi con quella del
latte appreso rassomigliando , se non ia
quanto alle volte coatendot^o con la colo-
rila freschezza delle mattutine rose. Né la-
scia di veder la supposta bocca di picciolo
spazio contenta , con due ruhiuetti vivi e
dolci , avLMjli forza di raccendere desiderio
di basciargii in qialuncjue più fo'ise fred-
do e svogliato. Olire a ciò quella parte
del candidissimo petto riguardando e lo-
dando , che alla vista è palese , 1' altra ,
che sta ricoperta , loda m-olto più ancora
maggiormente con acuto sguardo mirando-
la e giudlcand'ìla , mercè del vestimento
cortese , il quale non toglie perciò sempre
a' riguarda ! ti la v-tghez/a di' dolci po;ni ,
che, resistenti al nurliilo drappo , soglioa
bene spesso della lor formi dar fede, mal
grado deli' iisan;5a , che gli nasconde. Tras-
sero queste parole ultime gli occhi dell i lieta
brigata a mirar nel petto di Sabi.neita , il
quale parca che Gismo ulo più che gli altri
s'avesse tolto a dipignere; in maniera per av-
ventura la vaga fanciulla, siccome quella,
che garzonlsslma era, e tra per questo e per
la caldi stagione d' un drappo schietto e
sottilissimo vestita , la forma di due pop-
pelline tonde e sode e crudelle dimostrava
per la conseazieute veste. Perciiò eil.i si
l6o DEGLI ASOLAXr
veri^ogiiò veggciidosl rigLiirdare , e più
arebbe t-itlo , se non die ma doma Bere-
nice acc >ria,si di ciò .subiiameiite disse :
Coleste Ilio amante Gismondo per cerio
molto bildanzosamente guata e per minu-
to , poiché egli intino dentro al seno , il
quale noi nascondiamo , ci mira. Me non
•vorrei già che egli guatasse così per sottile.
IVJadonua t;>ccle , rispose Gismondo , che
•voi ne avete ( ) una buona derrata. Per*
ciocché se io volessi dir più avanti , io
direi che gli amanti passano con la lor
\ista in ogni luogo , e per quello , che
appare , agevolmente 1' altro veggono , che
sta nascoso. Perchè nascondetevi pur agli
altri uomini a vostro senno , quanto più.
potete, che a gli amanti non vi potete voi
tiascondere , donne mie belle ; né dovete
altresì. E poi dirà Perottino , elle ciechi
«ono gli amaiti : cieco è egli , che non
vede le cose , che da veder sono , e noa
so che sogni si va , non dico veggendo ,
che veder non si può ciò che non è, anzi
pure ciò che non pu\ essere » ma dipin-
gendo , un garzone ignudo , con 1' ali ,
col fuoco, con le saette, quasi una nuova
chimera fingendosi non altramente, che se
egli mirasse per uno di qneHi vetri , che
sogliono altrui le maraviglie far vedere. Ma
(i) Una buona derrata ^ cioè un buon mercato, u»
huoti patto.
Libro II. i6r
tornanflorni all' amante , del quale io vi
ragionava , mentre che egli queste cose ,
che io v' ho delte , e quelle , che io lac-
cio rimira , e valle con lo spirito degli oc-
chi ricercando , egli si sente passare un
piacere pei* le vene tale , che mai simile
non gliele pare avere avuto , onde poi
e' ragiona seco medesimo , e dice : Questa
che dolcezza è che io sento ? o mirabile
forza degli amorosi risguardamenti , quale
altro è di me ora più felice ? 11 che non
diranno giammai quegli altri , che la ri-
guardata donna non amano. Perciocché lad-
dove amore non è, sonnacchiosa è la vista,
insieme con 1' anima in que' corpi , e
quasi col celabro dormono loro gli occhi
sempre nel capo. Ma egli non è perciò
questa ultima delle sue dolcezze , che al
cuore li passano per le luci. Altre poi
sono, e possono ogni ora essere senza fine,
siccome è il vedere la sua donna spazian -
do con altre donne premere le liete erbe
de' verdi prati , o de' puri fiumicelli le
freschissime ripe , o la consenziente schie-
na de' marini liti incontro a' soavi zefiri
camminando, talora d'amorosi versi di-
scrivendo al consapevole amante la vaga
rena , o ne' rìdenti giardini entrata spicca-
re con r unghie di perle rugiadiose rose
dalle frondi loro per avventura futuro
dono di chi la mira , o forse carolando e
danzando muovere agli ascoltanti tempi
degli strumenti la schielta e diretta e rac-
Bemho Voi* /, ii
iGz DEGLI ASOLANI
colla persona , ora con lenti varclii dcgoa
di molta riverenza mostrandosi , ora con
cari ravvolgimenti o incbiuevoli dimore
leggiadrissima empiendo di vaghezza tutto
il cerchio , e quando con più veloci ti-a-
passamenli , quasi un Irascorrevole sole ,
negli occhi de' riguardanti percotendo. E
pure queste tutte essere possono gioje di
novelli amanti , nò ancora molto rassicu-
rali ne' loro amori. Che se di quelli , che
a pieno godono , volessimo ragionare , di
certo quanti diletti possono tutti gli uomi-
ni , che non amano , in tulli gli anni
della lor vita sentire , non mi si lasce-
rebbe credere che a quel solo aggiu-
gnessero , che in ispazio di poca ora si sen-
te da uno amante , il qunle con la sua
donna dimorando la miri e rimiri sicura-
mente , ed ella lui con gli occhi dislevoli
e vacillanti dolcezza sopra dolcezza bcendo
l'uno dell' allro inebbriandosi. Deh perchè
vo io nelle cose, che o poco o mollo che
placcano alimi , pure e piacevoli sono da
se il ogni modo , e come che sia piaccio-
no elle sempre a chiunque le mira , il
tempo e le parole distendendo ? quando
ancora di quelle , che vedute affanno so-
gliono recare all'altre persone, a gli amanti
alcuna volla sono dolcissime oltra misura.
O care e belle giovani, quanto sono mala-
gevolissime ad investigarsi pure col pensie-
ro le sanie forze d'Amore, non che a rac-
contarsi. Senza fallo quale più affannosa
Libro IT. i6S
cosa può essere , clu^ il veder plan£;cre i
suoi più Cali? e clii è di si t'eii^jiiio auimo,
che nelle cadeDti loro lagrime possa tener
gli occhi senza dolore? INou per tanto que-
sto atto tale , quale io dico del pia^^mre.
Tede fare alle volte ramante alla sua don-
na, la quale egli ha più cara, che tuUo
il mondo, vie maggior diletto e fesia sen-
tendone, che d'inlìuiti risi non soiiliono
• • • • « • ^
tutu gli altri uomini sentire . Tosto che
cosi ebbe deito Gi'^mondo, e madonna Be-
renice cosi disse; Cotesto non vorrei già
io, che a me avvenisse, che il mio signore
festa e diletto delle mie lagrime si pren-
desse. Anzi ti dico io bene, che io mi cre-
do Gismondo, se io il risapessi, che io ne
gli vorrei male; e per avventura se io
potessi, io darei a lui cagione altresì di
} piagnere , e ridereimi poscia di lui al-
o Vicontro. Appresso alle cui parole se-
guirono le due giovani quello a Gis-
mondo rafffn'm;iiido , che elln avea detto ,
aggiui»uendo oltre a ciò, clu egli corte ia
farebbe a spesso piagnere dinanzi aili sua
donna, per darle quel piacere, e latte in-
sieme ne ragionavano sclurzev ilm. ite, alia
nuova occasione di raotteggiirlo appigliate^
con grati fes^a. Ma egli, che in quest'arte
rade volte si lasciava vi icere, poscia <'he
alquanti le ebbe lasciate cianciare e ridere,
in viso mulonna Bereniee guirda «do
le dsse: Molto dovele esser crudi e a -er-
ba voi iUAdouiiii e poco compassiouevoltì p
l54 DEGLI ÀSOMM
poscia che voi il vostro signore vorreste
far piagli» re. Ma io non vi veggo già cosi
fiera nel volto, se voi non m'ingannate,
anzi mostrate vói d'essere la più dolce cosa
e la più piacevole, che mai fosse. E certo
sono, che se il romitello del Certaldese ve-
duta v'avesse , quando egli primieramente
della sua celletla uscì, egli non arebbe al
suo padre chiesto altra Papera da rime-
narne seco e (i) da imbeccare, che voi.
Tacque a tanto Madou-na Berenice mirando
con un tale atto mezzo di vergogna e di
maraviglia ne' volti delle sue compagne. E
Lisa ridendo ver lei , come quella , che
stava tuttavia aspettando che Gismondo
co' suoi molti alcun'altra ne toccasse, \)er
avere nel suo male compagnia, vcggendola
in quella guisa soprastare, tutta si fé' innan-
zi, e sì le disse: Madonna e' mi giova mol-
to, che iu SU.1 voslro oggimai passi quella (2)
gragnuola , la quale pur ora cadde in sul
mio. lo non mi debbo più dolere di Gis-
mondo, poscia che ancor voi non ne sete
rispariuiata. Ben vi dico io, Madonna, che
egli ha oggi rotto (3) lo scilinguagnolo .
Di che io vi so confortare, che non lo
(i) Da imbeccare^ cioè da darle da mangiare, Bocc,
nel Proemio della quarta giornata.
(r) Gragnuola , cioè grandine , tempesta,
(3} Lo scilinguagnolo , cioè il JìLello ^ che vien sotto
la lingua^ e non Lascia, speditamente parlare.
Libro IT. i65
tcntiale più, che egli pugne , come il tri-
bolo, da ogni lalo. Già m'accorgo io. che
egli così è , come tu mi di' , Lisa , rispose
madonna Berenice. Ma vaiti con Dio,
Gismondo, che tu ci sai oggi a tua posta fare
star chete. Io per me voglio esser mutola
per lo innanzi. In questa guisa rimanendo
a Gismondo più Ubero l'altro corso de' suoi
sermoni , dalle donne ispeditosi ad essi pro-
cedendo, cosi disse: Le narrate dolcezze
degli amanti, o Donne, essere vi possono
segno e dimostramenlo delle non narrate,
le quali senza dubbio tante sono , ed alle
volte così nuove , e per lo continuo cosi
vive , che egli non è oggimai da maravi-
gliarsi di Leandro , se egli per vedere la
sua donna pure un poco, largo e periglioso
pelago spesse vòlte a nuoto passava. Ora en-
trisi a dire dell'altro senso, il quale scorge
all'anima le vegnenti voci , 'di cui se ben
si considera, niente sono le dolcezze mino-
ri . Perciocché in quanti modi esser può
recamento di gioja il vedere le lor donne
agli amanti , in tanti l'udirle può loro es-
sere similmente . Che siccome uno medesi-
mo obbietto diversamente dagli occhi no-
stri veduto diversi diletti ci dà, così una
stessa voce in mille guise dagli orecchi a-
scoltata ci dona dolcezza in mille maniere.
Ma che vi posso io dir più avanti d'in-
torno a questa dolcezza, chea voi siccome
a me non sia chiaro? Non sapete voi con
quanta soddisfazione tocchi i cuori delle
iB6 degli asolani
iunaniorate giovani un sicuro ragionar
co' loro signori in alcuno solitario luogo, o
for^-e sono graziose oDibre di novelli alberi
nella guisi che noi ragioniamo? dove al-
tri m li gli ascolti, rlie Amore, il quale
allnia suole essere non njcn buono coufor-
latore delle paurose menti, che egli si sia
degli ascoltali ragioi, amenti segreto e (i)
guardingo testimoìiio. JNon v' è egli ancor
|a'ese di quanta tenenz/a ingombri due
anime amanti un vice: devole racconta'
me; lo di ciò che avvien loro? un diraaii-
dare , un lispondere, un pregare , un riu*
graziare? l^'on v' è egli manifesto di quan-
ta g'.oja dell' una ogni parola dell' altra
sia piei a ? ogni sospiro , ogni mormorio,
ogni accento, ogni voce? O chi è quello,
nel cui rozzo petto in tanto ogni fuvilluzza
d'amoroso pensiero spenta sia, che egli non
conosca, quanto sia caro e dilettevole agli
amanti talora recitare alcun lor verso alle
lor donne ascoltanti , e talora esse recitan-
ti ascoltare ? o gli antichi casi amorosi leg-
gendo incontrarsi negli loro, e trovar negli
altrui libri scritti i loro pensieri, tali nelle
calle sentendogli, quali essigli hanno fatti
nel cuore, ciascuno i suoi affettuosamente
a quelli, e con dolce maraviglia agguaglian-
do? O pure con quanta soavità ci soglia
gli spiriti ricercare un vago canto delle
(i) Guardingo j cioè diivretOj coruideral» guardiano »
Libro II. 1G7
nostre donne, e quello massimamente, che
ìi col suono di alcun soave slromento ac-
corapaguato , tocco dalle loro dilicate e mu-
siche mani? con quanta poi oltre a questa,
se avviene che elle cantino alcuna delle
nostre canzoni , o per avventura delle loro?
Che quantunque degli uomini quasi pro-
prie sieno le lettere e la poesia , non è
egli perciò , che siccome Amore nelle no-
stre menti soggiornando con la regola degli
occhi vostri c'insegna le più volte quest'ar-
te, cosi ancora ne' vostri giovani petti en-
trato egli alle volte qualche rima non ne
tragga e qualche verso, i quali poi tanto
più cari si dimostrano a noi , quanto più
rari si ritrovano in voi. Così avviene, che
rinforzando le nostre donne in più doppj
la soavità della loro armonia, fanno altresì
la nostra dolcezza rinforzare, la quale pas-
sando nell'anima sì la diletta, che niuna
più: come quella, che dalle celestiali ar-
monie scesa ne' nostri corpi, e di loro sem-
pre disiderosa, di queste altre a sapor di
quelle s'invaghisce più gioja sentendone,
che quasi non pare possibile, a chi ben
m.ira, di cosa terrena doversi sentire. Benché
non è terrena l'armonia. Donne; anzi pure
in maniera con Tanima (i) confacevole ,
che alcuni furono già, cKe dissero essa ani-
ma altro non essere, che armonia. Ma
(i) Covfacevoh y cioè conveniente .
l68 DEGLI ASOLAM
loinamlo alle nostre donne, in tante ma-
niere, quante io dissi, raddoppianti i con-'
centi loro, quale animo può essere cosi
tristo, quale cuore co.^ì doloroso, quale men-
te così carica di tempestosi pensieri, che
udendole non si rallegri , non si raccon-
forti, non si rassereni? O chi tra tante
dolce2ze y)osto e tra tante venture i suoi
amali e le sue disavventure non obblia ?
Leggesi ne' poeti , che passante per gli abis-
si Orfeo con la sua celerà , Cerbero ratten-
ne il latrare , che usato era di mandar
fuori a ciascuno che vi passava. Le furie
l'imperversare tralasciarono, gli avoltoi di
Tizio, il sasso di Sisifo, le acque e le me-
le di Tantalo, la ruota d' Isione, e l'altre
pene tutte dì tormentare soprastettero i
dannati loro, ciascuna dalla piacevolezza
del cauto presa il suo ufficio non mai per
lo addietro tralasciato dimenticando. 11 che
non è a dire altro , se non che le dure
cure degli uomini, che necessariamente le
più volte porta seco la nostra vita in diver-
se maniere i loro animi tormentati , cessa-
no di dar lor pena, mentre essi invagliitì,
quasi dalla voce d' Orfeo , cosi da quella
delle lor donne , lasciano ed obbliano le
triste cose. 11 quale obblìamento tuttavia
di quanto rimi dio ci soglia essere ne' no-
stri mali, e quanto poi ce gli faccia oltre
portare più agevolmente, colui lo sa, che
lo pruova. Senza che necessario è agli uo-
mini alcuna Hata dare a' lor guai allegge-
Libro U. jBg
ramenlo , e quasi un muro, così alcun
piacere porre tra l'animo ed i neri pensie-
ri. Perciocchèsiccomc non può il corjio nelle
sue fatiche durare senza mai riposo pigliarsi,
così l'animo senza alcuna trapposla allegrezza
non può star forte ne' suoi dolori. Tale è
la dimenticanza , o Peroltino , nella qualu
si tuffa la memoria degl'innamorati uomi-
ni , così trista , che tu dicevi. Tale è la
medicina così vcnenata degli amanti , dia
tu ci raccontasti , tali sono gli assenzi ,
tali sono r ebbriezze loi o. Ma queste dol-
cezze nondimeno, siccome io dissi di quelle
degli occhi, se avviene, che può avvenire
spesso , che gli orecchi tocchino di quegli
uomini , che delle donne , da cui elle
escono , amanti non sono , non crediate
che elle passino il primo cerchio. Percioc-
ché siccome se il giardinajo di qua entro
lungo la doccia di questo canale passando
non ne levasse alle volte o pietre , 0(1)
bronchi , o altro , che \i può cadere tut-
todì , ella in breve si riempirebbe e ritu-
rerebfce in maniera , che poi all'acqua che
vi corre della fontana essa luos^o dare noa
potrebbe ; così quell' orecchio , che Amo-
re non purga, alle picchianti dolcezze noti
può dar via. E chi non sa , che se noi
tutti qui la voce udissimo della mia don-
(i) Bronco è quel petzo di legno , che rimane d' an
ramo quando è tagliato^
irjo DKGLI ÀSOLANI
iia , che agli orecchi ci venisse in qualche
modo , niuna è di voi , che quella dolcez-
za ne sentisse, che sentire' io ? E cosi fa-
reste voi , se il soinigliantfe avvenisse de'vo-
stri signori , che nluua tanta gloja di sen-
tir quegli dell' altre p'glicrebhe , quanta
ella farebbe del suo. Ma passiamo più
avanti. E perchè io , Donne , per le dol-
cezze di questi due sentimenti scorte v'ab-
bia , non crediate perciò , che io scorgere
vi voglia per quelle ancora degli altri tre,
che io potrei pervenire a parte , dove io
ora andai e non intendo. Scorgavi Amore ,
che tutte le vie sa, per le quali a que' di-
letti si perviene , che la nostra umanità
pare che disideri sopra gli altri. E qua-
le scorta potreste voi più dolce di lui
avere , ne più cara ? certo niuna. Esso
que' diletti ci fa essere carissimi e dolcissi-
mi , quale è egli , che senza lui avuti so-
no , come l'acqua, di ulun sapore e di
niuD valore parimente. Perchè pigliatelo
sicuramente per vostro duca, o vaghe gio-
vani. Ed io in guiderdone della fatica ,
che io prendo oggi per lui , nel priego ,
che egli sempre felicemente vi guidi. Ma
tuttavia venite ora meco per quest' altra
strada. Dico adunque , che oltra i ciiique
seniime!Ul, i quali sono negli uomini stru-
menti dell' animo insieme , insieme e del
corpo, hacci eziandio il pensiero, il quale
perciocché solamente è dell'animo, ha vie
più d' eccellenza in se , che quelli noa i
Libro IT. 1-71
"hanno ; e di cui non sono partecipi gli
animali con esso noi , siccome partecipi
sono di tutti gli altri. Perciocché bene
vedono essi , ed odono e odorano e gu-
stano e toccano , e T altre operagioni de-
gl' interni sensi esercitano altresì, come
noi facciamo ; ma non consigliano , ne di-
scorrono in quella guisa , ne in brieve
hanno essi il pensiero , che a noi nomini
è dato; il quale tuttavia non è di maggior
pregio perciò , che egli proprio sia degli
nomini , dove quelli sono loro in comune
con le fiere , ma per questo ancora , che
i sentimenti operar non si possono, se non
nelle cose che presenti sono loro e ia
tempo parimente e in luogo , ma egli ol-
tre a quelle e nelle passate ritorna , quan-
do esso vuole , e metlesl altresì nelle fu-
ture , e in un tempo e per le vicine di-
scorre , e per le lontane ; e sotto questo
nome di pensiero e vede ed ascolta , e
fiuta e gusta e tocca , e in mille altre
maniere fa e rifa quello , a che non sola-
mente i sentimenti tutti d'uno uomo, ma
quelli ancora di tutti gli uomini essere
non potrebbono bastanti. Perchè compren-
dere si può, che egli più alle divine qua-
lità s' accosta , chi ben guarda , che alle
umane. Questo pensiero adunque tale , quale
voi vedete , se esercitando le sue parti ,
siccome buon lavoratore per li suoi colti ,
co4 egli per V animo s'adopra , che è suo ,
infinite dolcezze ci rende l'aiiimo di questa
1-2 DEGLI ASOLÀNI
coltura tanto da doverci essere di quelle del
corpo più care , c|nanto è esso più eccel-
leiile cosa che il corpo. Se pigio e lento
e pieno di melensaggine si giace , lasciamo
slare che dolcezze non se ne mietino ; ma
cerio io non veggio , a che al Irò fine sia
r animo daio al corpo , che al porco si
dia il sale , perchè egli non infracidisca ;
la qual cosa avviene negli uomini , die
non amano. Perciocché a chi non ama ,
niuna cosa piace; a chi ninna cosa piace ,
a niuna volge il pensiero ; dorme adun-
que il pensiero in loro. Ed il contrario ne
viene degli amanti. Perciocché a chiunque
ama, piace quello che egli ama, e d'in-
torno a quello che piace , sovente pensa
ognuno volentieri. Perchè si conchiude, (r)
che le dolcezze del pensiero sono degli
amanti , e non degli altri. Le quali dol-
cezze tuttavia quante sieno , non dirò io
già , che non sarci a raccontarle più ba:-
stante , che io mi fossi a noverar le stelle
del cielo ; ma quali se noi vorremmo in
qualche parte dirittamente riguardare ,
quanto diletto è da credere che sia d' un
gentile amante il correre alla sua donna
in un punto col pensiero, e mirarla, per
molto che egli le sia lontano , ad una ad
una tutte le sue belle parli ricercando ?
Quanto poi ne' costumi di lei rientrato la
(r) Le dolcezze del pensiero sono degli amanti , •
non d' altri, ^
Libro li. lyS
dolcezza considerare, la cortesia, la leggia-
dria , il senno , la virtù , l' animo , o le
sue belle parti ? O Amore , benedette sie-
no le tue mani sempre da me , con le
quali tante cose m' hai dipinte nell'anima ,
tante scritte , tante segnate della mia dol-
ce donna , che io una lunga tela porto
meco ad ogni ora d'infiniti suoi ritratti ia
vece d' un solo viso ; ed un alto libro leg-
go sempre e rileggo pieno delle sue paro-
le, pieno de' suoi accenti , pieno delle sue
voci, ed in brieve mille forme vaghissime
riconosco di lei e del suo valore , qualora
io vi rimiro, cotanto dolci sutemi e cotan-
to care , non picciola parte di quella viva
dolcezza sentendo nel pensiero , che io già
operandolo ella ne' loro avvenimenti mi
sentia. Le quali figure posto che pure da
se non chiamassero a loro la mia mente
così spesso, si la c!iiamerebhono mille luo-
ghi , che io veggo tuttolì , usati dalla mia
donna ora in un diporto, ed ora in altro;
i quali non sono da me veduti più tosto ,
che alla memoria mi recano , qui fu Ma-
donna il tal giorno , qui ella così fece ,
qui sedette , (juinci passò , di qui la mirai;
e così pensando e varcando quando meco
stesso , quando con Amore , quando con
le piagge e con gU alberi e con le rive
medesime , che la videro , ne ragiono. La
qual cosa , perciocché a me pare oggi mai
d'aver compreso che a clascunn di voi piac-
ciono molto meglio i versi e le rime, che i
1-74 DEGLI AS0LA.N1
semplici ragionamenti non fanno , dimo-
strare ancor vi posso con questa canzone ,
la quale non ha guari del cuor mi trasse-
ro queste medesime con-trade , che della
mia donna mi sovvenivano , e udironlami
tra esse cantare , siccome io 1' andciva tes-
sendo.
Se''l pensier, che m'ingombra^
Corri è dolce e soave
]S!el cor ^ così venisse in queste rime ^
Uanlma saria sgombra
Del peso , ond'' ella è grave ,
Ed esse ultime van , eli andcrian priine:
ylmor più forti lime
V seria sovra 7 fianco
Di chi ri udisse il suono :
Io , che jra gli altri sono
Quasi augello di selva oscuro umile,
Andrei cigno gentile
Poggiando per lo del canoro e bianco^
£ fora il mio bel nido
Di più famoso ed onorato grido.
ikr« non eran le stelle y
Quando a solcar quesC onda
Primier entrai , disposte a tanto alzarme^
Che perchè ylmor favelle ,
JE Madonna risponda
Ila dove più non potè altro passarme'.
S'io voglio poi sfogarme y
Si dolce è quel concento ,
Che la lingua noi segue,
E par che si dilegue
Libro II. lyS
L,o cor nel cominciar delle parole :
iVe giammai neve al Sole
Sparve così^ comUo strugger mi sento ^
'Tal eli io rimango spesso
Coni Liom, che vive in dubbio di se stesso^
Legge proterva e dura,
»S' a dir mi sforza e punge
Quei, ondalo vivo; or chimi tiene a freno?,
E s''ella oltra niia cura
Dal mondo mi disgiunge ,
Chi mi dà poi lo stil pigro e terrenol
Ben posson venir meno
Torri fondate e salde :
Ma eli io non cerchi e brami
Di pascer le gran fami ,
Che "n sì lungo digiuno jimor mi dai j
Certo non sarà inai;
Si fur le tue saette acute e calde ,
Di che 7 rnio cor piagasti.
Ove negli occhi suoi nascosto entrasti.
Quanto sarebbe il meglio
E tuo più largo onore ,
Clì i avessi in ragionar di lei qualcli arte:
E siccome di speglio
Un riposto colore
Saglie talor e luce in altra parte-.
Così di queste carte
Rilucesse ad altrui
La mia celata gioja ;
E perchè poi si moja ,
Non ci togliesse il £fir solins^hi a volo
Da Vuno a l'' altro polo :
Là dove or taccio a tuo dannOy con cuiy
lyS DEGLI ASOLACI
S^ io ne parlassi , avria
Voce nei inondo ancor la Jiamma mia,
E forse avi'etiirehbe ,
C/i ogni tua infamia antica ,
E nulle ali.e qui'rele acqueteresti',
Cììuno talor direbbe ,
Coppia fedele amica ,
QuanU dolci pensier vivendo avesti:
yj lori ben strinse questi
JS^odo caro o felice ,
Che sciolto a noi dà pace.
Or, poi cK a lui non piace,
JìicogUebe 'voi piagge ì miei desiri,
E tu sasso , die spiri
E)olcezza e versi amor d'ogni pendice
Dal dì, che la mia donna
Errò per voi secura in treccia e '/z gonna,
E se gli onesti preghi
Qualche mei cede han teco
Faggio del mio piacer compagna eterna^
Pietà ti stringa e piegJii
yl darne segno or meco ,
E mova da la tua virtute interna ,
Chi V mio danno discerna ;
Siccìiè s''altro ini sforza ,
E di valor mi spoglia ,
S'adempia una m'ui voglia
Dopo tanto, che''L vento ode e disperde:
Così mai ci doma verde
JSon manchi a la tua pianta, e ne la scorza
Qualche bel verso viva,
E sempre a Vomìfra tua si legga o scriva.
Già sai Ui .ben, siccome
Libro U. i^y
Facean qui vago il cielo
De le due ciliare stelle i santi ardori ;
E le dorate chiome
Scopette dal bel velo
Spargendo di lontan soavi odori
Evipiean Cerha di fiori:
E sai come al suo canto
Correlino in i^erso l fonte
U acque nei Jiunie , e "l monte
Spogliar del bosco intorno si vedea ,
Cli ad ascoltar scendea ,
E le fere seg'tir d.et'o e da canto ;
E ^ii auiX(4letti inermi
Sovra in su l'ali star attenti e fermi.
Riva frondosa e fo<sca ,
Sonanti e gelida acque ,
Verdi , vaghi , fioriti e lieti campi ,
Chi fiii , eli oda e conosca
Quanto di lei vi piacque ,
E meco d'un incendio non avvampil
Chi verrà mai , che stampi
1^ andar soave e caro
Col bel dolce costume ,
E quel celeste lume ,
Che giunse quasi un sole a mezzo V di6
Sovra le notti miei
Lume nel cui splendor mirando imparo
A sprezzar il destino^
E di salir al del scorgo V cammino.
Quando giunte in un loco
Di cortesia vedeste ,
D'' onestà , di valor sì care formel
Bembo Voi. /. 12
178 DEGLI ASOLANI
Quando a si dolce foco
Ul sì begli occhi ardeste ?
E so , ch'Amor in voi sempre non dorme.
O chi ni insegna lorrne\
Che l pie Leggiadro impresse!.
O chi mi p<)n tra Verha ,
CÌl ancor vestigio serba
Di tpiella bianca man , che tese il laccio^
Onde uscir non procaccio ;
E del bel jianco ^ e de le braccia istesse.
Che stringon la mia vita
Sì , eli io ne pero , e non ne chieggio aitai
Genti , a cui porge il no
Qiundi 7 pie torto e molle ,
E quindi Calpe il dritto orrido corno'.
Deh or tra voi foss^ io
Postar di quel bel colle ,
O guardinn di queste selve intorno :
Q'iufito riluce il giorno ,
Del mio sostegno andrei
Ogni parte cercando ^
Jinverentc meli nando
Là \>e più, fosse il del sereno e queto^
E l seggio ombroso e lieto :
/t^/ del tu'igo error ni appagherei \
E ba 'Ciando V erbetta
Di nille miei sospir farei vendetta.
Tu nofi mi sai quetar^ nò io t'incolpo:
Pur che tra queste f rondi ,
Canyon rnia^ da Le genti ti nascondi.
Ne pure i luoi^lii stati alcuna voi ta
delie uostie donne ricevitori , o quelli che
Libro TI. ijc^
più spesso ci sogliono di loro e:»sere e con-
servatori fedelissimi e dolcissimi renditorì,
alla raeale le ci ritornano, come io dissi:
ma in ciascuna parte ancora sempre si vede
qualche cosa , nella qual noi con gli ocelli
della testa riguardando nelle nostre don-
ne , con quelli dell' anima miriamo , di lo-
ro dolcissimamente ricordandoci per alcu-
no (i) sembievole modo. Che per dir pure
di me stesso , come fece di se Perottino ;
certo se io sono , come io soglio, alle vol-
te in alcun cammino , ninna verde ripa di
cliiaro fiume , ninna dolce vista di vaga
selva scorgono gli occhi miei , e di lieta
montagnetta ninna solinga parte, niun fre-
sco seggio , ninna riposta ombra , niun se-
greto nascondimento non miro , che alla
bocca non mi corra sempre: Deh fosse or
qui la mia donna meco , e con Amore ,
se ella tra queste solitudini di me solo
non si tenendo sicura pure si cercasse
compagnia: e così volto il pensier ver lei,
poi di lei meco medesimo in lunga gioja
lunga pezza lunghi ragionaraeali non tiri.
E dove pr;r lo fuggir del Sole la sopravve-
nuta ombra dell^ terra levando il colore
alle cose mi lievi , e tolga la vista loro ,
non è che io nella tacita notte le stelle
mirando non pensi : Deh se queste sono
(i) Sembievole y cioè apparente f ch'abbia sembianza^
0 sim'-glianza.
tSa DEGLI ASOLAM
delle mondane ventine di-pensatrici, qiia/e
è or que!! I , clie iiidesiinò prima la dolce
necessiià de' :niui amori ? o alla vaga lutia
riguardando , e ii. 1 siio freddo argento
fìsse lene ido le mie lii''i , io n >n ra^ìoid
tra me stesso: ()•: clii sa, clic la mia don-
na ora in qne lo inedesimo occhio non
mi li , che io init o ? e così ella di me li-
corda!)dosi , come iodi lei mi ricordo, non
dica : Fo;se. guarcU.no gli ocelli del mio
Glsmoado , ([.uilnjqiie terra egli prema
ora col pi -de, te o ialina, siccome guardo
io, e a quesLa guisa in uno obbietlo slesso
e le uos-rc luci s' awe «gano e i nostri
pensieri ? (^o>l ora iu un mod) e quando
ia altro iiell' immaginar pure della mia
donna rientrando e de' nostri amori vie
più con lei , che con me slesso dimoro.
Ma elle giova ram memorar quello , che
il pensiero ci risveglia nelle lontane con-
lr.;de ? Già nella nostra città ninna bella
donna mi può davanti apparere , che io
incontaaente Udlle bellezza non eatri con
l'animo della mia. JNiuu vago glovaue veg-
go per via pie innanzi pie solo e pensoso
portar se stesso , che io non isti mi : Forse
peusa costui ora della sua donna ; il che
istimare rac altresì della mia mette tantosto
in dolci-.simi pensamenti. E se nelle nostre
diportevoli barcheUe alle volle pigliando
aria , alquanto dagli strepiti della città
m' allontano , a ninna parte m' avvicino
de' nostri liti , cl;e a me non paja vedervi
Libro ti. i^t
la trila donna andar por loro spaziandosi ài
suono cantando delle roche onde, e mari-
lìe conche co'i vaghezza fancinllesca rlco-
gllendo. Infinite ed innumerabili oUre a
queste , e tante appunto , quante voi me-
desimi vogliamo, sono le vie, per le qnuli
può mandj.re all' animo le dolcezze de' di-
letti già passati il nostro vago e maeslrc\0-
Ìg pensieio. Perciocché a lui né passo , né
ponte , né porta 5Ì ririchiude . ISon cielo
che minacci , ron mare che si turbi , uon
scoglio che s' opponga , lo ritiene. Amor
gli presta le sue ali , contro le quali uiu-
na i;iginrla può bastare. E queste ali tut-
tavia siccome nelle passate gloje a sua po-
sta il ritornano , così né più né meno ,
quandunque ad esso piace , nel portano
nelle future. Le quali posto che pure per-
dano dalle passate , in quanto le future
cosi certe non sono , si avanzano elle poi
da quest' altra parte , che dove della suta
dolcezza una sola forma ritorna ntll'animo
col pensarvi tale , quale ella fu ; di quel-
la , che ad essere ha , perciocché non fu
ancora , mille possibili maniere ci si rap-
presentano care e vaghe e dilettevolissime
ciascuna. Così le nostre feste e prima che
avvengano con la varietà , ed appresso av-
venute con la certezza del pensiero dilet-
tandoci, contii'ue e presenti si fanno a noi
in ogni luogo , in ogni tempo , il che di-
cono esser propino di quelle dogi' Iddìi.
Ora per ritornare alquanto addietro per
l82 DFGLl ASOLANI
quesla dllellevolc strada , per la quale indio
a qui veuuli ci siamo, poscia die ciascui» di
questi tre piaceri , che io dissi , cotanti
giuochi ci può porgere sep"aralamente , sic-
come in parte ci s' è ragionato , quanti è
da credere , Donne , che porgan tutti e
tre congiunti e collegali? Oin^è! niun con-
dimeuto è così dolce , ninno così soave.
Essi sono pur tanti e tali , che malagevo-
lissimamente con la sllroaliva si compren-
d-ono , non che con la lingua si racco pti-
310 altrui. Ma perciocché Peroltino jeri
nelle passioni di quella niiseiia , che egli
amore si credea che fosse, meltendosi me-
scolatamente s' andò per loro ravvolgendo
e ravviluppa» do lunga ora , a me non lìe
nojevole , che noi altresì nelle feste di
questa felicità , ,clie io so che è Amore ,
già entrali , alquanto più innanzi ai^cora
senza ordine erriamo e discorriamo per
loro. INel quale discorrimento se avverrà
che davanti ci si parino le gioje degli altri
sentimenti , le quali io di tacer vi propo-
si , acciocché elle in tutto doler eli noi
non si possano , o forse s'accoida^sero per
lo innanzi di lasciarci , siccome noi ora
avessimo loro lasciate , la quii] cosa Iddio
non voglia , che io ne starei molto male ;
noi potremmo far quello slesso qui ragio-
nando , che nelle pur dianzi ricordate ta-
vole della nostia Tu ina desinando e cenan-
do facciamo Perciocché delle molte manie-
re di vivanda e di bcverascio , che dinaii'
co < 1
Libro IT. i8^
zi recate ci souo , a una o a due fermatici
di quelle ci satolliamo , dell' altre tutte
almeno per cnoiare il convito , alcuna
tazza ed alcun tagliere assaggiamo solamen-
te ed assaporiamo ; così ora alla pastura
delle dolcezze de' due primi sentimenti e
del pensiero stando contenti nel ragionare,
quelle degli altri , dove elle ci vengano
dinanzi , presone il sapore ed. il saggio la-
sceremo noi andrire con la loro buona
ventura. Quantunque io per me no:ì mi
seppi far mai cori savio , che io a quella
guisa ne' cotiviii d' Amore mi sia s.ipnta
rattemperare, alla quale negli altri mi rat-
tempero tutto dì. ]Nè con«iig]ieiei io già al
rostro novello sposo, che quando Amore
gli porià dinanzi le vivande delle sue u'ti-
me tavole , che egli ancora non ha gusta-
te , egli di quelle coniento , che gu'^tate
ha , assaggiandole ed ass iporanJo'e partire
le si laj^cirsse , che egli se ne potrebbe
Eentere. Non so ora il coniglio , <'he voi
elle giova;ii dareste alla sposa. Ma tornan-
do alle nostre dolcezze d;co , <he siccome
quanta sia la bellezza del dì allora più in-
teramente si compre'ide , qualora più al-
lo 'nconlro quanti sicio gì' iicomodi «'ella
notte si considera sot-ilnaente : <"osl per av-
ventura gli amorosi giuochi più aperti ci
si venanno dimostrali io e pi'J chiari, se
noi alquanto alla vita dì quelli , che nori
amano , porrem mente. Pei ciocché essi
primieramente uiuua vaghezza tenendo di
l84 DEGLI ASOLANI
se m edesi ini , siccoine coloro ♦ che uou
hanno a cui jincire , di ninna corlese
maniera cer'ano (i) d' addestrar la loro
persona , ma così ahbantJonatamente la
portano le j-iù voile, ne capello, né bar-
ba , né dtnte ordii af dosi , uè mano , né
p^ede , come se ella ron fosse la loro. Ma-
le e disai^iatamente vesiono , alitano disor-
dinati e maninronìosi. ^è fiiroiilia , né ca-
vallo , né barchetta, né giaidino baino
essi, che così non paja ])iagneie, cerne
fanno i loro signori. Essi l'on hani o ami-
cizie , essi non hanno ccmyaj^nie. INé sono
giovali dagli altri , né c^si giovano altrui.
]Nè dalle cose , né d;tgli uomini pigliano ,
o da.'no finito alcuno. Fuggono le piazze,
fuggono le fesle, fuggono i conviti, ne'qualì
se pure alcuna volta s'avvengono dalla
necessità o dalla loro sciaguia portali, ne
costume , né [)arlare , né accoglienza , né
molto , né giuoco hanno essi , che villano
e salvatico non sia. ^é di prosa sovvieii
loro , né di verso. Veggoìio , ascoltano ,
pensano tulle le cose ad un modo. Ed in
bri ève , siccome essi di fuori vivono pieni
sempre di mentecattaggine e di stordiglo-
ne , così vive l'anima in loro. A' quali se
voi dlmaìidaste , clienti sono ìe dolcezze
ed il frutto , che essi sentono del loro vi-
vere dì per dì , essi si maraviglierebbono ,
(i) Addestrare f cioè adattar y accomodare.
LiBno li. i85
che \r)\ parlaste in questa maniera , e ri-
sno:)'lerebbcnvi , che voi avele btiort tem-
po , ma che ti>i a}k altro che ncje e lin-
ci cucitile n li e falche non servirono citila
lor vita «iararaai. ]Ma se \oi ad adiauti uè
dimavJasle , essi ycr avvenliira in altra
£»uisa vi li-ponclei chimono, e diiebbono co-
sì : () Donne , che è quello , che \0Ì ci
dima'idate ? Senza namcio sono i nostri
avanzi e le nostre dolcezze , e non si pos-
sono raccontare. Perciocché inconla-jente
che Amore con t^li cechi d' alcuna bella
donna piircieiamente ci fiere, desiasi T a-
irima noslra , che infino a quella ora e
giaciuta , tocca da non usalo diletto , e
destandoci ella sente destare in se un pen-
siero , il quale d' intorno alla immagine
della piaciuta donna con maravigliosa festa
girando accende una voglia di piacerle, la
quale è pei d' infinite gioie , d'i: finiti beni
principio. Mirabile cosa è ad eslimare gli
occulti raggi di que.'to primo disio , quali
essi sono. Perciocché non solamente ogni
vena empicno di soavissin^o caldo , e tutta
r anima iigombrano di dolcezza ; ma an-
cora gli spiiilì rostri raccendendo , che
senza Amore si stanno a guisa di lumi
spenli , di materiali e grosse forme ci re-
ca o ad essere i omini avveduti e gentili.
C< ncioS'^iaccsa<liè per piacere alle nostre
donne, e per la loro grazia e il loro amo-
re acquistare , quelle parli, clic più lodar-
si negli altri giovani sentiamo, sovente cer-
.t85 degli asolani
chiamo d'aver noi ; acciocché per loro piS
riguaiflevoli Ira i^!i altri uomini e più pre-
giati diveiiuli , più allresì alle nostre don-
ne gradiamo. Onde in poco spazio tutte
Je prime rustichezze lasciate, e di dì in dì
e d' ora in ora più di gentili costumi ap-
prendendo, quale si dà all'armeggiare, quale
ad usar magnificenze si dispone, quale ne'
servigi delle corti a gran Re e a gran Si-
gnori si fa caro , quaie a cittadinesca vita
s' adoi dina ideile onorate bisogne della sua
patria , e in cortesie il tempo , che gli è
dato , ispendendo, e quale agli studj delle
lettere volto il pensiero , o le istorie degli
antichi leggendo , se stesso con gli altrui
esempi fa migliore , e diviene simile a
loro , o neir ampissimo campo della filoso-
fia mettendosi e in dottrina e in bontà ,
come albero da primavera , cresce di gior-
no in giorno , o pure nel vago prato en-
tra della poesia , e quivi ora in una ma-
niera e ora in altra cantando tesse alla
sua donna care ghirlande di dolcissimi i
e soavissimi fiori ; quale poi di più ab-
bondevole ingegno sentendosi , o da più
alto amore sollecitato , di diversi co'^tumi
sbanderà ornai do , d'arme, di lettere, di
cortesie, e d'altre parli insieme tutte lo-
date e pregiate , onde egli quasi un celeste
arco di mille colori vestilo , vaghissimo si
dimostrerà a' riguardanti . In questa ma-
niera ciascun per se mentre d'esser carij
ad una sola donna s'iugegnano , si fanno
Libro II. 187
da tulli gli ncmini per valorosi tenere e
ptr iif molto. Dove se dallo spron d'Amo-
re I unti licn fossero stali , per avvtiituia
conoseiiili non sartbbouo da persona, o per
dir yjiù il vero, aon si conoscerebboro essi
stessi. Così quello, cbe uè battitura di mae-
stro, né rciiipcce di padre, uè lusinghe o
fi^iìiderdcni , né arte o fatica o ingegno o
ammaestramento alcuno non può fare, fallo
Amore spesse volte agevolmente e dilette-
volmente. E certo pieni e dolci fruiti «011
queiiti tra quelli, che ci rende Amore, i
quali sono vcranier.te diversissimi e sc/iza
fine. Perciocché siccome non sono tulle
u: a le maniere dc^^li arcanti , ma molte ,
così ucn seno tulle una le guise de' nostri
guadagni , ma infiiiile (i). Sono alcuni , che
altro che Toneslà pura e semplice V uno
dell'altro non amano , e di questa sola
tarlo appsg'imctilo ne viene alle menti lo-
ro , qualunque volta essi nell' altezza mi-
rano de' loro disi», che estim.are senza fallo
non si può , se non si pruova. Alcuni dal-
l'amorose fiamme più riscaldali ogni dis-
volere levando de' loro amori , ninna cosa
si niogaro giammai, ma quello che vuole
l'uno , vuole l'altro subitamente con quello
medesimo affetto , che esso facea; e in que-
sta gni-^a due anime c^overnando con un
solo filo ad ogni possibile diletto fortuno-
si) Frutti dell' amorg.
i88 DEGLI ASOI.ÀIVI
samentc si faJino via. Aloiini poi tra l'uiiy
e tra l'altra ] c^ti di queste conienti zze ,
ora il pregi') tlclk schiiil'à oìJorando, ora
i fj'utJi della diaif<:tiche/.:>a procac iaudo ,
e con i'aj^ro de!)' uà il dolce dell'altra
int"»colando , un s pore "^ì dlKtevolc ne
condiscono, che d'altro cibo alle loro ani-
me nò prende maraviglia , uè sori^e disio ■.
Olire a ciò a fjuci'a tiniidella verginella
inconnparf.bile f>ta porpO' o i sai n li e le
passale del suo nuovo e accettevole ama-
dore. Quest'altro (i) beano le IcUere della
sua cara donna vergate con quella mano,
che egli ancor tocca licn ha , non più le
noie di lei leiii'endovi , che la voce e il
volto e ì\ cuore. Quel]' altro mettono iti
Tin mare di dolcezza dicci tremanti parole
dettegli dalla sua. A mòlli la lor lunga-
mente amata donna, e affettuosamente da-
gli anni più teneri vaghei'giata , nel bel
colmo delle lor fiamme donerà il Cielo a
moglie somma e onestissima ventura degli
umani disii. E alquante saranno alire cop-
pie di cari amanti , le quali avendo le più
calde ore della loro età in risguardo e ìq
salvaticliczza trapassate, l'uno scrivendo, e
l'altra le^-^endo , e amendue fama e crido ?
solamente di cercar dilettandosi de' loro
amori , poscia clij la neve delle tempie so-
pravveauta ogni sospetto ha tolto via, se-
(i) Beano , cioè fanno beato.
Libro IT. 189
JeiHÌo e iHi^ìonando , e gli anticl>* fuochi
con sicuro tlUello ricordando, tranquilli e
riposali mcr.ano dolcissimo lullo il rima-
nente della lor vita , ogni ora del così con-
dotto tempo più contenti. Ma che v'andia-
mo noi pure tuttavia di molti amanti i
diletti ragionando e le venture , quando
d:::lle sole di ciascuna coppia lunga istoria
tessere se uè può agevol:!:eiite? Perciocché
quale diletto è da dire elle sia il vedere
qntlla fronJe , nella quale corrono tutti i
pensici i del cuoie nudi e semplici , secon-
do che essi nascono e risorgono in lui ?
Quale mirando ne' coralli e nelle perle, di
cui sono mea preziose UUte le g.-mme de-
gli oiientali tesori, seutinie uscir quelle
voci, che sono didl' ascoltante anima rice-
vute sì voleiitieri ? QuJe poi tacendo e
mirando far più dolce uvi silenzio , che
ra.il!e parlari, tutta volta con lo spirito de-
gli occhi ragionando cose , che altri che
Amore né può intendere, né sa dettare?
Quale per mano tenendosi tutto il petto
sentirsi allagare della dolcezza non altra-
mente, che se un fi ime di calda ra.'tnua
ci andasse il cuore, e le midolle torniando?
Tacciansi le altre cotante dolcezze e cosi
vive , delle quali dire si può , che poi che
tale è la nostra vita , quale la natura ce
la fece essere poscia che noi venuti ci sia-
I mo, dolcissima cosa è per certo accordarci
; col suo volere , e quella far legge della
! \ila, che eli antichi fecero delle cene : o
IQO DEGLI ASOLANI
partiti , o bei. Oltre a ciò quanta ccuteii-
tez^a credete voi chj sii la no-itra , qua ila
soddisfazione, quanta pace, d'ogni nostro
fatro, d'ogai uostro accidcnfe , d'ogni ven-
tura, d'ogni sciagura, d'ogai oltraggio,
d'og-.ii piacere ragionarsi tra due con quella
medesima sicurezza, con che appena suole
altri seco medesimo ragionare ? Di nulla
nascondere la nostra compagna anima , e
sapere altresì di nulla essere da lei nascosi ?
Ogni diletto, og.ii speranza (r) raccomu-
nare, ogni disio? Ninna fatica schifare per
lo suo riposo più di quello che ciascun fa
per se stesso , ninna gravezza , niun peso ?
Bene, male, ogni cosa portar dolcemente,
acconci con lieto viso , siccome di vivere
l'uno per l'altro, così di morire? Il che fa,
che a ciascuno e le seconde cose via più
giovano, e le sinistre offendono meno, in
quanto le seconde l'uno col piacere dell'al-
tro allettando in molti doppj crescono , e
quell'altre subitamente partite, e da cia-
scuno la metà toltane fralellevolmente , già
da prima perdono della loro intera forza ;
oltre che poi e confortando e consigliando
e ajulando esse si dileguano , come neve
sotti» i primi soli , o almeno da nuovi di-
letti aorabrate si negli oblii delle passate
cose le tufiìamo , che appena dir si può
che elle ci sieno state. Dicono i sonatori ,
(i) Raccomunare^ cioè metter in comune.
LiCRO IT. 'igi
clie quando sono due liuti bene e in uua
medesima voce accordati , chi V un tocca ,
dov e l'altro gli sia vicino e a fronte, amca-
due rispondono ad un modo , e quel suo-
no che fa il tocco , quello stesso fa l'altro
non tocco e non percosso da persona. O
Amore, e qua' liuti , o qua' lire più con-
cordevolmente si rispondono , che due ani-
me che s'amino delle tue? Le quali non
pur quando vicine sono , e alcuno acci-
dente Tuna muove , amendue rendono un
medesimo concento , ma ancor lontane , e
non più mosse l' una che l'altra, finno
dolcissima e couformissima armou'a. Peusa
della sua cara donna il lontano amante
volentieri , quando e' può ; e vedela , e
odela col pensarvi, né ella con più diletto
a veruna cosa giammai volge l'animo, che
a lui, e sono certi ci-iscu io , che quello
che l'uno fa , faccia l' altro tuttavia pari-
mente. Perchè noi ci maravigliamo di Ijao-
domia , alla qu^le ptr mirar nel suo lon-
tano Protesilao fosse uopo la dipiota cera
della sua fignra. A questa guisa, donne, e
vicini e lontani sempre diletto, sempre sol-
lazzi troviamo. Perciocché amore , siccome
il sole , quantunque cangi segao , sempre
chiaro si mostra però a' mortali , così egli
benché alle volte muti paese con noi , pur
tuttavia in ogni luogo de' saoi d «ni ci fa
sentire. Egli in piano, egli in monte, egli
in terra , egli in mare , egli ne' porti e
nelle siguiezze , egli nelle fortune e negli
ir)2 DEGLT ASOLANI
anischiamcnti , ej^li ad uonriiiii, e^ll a doiv-
iic, s ccoine la sanila , sempre è piaci^vole,
sempre giova. Trastalia uelle rigiie speluu-
che e nelle semplici e povere capanae i
dilli e va_^bi pastori. Conforta ne' morbidi
pai i^i e iieUe dorate camere le menti pen-
sose dvgli ahi Pie. Tranquilla le noje de'
giudicanti : ristora le fatiche de' giierieg-
giaiiti , in quelli con le severe lt?ggi degli
lumiini la piacevollssinìa della natura me-
scci indo , a questi nel ra< zzo de' noce ilìs-
simi e sansuluv'si 2uerrc£!t;i.iri i>ure e ia-
nocentissime paci recami»). I*asce i giovani,
sostiene gli attempali, diletta gli u li e gli
altri , e sovente fa quello, che cotau'o pa-
re rt vedere maraviglioso ; coiìciossiacosachè
e£;li nelle vecchie scorze ritorna il vigore
dtrlle fanciulle piante » e sotto le bionde e
]iscie cotenne insegna est^ere innanzi tempo
mille (i) vizzi e canuti pensieri. Piace a'
buoni , dilet'a i sag2;i , è salutevole a tut-
ti. Scaccia la tristizia , toglie la manhi-
conia , rimuove le paure , compone le li-
ti , fa le nozze , accresce le famiglie . In-
segna parlare, insegna tacere , insegna
cortesia. Dolci ci fa le dipartenze, percioc-
ché più cari e di più viva forza pieni ci
apparecchia i ritorni loro , dolcissimi i rì-
(i) Vizzo , e guizza vuol dire rugoso con le crespe ,
e {come si dice a Venezia ) carne Jìappa, Qui per traila,^
zione Vizzi pensieri vuol dir maturi.
torni e le dimore ; i quali col pensiero
delle lor gioje ci fauno poi essore ogui
noslra lontananza soave. Lietissimi c\ mena
i giorni , ne' quali ci fanno luce e risplen-
douo spesse \olte due soli , ma le notti
ancor più , siccome quelle , che il nostro
sole non ci toglioiio perciò sempre: il -^he
quando pure non avviene , egli non mai-
ca per lo più , che il sonno cortese quele
medesime feste non ci apporti e non q
doni , che alle vigilie vengono tolte e ne-
gate , e così ci miriamo noi, così ragionia-
mo insieme , così le nostre ragioni contia-
mo , cosi per mano ci prendiamo , corate
quelli fanno , che più veracemente 1' ap-
provano quando che sia. Crescono ogni
giorno le dolcezze, avanzano ogni notte le
venture ; ne per quelle , che sopravvengo-
no , mancano e scemano le sottostanti ,
anzi siccome belle nevi da belle nevi so-
praggiunte più fresche e più morbide si
mantengono in quella maniera , così degli
amorosi sollazzi , sotto le dolci copriture
idegli ultimi più dolci si conservano i pri-
mieri. Ne per le vecchie le nuove, né le
d'oggi per quelle d'jeri (i) menomano e
perdono della loro forza giammai ; anzi
siccome numero che s' accosti a numero
;vie maggior somma fa , che soli e separati
(0 Menomano , cioè scemano, si /armo minori»
Bembo VoL I. i3
1^4 DEHLI ASOLANl
far non possoiio, cosi le nostre feste posfe
e giunte altre con altre più di bene ci
porgono ciascuna , che fatto da se non
avrt'l)J>oiio . Sole bastano^ , accompagnate
crescono. Una mille ne fa , e delle mille
in hvieve tempo mille ne nascono per cia-
scuna. Sono aspettate giocondissime ; sono
nov appetiate venturose. Sono care agevoli,
in; disagevoli vie più. care ; in quanto le
viatorie con alcuna fatica e con alcun
sudore acquistate fanno il trionfo maggio-
jfe. Donate, rubate, guadagnate, guider-
ionate , ragionate , sospirate , lagriraate ,
^rotte , reintegrate, prime, seconde, false,
vere , lunghe , brievi , tutte sono dilette-
voli , tutte sono graziose. E in brìeve , sic-
come nella primavera prati, campi, selve,
piagge , valli , monti , fiumi , laghi , ogni
co?a che si vede è vaga : ride la terra ,
ride il mare , ride Y aria , ride il cielo ; di
lumi , di canti , d' odori , di dolcezze , di
tiepidezze , ogni parte , ogni cosa è piena ;
cosi in Amore , ciò che si dice, ciò che si
fa, ciò che si pensa, ciò che si mira , tutto
è piacevole, tutto è caro. Di feste, di sol-
lazzi , di giuochi , d' allegrezze , di piaci-
menti , di venture, di gioja , di riposo, di
pace , ogni stato , ogni anima è ripiena.
INon si potea rattener Gismondo del ■
dire già tutto in su le lode d* Amore con i
le parole e con 1' animo riscaldato , e tut-
tavia diceva, quando le trombe, che nelle
feste della Reina le danze temperavano
Libro IL rgS
col ìor suono , del palagio rimboraliaudo
alla bella brigata dello incomincialo festeg-
giare dieder seguo. Perchè parendo a cia-
j senno di doversi partire , e levatisi , disse
I loro Gismondo : Queste ed altre cose assai
I per avventura, o mie Donne, v'arebbono
i ragionato gli amanti nomini, se voi a dir-
j vi di sopra quali sono gli amorosi diletti ,
I gli aveste chiesti e dimandati. Ed a me
I ora non picciolo spazio convien lasciare
' del mio (i) aringo , che io correre non
posso. Ma Lavinello , al quale tocca do-
mane V ultimo incarico degli amorosi ra-
gionamenti , dirà per me quello , che io
dire oggi compiutamente non ho potuto ,
come io volea : non voglio dire dovea ,
che io sapea bene non ci essere bastante.
Allora madonna Berenice già insieme eoo.
gli altri verso il palijgio inviatasi disse :
come che ora il fatto si stia , Gismondo ,
del tuo avere a bastanza ragionato , o no ,
noi siatn pure molto ben contente, che di
Lavinello abbia a dovere essere il ragionar
di domane , il quale se noi non conosces-
simo più temperato nelle sue parole , che
tu oggi nelle tue non sei stato , io per me
non so quello che io mi facessi di venir-
ci. E che ho io detto , Madonna , rispn-
(t) Aringo da molti scritto con doppia rr^è lo spazi»
c&! si corre ^ ed è voce Provemmle,
196 DEGLI ISOLANI
dea Gìsmondo. Ho io detto altro , che
quello clic si fa , ed ancor meno ? Perchè
se io cotanto spiaciuto vi sono, be» li so
confortar, Lavimllo , che tu di quello ra-
gioni , che non si fa , se tu le vuoi piace-
re. Voleasi Lavinello pure ritrarre dal do-
ver dire , recandone sue ragioni ; che det-
to se n' era assai , e che egli non era og-
gimai agevole appresso due tali e cosi di-
verse openioni , e così ahbondcvol mente
sostentate dall' uno e dall' altro de' suoi
compagni recarne la sua , e quasi darne
sentenza. Ma ciò era niente ; perciocché
alle donne pure piaceva , che aucora egli
dicesse , vaghe d' avere uditi una volta
tu' ti e tre q uè' giovani parlitamenle ragio-
Dare , che elle sempre tenuti aveano e ri-
putati per da mollo. E quando bene le
donne lasciate di m;^le se ne avessero, non
se ne lasciava Gismondo , anzi diceva ; O
Lavinello , o tu ci prometti di dire , o io
ti fo citar questa sera diufinzi la Reina ;
che io disposto sono di vedere, se i patti,
che si fanno nelle sue nozze , s' hanno a
rompere in questa maniera. E forse avver-
rà quello, che tu, quando i palli si fece-
ro , non istimavi , che ti converrà poi
dire in sua presenza. Non si tiene ragiot^e
ora , rispondea Lavinello , mentre il fe-
steggiar dura , le liti ci sono sbandile.
Puie temendo di quello , che avvenir gli
potea , disse di far ciò che essi voleano.
E con queste parole giugueado iu su le
Libro 11. 197
sale , e quivi da altri giovani cortigiani ,
che le feste inviavano , vedute le belle
donne venire , senza lasciarle più oltre
passare , furono invitate tutte e tre , e
messe ia danza , e li tre giovani si rima-
sero tra gli alui.
'99
DEGLI ASOLANI
DI
M. PIETRO BEMBO
ne' quali si ragiona d'amore
LIBRO TERZO.
ARGOMENTO.
Dopo cììhajattoprima parlar Perottino con-
erà Cruore , e poi Gismondo rispondergli
e difenderlo^ introduce ora in questo terzo
libro Lavinello a confutare in parte , e
in parte approvar Vopinioni delV uno e
delV altro , e questo alla presenza della
Reina . Finalmente fa allesso recitando
un discorso fattogli da un Romito , parla
deir amor divino , col quale sta ogni
bene^ e dal quale ogni male è lontano.
N<
on si può senza maraviglia consi'le*
rare quanto sia malagevole il ritrovare la
verità delle cose , che in qiiistion ca iono
lutto '1 giorno. Perciocché di quante , come
200 DEGLI J^Sf)T.A.rCI
che sia , può alcun dubbio nelle nostre
menti «e/ieraisi , niuua pare che se ne
Teda sì poco dubbiosa , sopra la quale ed
in prò ed in contro dispulare non si possa
verisimilmente , siccome siopra la contesa
di Perottino e di Gismondo nelli dinanzi
libri raccolta s'è disputato. E furono già
di coloro , clie di ciò che venisser diman-
dati , prometteauo incontanente di rispon-
dere. IN è mancarono ingegni , che in ogni
proposta materia disputassero ed all' una
guisa ed all' altra. 11 che diede per avven-
tura occasione ad alcuni antichi filosofi di
credere , che di nulla si sapesse il vero , e
che altro già che semplice opinione e sti-
ma avere no-a si potesse di che che sia.
La qual credenza quantunque ed in que'
tempi fosse dalle buone scuole rifiutata , ed
ora non trovi gran fatto, che io mi creda,
ricevitori j pure tuttavia è rimaso nelle men-
ti d' intìiiilì uomini una tacita e comune
doglianza incontro la natura , che ci tenga
ìa pura midolla delle cose cosi riposta , e
di mille menzogne, quasi di mille buocie,
coperta e fasciata. Perchè molli sono , che
disperando di poterla in ogni quislion ri-
trovare , in niuua la cercano , e la colpa
alla natura portando lasciala la cognizir^e
delle cose vivono a caso. Alui poi , e vk j)iù.
molti ancora , ma di meno » olnevole sen-
timento _, i quali ti'lia ma] i',t'vol('7za del
fatto inviliti o ad al'tiui cjicicno ciò che
ciascuno ne dice , *:d a qualunque senlea-
Libro III. 201
za udire sono quasi dall' onde portali ia
quella , Mccome in uno scoglio si fermano,
o essi ne cercano leggiermente , e di quello,
che più tosto \iene loro trovalo , contenti
non vanno più avanti. Ma de' primieri non
è da farne lungo sermone , i quali a me
sembrano a male recarsi , che essi sieno
nati uomini più tosto che fiere , poscia che
eglino quella parte , che da esse ci discosta,
rifiutando privano del suo fine l'animo , e
del nostro maggior ornamento spogliano e
scemano la loro vita. A rnest' altri si può
ben dire primieramente , che egli non si
dee cosi di leggiero a rischio dell'altrui (i)
erranza porre e mandar la sua fede, quaU'
do si vede che alcuni da particolare affe-
zione sospinti , altri dalla instituzioue della
vita , o dalla disciplina de' seguitati studj
presi e quasi legati a ragionare ed a scri-
vere d'alcuna cosa si muovono , e non per-
chè essi nel vero credano e stimino che
cosi sia ; senza che si suole egli eziandio
non so come alle volte avvenire , che o
parlando o scrivendo d'alcuna cosa ci sot-
t' entra nell' animo a poco a poco la cre-
denza di quello medesimo che noi trattia-
mo. E poi che egli non basta , poscia che
essi ne cercano , leggiermente cercarne , e
(1) Erranza^ cioè errore y usato dal Ecc. nel FU. da
Dante e da Ciao, Leggi la Fabbrica corretta dal Por-,
CUCCAI.
202 DEGLI ASOLA.ISI
d'ogni primo irovamento contentarsi , per-
ciocché se agli altri che ne hanno cerco ,
non si dee subitamente credere tutto rjuello
che essi ne dicono , perchè si sono ingan-
nar potuti , ne a noi deveremo credere
subitamente , che ingannare altresì ci pos-
siamo ; e sì ancora perciò che la debolez-
za de' nostri giudicj è molfa , e di poche
cose avviene , che una prima e non molto
considerata e con lunghe disputazloni esa-
minata opinione sia ben sana. Che se alla
debolezza de' ne-^itri giudicj s' aggiunge la
oscurità del vero , che naturalmente pare
che sia in tutte le cose , vedranno chiaro
questi colali niuna altra differenza essere
tra essi e quelli , che di nulla cercano ,
che sarebbe tra chi assalito da conlrarj
venti sopra il nostro disagevole porto non
sperando di poterlo pigliare , levasse dal
governo la mano , e del tutto in loro ba-
lia si lasciasse né di porto né di lito pro-
cacciando , e chi con speranza di doverlo
poter pigliare pure al terreno si piegasse ,
ma dove fossero i segni , che la entrata
dimostrano , non curasse di por mente. La
qual cosa non faranno quegli uomini e
quelle donne , che me ascolteranno ; anzi
quanto essi vedranno essere e maggiore la
oscurità nelle cose » e ne' nostri giudicj
minore e meno penttrevole la veduta , tan-
to più né agli altri quistlonanli ogni cosa
crederanno senza prima diligente conside-
razione avervi sopra j nò quando del vero
Libro III. 2o3
in alcun dubbio cercheranno , appagheran-
no se stessi per cercarne poco ; e meno a.
quello che trovato averanno ne' primi (i)
cercari , comunque loro paja potersene sod-
disfare , si terranno appagali , estimando
che se più oltre ne cercheranno , altro
ancora ne troveranno , come quel tanto
hanno fatto , che più loro soddisfarà. Nò
essi della natura si verran dolendo , come
quelli fanno , perciocché ella non ci abbia
in aperto posta la verità delle conoscibili
cose , quando ella ne 1 argento nò l'oro né
le gemme ha in palese poste , ma nel grem-
bo della terra per le vene degli aspri mon-
ti , e sotto la rena de' correnti fiumi , e
nel fondo degli alti mari , siccome in più
segreta parte, sotterrate. Che se ella que-
sti più cari abbellimenti della nostra ca-
duca e mortai parte ha , come si vede ,
nascosi , che dovea ella fare della veri-
tà , non bellezza solamente ed adornamen-
to , ma luce e scorta e sostegno dell' ani-
mo , moderatrice de' soverchievoli disii ,
delle non vere allegrezze , delle vane pau-
re discacciatrice , e delle nostre menti ne'
suoi dolori serenatrice , e d' ogni male ni-
mica e guerriera? Le cose da ognuno age-
volmente possedute sono a ciascuno pari-
mente vili , e le rare giungono vie più
care. Quantunque io stimo che saranno
(j) Cercari nome , cioè cose eke si cercano , quisiti^
204 DEGLI ASOLÀNI
molti , che mi hiasimeranoo in ciò , che
io alla parie di queste investigazioni le
dojiiìe chiami, alle quali più s'acconvenga
negli iifficj delle donne, dimorarsi , che
andare di queste cose cercando. De' quali
tuttavia non mi cale. Perciocché se essi
non niegano , che alle donne 1' animo al-
tresì come agli uomini sia dato , non so
io perchè più ad esse, che a noi si disdica
il cercare che cosa egli sia , che si debba
per lui fuggire , che seguitare : e sono
queste tra le meno aperte qaislioni , e
quelle per avventura , d' intorno alle qua-
li siccome a (i) perni , tutte le scienze si
\olgono , segni e bersagli d' ogni nostra
opera e pensamento. Che se esse tultavolta
a quegli ufficj , che diranno que' tali esser
di donna , le loro convenevoli dimore non
togliendo negli studj delle lettere ed in
queste cognizioni de' loro ozj ogni altra
parte consumeranno , quello , che alquan-
ti uomini di ciò ragionino , non è da cu-
rare , perciocché il mondo in loro loda
ne ragionerà quando che sia. Ed ora le
quistioni eziandio di La vinello il terzo
giorno a maggior corona, che quelle de'suoi
compagni non furono , recitate ascoltiamo.
Perciocché cercandosi il dì dinanzi delle
tre donne per quelle , che dimorar con
(i) Perno è quel legno o ferro ^ che pass» per mezz».
'■a rota ^ e sopra il quaLt essa si gira^
Libro 111. 2o5
esso loro solcano , iitlio andare cbe tlie
fecero nelle feste, e trovato che elJeeiano
nel giardino , e la cagione risapu<asi ,
pervenne la novella di bocca in bocca agli
orecchi della Reina , la quale ciò udendo,
e sentendo che belle cose si ragionavano
tra quella brigata , ma più avanti di loro
non sapendole perciò alcuna ben dire ;
mossa dal chiaro grido , che i Ire giovani
aveano di valenti e di scienziati , ne le
prese talento di volere intendere quali
stati fossero i loro ragionamenti. Perchè la
sera poscia che festeggiato si fu , e cenato e
confettato, ne altro attendendosi, che quel-
lo che la Reina comandasse , ave.ìdo ella
tra le più vicine a se madonna Berenice ,
il viso e le parole verso lei dirizzando
lietamente disse : Cliente v'è paruto il no-
stro giardino, madonna Berenice, questi dì,
e che ce ne sapete dire ? perciocché noi
abbiamo inteso che voi con vostre compa-
gne vi siete stata. Mollo bene , Madama ,
rispose la donna al dire di lei levatasi in-
chinevolmente. Egli m'è paruto tale, quale
bisognava che egli mi paresse essendo di
vostra Maestà. E quivi dettone quello ,
che dir se ne poteva, cortesemente, e tal-
volta il testimonio di Lisa e di Sabinelta
mescolandovi, che mollo lontane non l'era-
no , fece tutte l'altre donne, che l'udiva-
no e veduto non V aveano , in raanleia
disiderose di vederlo ancora esse , che a
loro si facea già tardi che la Reina si le^
Oo6 DFGLr ASOLAPfl
vasse , per potervi poi andare quella sera
ancora col giorno , il quale tuttavia di
j»ran passo s' inchinava verso il Marrocco
per nascondersi. Ma la Rtìina leggermente
avvedutasene , poi che madonna Berenice
5Ì tacque , nel vero , disse , egli ci suole
essere di diporto e di piacere assai. E
perciocché buoni di sono , che noi non vi
Marno state , e queste donne per avventu-
ra piglierebbono un poco d' aria volentie-
ri » noi vi potemo andare tutte ora per
lo fresco. E così levatasi , e presa per ma-
no Madonna Berenice , con tutte V altre
scesa le scale e nel bel giardino entrata ,
lasciatene molte andare chi qua chi là sol-
lazzandosi , con lei ad una delle belle fine-
stre riguardanti sopra lo spazievole piano
si pose a sedere , e sì le disse : Voi ci ave-
te ben detto di questo giardino molte co-
se , le quali noi sapevamo , come che voi
ce r avete fatte maggiori , che elle non
sono. Ma de' vostri ragionamenti , che fatti
v'avete , de' quali noi ninna cosa sappiamo,
e nondimeno intendiamo che sono suti così
belli e così vaghi , non ci avete perciò
detto cosa alcuna. Fatecene partecipe , che
egli ci sarà caro. Perchè ella non sapendo
come negargliele , e dopo altre parole » e
dopo molte lode date a' tre giovani , fatta
dolqc.nente sua scusa, che ella pure a ri-
pensare tra se stessa il tutto di tanti e tali
ragionamenti non si sarebbe di leggiero
arrischiata , non che di raccontargli a sua
Libro IIL 207
Maestà si fosse toiuta bastante, dalla mag-
ij;ioranza data primieramente a Gismondo e
dalla sua cagione cominciatasi non rislelle
*»•
prima di dire, che ella tutte le parti de'ser-
raoni di Perotlino e di quelli di Gismondo
brievemente raccogliendo , la somma delle
loro quislioni al meglio che ella seppe le
ebbe isposta , avendo sempre risguardo che
come donna e come a Reina gli espouea.
La Reina uditala , e parendole Ja macchia
e r ombra aver veduta di belle e conve-
nevoli dipinture , sentendo che Lavinello
avea a dire il di seguente , si dispose di
volerlo udire ancora essa , e d' onorare sii
bella compagnia quel dì che ella potea
con la sua presenza , e dlssegliele. Il che
alla donna fu molto caro , parendole che
se la Reina vi venisse , ogni materia do-
vesse potere essere tolta via a chiunque di
così fatti ragionamenti e di tale dimora
fosse venuto in pensiero di parlarne meno
che convenevolmente. Erasi già col fine
delle parole di madonna Berenice ogni lu-
ce del dì partita dal nostro emispero, e le
stelle nel cielo aveano cominciato a ripren-
dere da ogni parte la loro. Perchè con
€{ue]la di molli torchi la Reina e l' altre
donne risalite le scale s'andarono alle loro
camere per riposarsi , nelle quali come f(,'.
con le sue compagne madonna Bere.iice ,
detto loro ciò che con la Reina ragionato
avea tanta ora , e il suo pensiero , manda-
rono di presente per li tre giovani, i quali
20?^ DEfJLI ASOLÀNl
•\ e liuti disse madonna Berenice a La vinel-
lo : Lavinello , egli t' è pure venuto fatto
nuello, di che osai Gisinondo ti minacciò t
sappi che ti converrà dire m presenza di
madonna la Reina domane. E fatto loro
inlcndere come la novella era ita ; e al-
quanto sopra ragionatone , licenziatigli ,
a' bisogni della notte e al sonno diedero
le loro ore. Ma venuto il dì, e desinatosi,
e ciascuno alle sue dimore ritornato , pre-
sa la Reina quella compagnia di donne e
di gentili uomini , che le parve dover pi-
gliare , con le tre donne e co' tre giovani
n'andò nel giardino, e messasi ancor lei a
sedere sopra la verde e dipinta erbetta al-
l' ombra degli Allori , come V altre in su
due bellissimi origlieri , che quivi posti
dalle sue damigelle 1' aspettavano , e cia-
scuno altro delle donne e degli uomini
secondo la loro qualità chi più presso di
lei e chi meno rassettatisi , altro che il
dire di Lavinello non s' altendea , il quale
fatta riverenza alla Reina incominciò : Po-
scia che io intesi Madonna esser piacere
di vostra Maestà , che io in presenza di
voi ragionassi quello , che alla picciola no-
stra brigata di questi due dì avere a ragio-
nare mi credea , stetti buona pezza sopra
me alla debolezza del mio ingegno , e al-
l' importanza delle cose propostemi , e al
convenevole di vostra Altezza ripensando ,
e pareami aver mal fatto , cenando io alle
nostre donne e a' miei compagni promet-
Libro ITI. 209
tendo di dire accettai questo peso. Percioc-
ché quaatuiiqiie io allora estimassi come
che sia poter per avveutura soddisfare al
loro disio , iioiidimeDO tosto che io mi
pensai che le mie parole alle vostre orec-
chie doveauo pervenire , e la immagine di
voi mi posi innanzi , subitamente e le mie
forze più brievi , e la materia più ampia es-
sere m'app'irvoao d'assai, che elle non m'e-
rano per Io addietro parute. Perchè io mi
tenni essere a stretto partito infinoattavito ,
che air infinita vostra naturale umanità ri-
volto il pensiero da lei confortato ripresi
animo, estimando di non dover potere er-
rare ubbidendovi ; perciocché io d' ogni
niio possibile fallo ne la conoscea vie mag-
giore. Oltre che poi più altre parti d' in-
torno a questo fatto considerate compresi»
che se la fortuna avendo risguardo alla
grandezza delle cose che dir si poleano ,
avea loro maggiore ascoltatrice e più alta
giudice apparecchiata , ciò a me non do-
I vea essere discaro , quando da voi e per-
i dono dove io errassi , e ajuto dove io
mancassi , venire abbondevolmente mi po-
i tea , e non altro. Senza che se io risguar-
do più avanti , buona arra mi \ nò esser
questa di dovere ancora poter vincere la
presente quistìone da Gismoudo proposta-
ci , e da lui e da Perottino disputata , il
vedere allo ascoltamento de' miei amorosi
ragionamenti datami la Reina di Cipri , la
(jual cosa non avvemie degli loro. Vaglia-
Membo VoL I, J4
jrO DEGLI ÀSOLANI
mi adunque il così ]>reso di voi
Madonna ia quella parte , che io il pren-
do , e aspiri ora in ciò , che io debho
dire, il dolce raggio della, vostra salutevo-
le (i) assiJenza , nell'ampio favor della
quale distendt.udo le sue ali il mio piccio-
lo e paufoso ardire con buona licenza di
voi incominceiò . Comportevoli poteauo
essere ameiidue le opinioni. Madonna, jcri
a voi dalle nostre donne e loro questi
giorni da' miei compagni recitate , e di
volontà si sarebbe la lor lite terminar po-
tuto senza nuovo giudicio alcuno, se l'uno
dalla noja e F altro dalla gioja che essi
amando sentono , sollecitati la giusta misu-
ra nel giudicare passata non avessero , e
la libertà del dire portata ciascuno in trop-
po stretto e rinchiuso luogo. Perciocché
per conpreudere in brieve spazio tutto
quello in che essi occuparono lunga ora ,
se come hanno voluto dimostrarci 1' uno
che Amore sempre è reo , né può esser
buono, e l'altro che egli sempre è buono,
uè può reo essere , avessero così detto che
egli è buono , e che egli è reo , e oltre a
ciò non si fossero iti ristrignendo , di
meno si sarebbe potuto fare di dare ora
questo disagio a vostra Maestà d'ascoltarmi.
Perciocché nel vero cosi è , che Amore ,
di cui ragionato ci s' è , può essere e buo-
no e reo , siccome io m'accosterò di far
;i, Assidi'nza è latto del sedsre y assistenza^ presene
zay accomodato a sedere.
Libro ITT. 2n
ior clilaro. E quantunque di queste lor
tali e così falle opinioni maniieslameale
ne segua convenirsi di necessità confessare
che almeno V una non sia vera , percioc-
ché esse tra se si discordano , non per
tanto eglino sopra ciò in cotal guisa le ve-
le diedero de i loro ragionamenti , che
senza fallo e Y una e 1' altra sono potute
agli ascoltanti parer vere ; o almeno quale
sia la men vera , sciorre non si può age-
volmente , il che tuttavia che amendue
sieno false non è picciol segno, conciossia-
cosaché la verità , quando ella è tocca ,
saghe quasi favilla fuori delle bugie subi-
tamente manifestandosi a chi vi mira. E
certo molte cose ha raccolte Perottino ,
molte novelle, molli argomejili recali, per
dimostrarci che Amore sempre è amaro ,
sempre è dannoso ; molti dall' altra parie
Gismondo in farci a credere , che egli
altro che dolcissimo e giovevolissimo es-
sere non possa giammai. L' uno doglio'
so , r altro festoso è stalo. Quegli pian-
gendo ha fatto noi piagnere , questi mot-
teggiando ci ha fatti ridere più volte. E
mentre che in diverse maniere ciascuno e
con più (i) amminicoli s' é ingegnato di
sostentare la sua sentenza ; dove gli altri
per trarne il vero disputano , che in dub-
bio sia , essi con le loro dispute 1' hanno
posto iu quislione , dove egli non v' era.
(i) AmminicoUf tioè aiuti ^ S9s tentarne ntit
212 DEGI-T ASOLACI
Ora non aspetliao i miei compagni che io
a ciascuna parie ra' opponga delle loro
contese, che sono per lo più di soveixhio.
Io di tanto con loro gareg^erò, di qnan-
to fie bastevole a fargli racconoscenti delle
loro torte e mal prese vie. Dìjo aduncjue.
Madonna , che conciossiacosaché Amore
niente altro è che disio, il quale come che
sia d'intorno a quello che c'è piaciuto, si
gira, perciocché amare senza disio non si può
odi goder quello che noi amiamo, o d'al-
tramente goderne che noi non godiamo, o di
goderne sempre , e di bene che noi con la
volontà all'amate cose cerchiamo; e disio altro
non è , che Amore , perciocché desiderare
cosa che non s' ami , non è di nostra
possa, ne può essere in alcun modo; ogni
amore e ogni disio sono quel medesimo
e r uno e V altro. E questi sono in noi
di due maniere solamente, o naturali ,
o di nostra volontà. Naturali sono , sic-
come è amare il vivere , amare lo inten-
dere , amare la perpetuagione di se mede-
simi , i figliuoli , e le giovevoli cose , che
la natura senza mezzo alcuno ci dà , e
sempre durano , e sono in tutti gli uomi-
ni ad un modo. Di nostra volontà sono
poi quegli altri , che in noi separatamente
si creano , secondo che essa volontà invitata
dagli obbietti muove a desiderare or uno or
altro , or questa cosa or quella , or molto
or poco , e questi disii e scemano e cre-
scono , e si lasciano e si ripigliano , e ba-
LlBKollL 2t3
5laco e non tastniio , e in qucsi'' animo
d' una maniera e in quello soao d' altra ,
siccome noi medesimi vogliamo , e acconci
siamo a dar loro ne' nostri animi alloggia-
mento e .stato. INIa non a ventura né a
caso ci furono co'-i date queste guise di
disii , Madonna , (he io vi ragiono , anzi
con ordinalo consiglio di chiunque s'è co-
lui , che è di noi e di tutte le cose | ri-
ma e verissima cagione. Perciocché volen-
do egli che la generazion degli uomini ,
siccome anco quelle degli altri animali ,
s' andasse col mondo perpetuando ricove-
randosi di tempo in tempo , s' avvide esse-
re di necessità crear in tutti noi altresì ,
come in loro , questo amor di vita , che
io dissi , e de' figliuoli , e delle cose che
giovano e fanno a nostro migliore e più
perfetto stato , il quale amore se stalo non,
fosse , sarebbe co' primi uomini la no-
stra spezie finita , che ancor dura . Ma
perciucché avendoci esso a maggiori cose
e a più alio fine creati , che fatto gli al-
tri animali non avea , aggiunse ne' nostri
animi le parti della ragione, fu di mestie-
ro , acciocché ella in noi vana e oziosa
non rimanesse , che egli la volontà , che
io dissi, eziandio aggiugnesse in noi libera
e di nostro arbitrio , con la quale e disi-
derare e non disiderore potessimo d'intor-
no alle altre cose , secondo che a noi ve-
lìisse parendo il migliore. Cosi avviene ,
ehe nelle naturali e primiere nostre voglie
ir4 DF^I^I ASOLANT
tutti amiamo e disideriamo ad un modo ,
siccome fanno gli altri animali medesimi ,
i quali procacciano di vivere e di bastare
al meglio che essi possoi^a ciascuno ; ma
nelle altre non così , perciocché io tale ne
potrò amare , che non amerà Peiottiuo ,
e tale amerà egli , che io per avventura
non amerò , o egli molto V amerà , dove
io r amerò poco. Ora è da saper quello ,
di che jeri Gismondo ci ragionò, che per-
ciocché la natura non s'inganna, i disii che
naturali sono, sono slmilmente buoni sem-
pre , né possono rei essere in alcuna ma-
niera giammai , ma gli altri , il che non
ci ragionò g'à jeri Gismondo , perciocché
la nostra volontà può irgannarsi , e più
sovente il fa che io non vorrei , e buoni
e rei esser possono altresì , come sono i
fini , a cui ella dirizza il disio. E di questa
maniera di disii è quello , di cui ci propo-
se il ragionare Gismo))do , ed. il quale
amore generalmente chiamano le genti tut-
to di, e per lo quale noi amanti comune-
mente ci chiamiamo ; conciossiacosaché se-
condo r arbitrio di ciascuno amiamo , e
disamiamo , e diversamente amiamo, e uoa
necessariamente sempre , e tutti quel me-
desimo , e ad un modo , siccome avviene
ne' naturali disii. Perchè egli e buono e
reo esser può secondo la qualità del fine ,
che dalla nostra volontà gli é dato. Quan-
tunque Gi-ìmondo per sostegno delle sue
ragioni , che cadeano , co' naturali disii
Libro III. 2 1 5
nel mescolasse , volendoci dimostrar per
questo , che egli buono fosse sempre , ne
potesse malvagio essere iu alcun tempo.
Perciocché chi non sa , che se io gentile
e valorosa douna amerò , e di lei lo 'nge-
gno , r onestà , la cortesia , la leggiadria ,
e r altre parli dell' animo più che quelle
del corpo , uè quelle del corpo per se ,
ma in quanto di quelle dell' animo sono
fregio ed adornamento ; chi non sa dico ,
che se io cosi amrrò , il mio amore sarà
Luono , perciocché buona sarà ia cosa da
me amata e disiderata ? Ed allo 'ncontro
se io ad amare disonesta e stemperala don-
na mi disporrò» o pure di casta e di tem-
perata quello, che suole essere obbietta
d' animo disonesto e stemperato , come si
potrà dire che tale amore malvagio e fello
non sia; conciossiacosaché quello che si cer-
ca , è in se medesimo fello e malvagio ?
Certo siccome a chi ia quella giisa ama ,
le più volte avviene che quelìe venture lo
seguono, che ci disse Gismondo che segui-
vano gli amanti, risvegliamento d'ingegno,
sgombramento di sciocchezza , accrescimen-
to di valore , fuggimento d' ogiii voglia
bassa e villana , e delle uoje della vita in
ogni luogo in ogni tempo dolcissimo &
salutevolissimo riparo ; così a chi in qvie-
sta maniera disia , altro che male avvenire
non gliene può : perciocché bene spesso
queir altre sciagure lo 'ucontrano , nell«
quali GÌ mostrò Perottiao^ cke incontrava*
2l(5 DF.GLl ASOLANI
no gli amanti cotanle e così gravi : scor-
ni , sospetti , pentimenti , gelosie , sospiri ,
l;»grime , dolori , manche7za (li tutte le
buone opere , di tempo , d' onore , d'ami-
ci , di consiglio , di vita , e di se medesi-
mo perdezza e distruggimenlo. Ma non
credere tuttavia Glsmondo , pcrcioccliè io
così parli , che io per avventura stimi
buono essere lo amare nella guisa , che tu
ci hai ragionato. Io tanto sono da te, quanto
tu dalla verità lontano , dalla quale ti di-
scosti ocni volta , che fuori de' termini de'
duo primi sentimenti e del pensiero ti la-
sci dal tuo disiderio traportare , e di loro
amando non stai contento. Perciocché è
■verissima opinione a nei dalle più appro-
date scuole degli antichi diffinitori lascia-
ta , nulla (i) altro essere il buono amore ,
che di bellezza disio. La qual bellezza che
cosa è , se tu con tanta diligenza per io
addietro avessi d' intendere procacciato *
con quanta ci hai le parli della tua bella
donna voluto jeri dipingere sottilmente,
uè come fai , ameresti tu già , né quel-
lo , che tu cerchi amando , aresti a gli
altri lodato , come hai . Perciocché ella
non è altro , che una grazia , che di pro-
porzione e di convenenza nasce e d'armo-
nia nelle cose; la quale quanto è più per-
fetta ne' suoi suggelti , tanto più amabili
(i) Amor buono è disio di bellezza.
Libro UT. 217
essere ce gli fa , e più vaghi , ed è acci-
dente uei;li nomini non meno dell'animo,
che del corpo. Perciocché siccome è hello
qnel corpo , le cui raemhra tengono pro-
porzione tra loro , così è hello quello ani-
mo , le cui virtù fanno tra se armonia ; e
tanto più sono di hellezza partecipi e Tuno
e l'altro , quanto in loro è quella grazia ,
che io dico , delle loro parti e della iorp
convenenza più compiuta e più piena. E
adunque il huon amore disiderio di hellez-
za tale , quale tu vedi , e d' animo pari-
mente e di corpo , ed a lei , siccome a
suo vero ohhietto , hatte e stende le sue
ali per andare. Al qual volo egli due fine-
stre ha , r una , che a quella dell' animo
lo manda , e questa è V udire , 1' altra ,
che a quella del corpo lo porta , e questa
è il vedere. Perciocché siccome per le for-
me, che a gli occhi si manifestano, quan-
ta e la hellezza del corpo conosciamo 9
così con le voci , che gli orecchi ricevono,
quanta quella dell'animo sia, comprendia-
mo. JNè ad altro fine ci fu il parlare dalla
natura dato , che perchè esso fosse tra
noi de' nostri animi segno e dimoslramen-
lo. Ma perciocché il passare a'ioro ohhielti
per queste vie la fortuna ed il caso soven-
te a' nostri disiderj tor possono da loro,
siccome spes<?o avviene, lontanandoci; che
come tu dicesti , a cosa , che presente
' non ci sia , 1' occhio , ne V orecchio non
si stende ; quella medesinia natura , che i
2l8 DEGLI A80LANT
due senllmentl daii u'avta, ci diede pari"
mtnfe il pensiero , cn] quale potessimo al
godimento delle une bellezze e delle altre ',
quandunque a noi j iacesse , pervenire.
Conciossiacosaché , siccome ci ragionasti tu
ieri lungamente , e le bellezze del corpo e
quelle dell' animo ci si rappresentano col
pensarvi , e pigliasene ogni volta , che a
noi medesimi piace , senza alcuno osta-
colo godimento. Ora siccome alle bellez-
ze dell' animo aggiugnere , ne fiutando ,
lìè t( ccando , né gustando non si può ,
cosi non si può né piili né meno eziandio
a quelle del corpo, perciocché questi sen-
timenti tra le siepi di più materiali obbiet-
ti si rinchiudono , che non fanno quegli
altri. Che perchè tu fiutassi di questi fiori,
o la mano stendessi tra quc^t' erbe , o gu-
stassine, bene potresti tu sentire quale di
loro è odorante, quale (i) fiatoso, quale
amaro, quale dolce, quale aspero, quale
morbido ; ma che bellezza sia la loro , se
tu non gli mirassi altresì, mica non potre-
sti tu conoscere più di quello, che potesse
conoscere un cieco la bellezza d'una dipin-
ta immagine, che davanti recata gli fosse.
Perchè se il buono amore , come io dissi ,
è di bellezza disio , e se alla bellezza altro
di noi e delle i>ostre senlimenta non ci
scorge , che l'occhio e l'orecchio ed il pen-
(i) Fi»loso , cioi puz^olentt.
Libro ITT. 21 q
siero, tutto quello, che è dagli amanti eoa
gli altri sentimenti cercato fuori di ciò ,
che per sostegno della vita si procaccia,
non è buono amore , ma è malvagio ; e tu
in questa parie amatore di bellezza non sa-
rai, o Gismondo , ma di sozze cose. Per-
ciocché sozzo e laido è l'andar di qne' di-
letti cercando, che in strariera balia dimo-
rano, ed avere non si possouo senza occu-
pazione dell' altrui, e sono in se stessi e
disagevoli e uocenli e terrestri e (i) limac-
ciosi: polendo tu di quelli avere, il godere
de' quali nella nostra potestà giace, e go-
dendone nulla s'occupa che alcuno tenga
proprio suo , e ciascuno è in se agevole ,
innocente, spiritale, puro. Questi bastava
che tu jeri ci avessi lodati, o Gismondo :
questi potrai tu ad ogni tempo con le
prose e con le rime innalzare: che sopra
il convenevole senza fallo alcuno essi giam-
mai non saranno innalzati. Di quegli altri
se tu pure ragionar ci volevi , biasimando-
gli a tuo potere e avvallandogli dovevi tu
farlo : che il buono amore aresti lodalo ac-
conciamente in questa guisa , dove tu l'hai
sconciamente in quella maniera vituperato.
11 quale perciocché grande Iddio si dice
essere, io ti conforterei, Gismondo , che tu,
ora il contrario facessi in ammenda del tuo
errore di quello , che fé' già Stesicoro negli
(O Limacciosi y cioè gieni di Limo ^ o di fango y o
di belletta .
220 HECLl A/SOLANI
antichi leiupì in ammenda del sno: per-
ciocché avendo eijli co' suoi versi la Greci
Elena vituperala, e fatto per fjncslo cicco,
da capo in sua leda rlcartandone tornò
sano. Così tu ocgi conlrariairicnte tanto di
]oro ci rifavellassi dispre7zari(logli , quanto
tu jcri ci hai apprezztìndrgU ragionalo, e
si riaverai tu la luce del diritto giudicio,
che hai perduta. Tacque l.av indio così un
poco, detto che egli chbc infin qui, e co-
n:e avviene che si fa ragionando (i) foslatosi
ricoglieva spirilo per lijarlarc; quando la
Bciua soavemente alquanto sopra se recatasi
così a lui con sereno aspelfo cominciò, e
disse: Bene avete fatto Lavinello, per certo
a sovvenirci ora di quello, poeti e versi
ricordandoci , di che per avventura la va-
ghezza de' vostri ragioname^'ti lacendol voi
ci arcbhe tenuta obbliosa. Perciocché aven-
do i vostri compagni, siccome noi ahhiamo
inteso, tra gli loro ragionamenti di questi
dì cotante e cosi belle rime mescolate, che
le vostre donne udite hanno , non volete
ancor voi ora alcuna delle vostre mescolare»
e tramettere in questi parlari , che noi
ezirsudio ascoltiamo , poscia che le loro uon
abbiamo ascoltale ? Se io rime avessi , Ma-
donna, rispose con riverente fronte Lavi-
nello, le quali di tanto fossero di quelle
de' miei compagni più vaghe, quanto sete
(i) Sostatosi y cioè fermatosi.
Libro III. 221
Toi tìelle nostre donne maggiore, io per
avveutura potrei oggi senza biasino d'arro-
ganza recitarne alcuna, siccome essi fecero
jeri e dianz' jeri le molte loro, che voi dite.
Ma io non le bo pure di gran lunga al
nostro picciolo primicr cerchio b.jstevoli ,
jì'^n che elle ardissero di lasciarsi in così
ampio teatro , quale la vostra presenza è ,
in alcuna g.iisa sentire. Perchè piaccia più.
tosto a vostra Maestà di non mi porre ad-
dosso quel peso, che io portar non posso.
Voi di troppo ci onorale, riprese la Reina,
eoa la vostra grande umanità, e le vostre
donne si porranno di voi dolere, le quali
noi come sorelle onoriamo. JMa lasciando
ciò andare, voi di certo ci fareste ingiuria,
se di quello non voleste rallegrarci, di che
hanno i vostri compagni le loro ascol-
tatrici rallegrate , e di che tuttavia sentia-
mo, che sete abbondevole e dovizioso an-
cor voi . Per la qual cosa non trovando
Lavinello via, come onestamente ricusare
gliele potesse , dopo altre parole sì di ma-
donna Berenice, che la Reina cortesemente
pregava che al tutto 1© facesse dire alcuna
canzone, e sì di Gismondo, che diceva che
egli n'era maestro, esso così disse: Io dirò.
Madonna, poi che così piace a vostra Maestà,
e dirò pure, come io potrò; e poscia che
a questo fare mi chiamate ora , che io del-
le tre innocenti maniere di diletti , che
Lene amando si sentono, vi ragiovava,
quello di loro, che tre mie canzoni nal;^
222 DrGLI A SOLINI
ad un corpo ne raccogliessero già, in parte
vi l'accoutt.'iò, acciocché io cosi più tosto
questo rischievole passo valicato l'altri par-
te de' miei ragionamenti possa con più si-
curo piede fornire , e ciò detto cosi inco-
mincio la primiera.
Perchè'' l piacer a ragionar ni invoglia^
E di sua propria man mi detta Amore ,
]Se da L'uri né da V altro ardisco aitarmi;
Sgomhrimisi del patto ogni altra voglia ,
E sol questa mercede appaghi il core ^
Tanto di io dlca^ e possa contentarmi.
CJi ai)er dinanzi sì bel viso panni y
Si pure vociy e tanto alti pensieri ,
Clie perdi io mai non speri
Per forza di mio ingegno, o per altr arte
Cose leggiadre e nove ,
Che^n milC anni volgendo il cielnonpiove,
QuaC io le stnto al cor , stender in carte ;
Pur le mìe ferme stelle
Porban ad or ad or, dì io ne favelle.
Era ne la stagion , che '/ ghiaccio perde
Da le viole , e '/ Sol cangiando stile
La faccia oscura a le campagne ha tolta :
Quando tra '/ bel cristallo el dolce verde
jMli corse al cor la mia donna gentile 'y
Che correr vi dovea sol una volta.
Alia Ventura in quel punto avea disciolta
La treccia d'oro : e quel soave sguardo
Lieto cortese e tardo
ylrmavan sì felici e cari Imni,
Che quant^ io "vidi poi
Vago amoroso e pelle.grln fra noi y
Libro ITI. 22 3
Rimembrando di lor tenni ombre e fumi ;
E dicea fra me stesso :
yljnor senza alcun dubbio è qui da presso.
Ben diss^ loH ver, che come l dì col Soie^
Così con la mia donna ylìnor ven sempre^
Che dn begli occJd mai non s^allontana.
Poi senti ragionando dir parole ^
E risonar in sì soavi tempre ,
Che già non mi sembiar di lingua umana,
Correa da parte un<i chiara fontana^
Che vide Vacque sue quel dì più vive
Avanzar per le rive ,
E 'ncontro i raggi de le luci sante ^
Ogni ramo inchinarsi
Del bosco intorno^ e piìk frondoso farsi ^
E fiorir l'erbe sotto le sue piante ^
E quetar tutti i venti
Al suon de'' primi suoi beati accenti.
Quante dolcezze con amanti unquanco
Non eran itate certo infin quel giorno^
Tutte fur meco ; e non la scorsi appena.
Trincea la neve il vestir puro e bianco
Dal collo ci piedi: eV bel lembo d' intorno
Avea virtù da far l'aria serena.
L'andar toglieva V alme a la lor pena^
E ristorava ogni passato oltraggio :
Ma V parlar dolce e saggio ,
Che ni avea già da me stesso diviso,
E i begli occhi , e le chiome ,
Che fur legami a le mie care soìne.
De le cose parean di paradiso
Scese qua giuso in terra ^
Per d(ir, &l mondo pace, e torli guerrot
224 DEGLI ASOLA NT
Deh se per ì72Ì'> dentili voci morCali,
E san eli dotila pur queste bellezze^
Beato cìiì l'ascolta , e chi la mira :
J^da se noti son\ chi mi darà tinte all^
Cli LO segua leiy s'avvien eli ella non p rezze
Di star là 'x>e si piagne e si sospirai
Così pensava: e'n. quanto occh'O si gira^
T^idi un^ che^l dolce volto dlpingea
Parte ^ e parte scrivea
Ne l'alma dentro le parole el suono
Dicendo : queste ornai
Penne da gir con lei tu sempre arai,
jillor mi scossi: e qual io qui mi sono.
Tal la mia donna bella
M'era nel petto in viso ed in favella,
lìimanti qui , Canzon ; poiché de l^alto
Mio tesoro infinito
Così poveramente t" hai vestito.
Delta questa canzone volea Laviuell*
a' suoi ragionamenti ritornare: ma la Rei-
na, che del suo dire di tre canzoni nate
ad un corpo non s'era dimeaiicata; esseu-
donele questa piaciuta, volle che egli eziandio
alle altre due passasse: onde egli la se-
conda in questa guisa incominciando segui-
tò, e disse:
Se ne la prima voglia mi rinvesca
Inanima desiosa, e pur un poco
Per levarmi da lei Vale non stende^
Meraviglia non è: di sì dolce esca
Movono le faville , e nasce il foco ,
Libro III, 2a5
Clì a ragionar di voi donna ni accende,
T^oi siete dentro : e ciò che fuor risplende ^
Esser altro non può , che vostro raggio»
Ma per eh' io poi non aggio
In ritrarlo ad altrui le rime accorte ,
Ben ha da voi radice
Tutto quel,, che per me se ne ridice'.
Ma le parole son debili e corte'.
Che se fosser bastanti ,
Ne ""nvagliirei mille cortesi amanti.
Però che da quel dì, clì io feci in prima
Seggio a voi nel mio cor, altro die gioja
Tutto questo mio viver non è stato.
E se per lunghe prove il ver s'estima,
(Quantunque dì io mi viva, o dì io ini moja^
Non spero d'esser mai , se non beato ;
Sì fermo è 7 pie del mio felice stato .
E certo sotto V cerchio de la luna
Sorte gìojosa alcuna.
Ed un ben, quanto'' l mio, non si ritrova»
Che scaltri è lieto alquanto ,
Immantenente poi V assale il pianto'.
Ma io non ho dolor ^ che mi rimoya
Da la mia festa pura ,
Vostra mercè, Madonna, e mia ventura.
E se duro destin a ferir viemmi
Con più forza talor , di là non passa
Da la spoglia, ondalo vo caduco e frale;
Che'' l piacer, di che Amor armato tiemmi^
Sostiene il colpo, o gir oltra noi lassa.
Ita \e sedete voi , che V fate tale.
Però s" io vivo a tempo , che mortale
Fora ad altrui, non è per proprio ingegno^
Bembo VoL I, i5
22^ DFOLI ASOT ANI
Jo per Vìe nacijiu un seono
yid o^ni strul de le sventure umane :
Ma i)oi Siete il mio schermo:
E perdi io sìa di mia natura infermo »
Sottri 7 caso di me poco rimane.
Ijasso , ma chi può dire
IjC tante guise poi dfl mio gioire ?
Che spesso un giro sol degli occhi vostri^
Una sol ì'oce lìi allentar lo spirto
Mi l'Ssa in mezzo 7 cor tanta dolcezza^
Che noi ponan contar lingue né inchiostri',
Aè coA 7 verde serva Unirò o mirto ,
Corìi ei le forme d'ogni sua vaghezza.
Ed ho sì Valma a questo cibo avvezza^
C K a lei piacer non può , né la dtsvia
Cosa , che voi non sia ,
O col Vostro pensar non s''accompagne;
E quando il giorno breve
Copre le rive e le piaggie di neve;
E quando^l lungo infiannna le campagne ^
E quando aprono i fiori;
quando i rami poi tornan mmon.
Gìgli y c(dta i viole ^ acanto^ e rose ^
E rubini^ e zaffiri^ e perle ^ ed oro
Scopro^ s'io mito ntl bel vostro volto.
Dolce armonia de le più care cose
Sento per Caere andar , e dolce coro
Di spiriti celesti y s* io v ascolto.
Tutto quel y che diletta^ insieme accolto
E p<nto col piacer , che mi trastulla
òe di voi penso , è nulla .
JSe g arerei cìì Amor tanto s'avanzi ,
l^erclì ha la face e Varco j
Libro HI. 227
Quanto per voi mio prezioso incarco :
Kd or mei par veder , dì a voi dinanzi
Voli superbo , e dica :
Tanto son io, quanto vìe questa amica»
T^è tu per gir, Canzon, ad altro albergo
Del mio ti partirai \
Se quanto rozza sei, conoscerai,
E poi di questa passò Lavi nello ezian-
dio alla terza senza dimora , e disse .
Da poi cìì Amor in tanto non si stanca
Dettarmi quel , ond! io sempre ragioni ;
E V piacer più die mai dentro mi punge^
Ancor dirò ; ina se dal vero manca
La voce mia, madonna il mi perdoni,
Che''n tutto dal nostr uso si disgiunge.
E come salirei , dov^ ella aggiunge ,
Io basso e grave ed ella alta e leggerai
Basti mattino e sera
Lì alma inchinarle, quanto si convene',
E qualche pura scorza
Segnar allor, cheH gran desio mi sforza.
Del suo bel nome, e le più fide arene ,
Acciocché V mar la chiami ,
Ed ogni selva la conosca ed ami.
Questo faccia il desir in parte sazio.
Che vorria alzarsi a dir de la mia donna.
Ma tema di cader lo tiene a freno.
E se per le sue lode unqua mi spazio ,
67/' è ben d'alto valor ferma colonna ;
iVo« è però, cK io creda dime a pieno ^
Ma perdi altrui lo stato mio sereno
228 DEGLI ASOLANI
Cerco mostrar, che sol da lei diriva ,
Forza è talor^ eli io scriva ,
Coììioi^ni mio pensier iriJi si miete',
' O fli quella soave
j^ura , che del mio cor volge la chiave^
O pur di voi , che 7 mio sostegno siete.
Stelle lucenti e care ,
Se non quando di voi ini siete avare.
Voi ditte al viver mio Pun fido porto :
Che comedi sol di luce il mondo ingombra,
E la nebbia sparisce innanzi al vento ;
Così mi vien da voi gioja e conforto,
E così d^ogni parte si disgombra
Per lo vostro apparar noja e tormento.
U altro è, quando parlar madonna sento.
Che d ogni bassa impresa mi ritoglie:,
E quel laccio discioglie ,
Che gli animi stringi ndo a terra inclina.
Tal ^ eh io nd Jido ancora,
Quand" io sarò di questo career fora,
F.ir di me stesso a la m irte rapina ;
E'' n più leggiadra forma
Rim-mer degli amanti esempio e norma.
Il terzo è 7 mio so Ungo alto pensiero ,
Col qiial entro a mirarla , e cerco, e giro
Suoi tanti onor, che sol un non ne lasso:
E scorgo il bel sembiante umile altero ,
E 7 riso , che fa dolce ogni martiro ,
E''l cantar, che pò ùria mollire un sasso.
O quante cose qui tacendo passo ,
Cile mi stan chiuse al cor sì dolcemente,
jOL raffermo la mente
in un giardin di novi fiori eterno :
Libro III. 229
Ed odo a dir nelV erba ,
y4 la tua donna questo si riserba :
Ella potrà qui far La state e V verno.
JJi co ta"* viste vago
Pascomi sempre^ e d'altro non irC appago*
E chi non sa^ quanto si gode in cielo
Vedendo Dio per Vanirne beate
Provi questo piacer , di eli io gli parlo.
Da quel dì innanzi mai caldo né gelo
Non temerà^ né altra indignitate
jirdirà de la ruta unque appressarlo',
E pur eli un poco mova a salutarlo
Madonna il dolce e grazioso ciglio ^
Più di nostro consiglio
Non avrà uopo^ e vincerà il destino'.
Che quelle vaghe luci
^ salir sopra 7 del gli saran duci ;
E mostrerangll il piti dritto camminox
E potrà gir volando
Ogni cosa mortai so'^to lasciando .
Ove ne vai, Canzon , scannerà è meco
Uuna compagna e Valtral
Già non sei tu di lor più ricca 0 scaltra^
Ispeditosi Lavinello del dire delle tre
canzoni , i suoi primieri ragiouaraeuti cosi
riprese:
Questo poco , ]\Tadonna , che io v' ho
fin qui detto , sarebbe alle nostre donne
potuto per avventura bastare per dimo-
straraenlo della menzogna , che l' uno e
r altro de' miei corapagrù sotto le molte
falde delle loro dispute aveauo questi gior-
2.So DKGLI ASOLANI
ni , siccome udito avete , assai acconcia-
mente nascosa, ma non a voi , ne pure alla
vostra fanciulla , che così vagamente Y al-
tr'jeri alle tavole di vostra. Maestà cantan-
do ci mostrò qtiello , che io dire ne do-
vea , poscia che i miei compagni per le
pedate dell' altre due mettendosi aveano a
tacerlo. Nella qual cosa tuttavia ben prov-
vide senza fallo alcuno al mio gran biso-
gno la fortuna di questi ragionamenti.
Perciocché andando io questa mattina per
tempo da costor toltomi e del castello
uscito solo in su questi pensieri , posto il
pie ìq una vietta , per la quale questo
colle si sale che e' è qui dietro , senza sa-
pere dove io m' andassi , perveani a quel
boschetto, che la più alta parte della vaga
montagnetta occupando cresce ritoado ,
come se egli vi fosse stato posto a misura.
jNon ispiacqne agli occhi miei quello in-
contro ; anzi rotto il pensar d' amore ed
in sul pie fermatomi, poscia che io mirato
r ebbi così dal di fuori , dalli vaghezza
delle belle ombre e del selvareccio silenzio
invitato mi prese disiderio di passar tra
loro , e messomi per un sentiero, il quale
appena segnato dalla vietta ove io era di-
partendosi nella vaga selva entrava , e per
entro passando non ristetti prima, sì m'eb-
be in uno aperto non molto grande il (i)
(t) Poco parcfolt, cwè poco apparente.
Libro HI. iSi
poco parevole tramltello portato . Dove
come 10 fui , cosi dall' uuo de' canti mi
•veune una capaniiuccia veduta, e poco da
lei discosto tra gli alberi un uom lutto
solo Itiitamente passeggiare caiiutissimo e
barbuto e vestito di panno simile alle cor-
teccie de' querciuoli , tra' quali egli era.
Non s'era costui avveduto di me, il quale
in profondo pensiero essendo , siccome a
me parea di vedere , tale volta nello spa-
ziare si fermava , e stalo eh' egli era cosi
un poco , a passeggiare lento lento si ri-
tornava , e cosi più volte fatto avea ,
quando io mi pensai che questi potesse
essere quel santo uomo , che io avea udi-
to dire che a guisa di romito si stava ia
questo d'intorno , venutovi per meglio po-
tere nello studio delle sante lettere dimo-
rando pensale alle alte cose. Perchè volen-
tieri mi sarei fatto più avanti per salutar-
lo , e se egli era colui , che io istimava
che egli fosse , ricordandomi che io avea
oggi a dire dinanzi a vostra Maestà , per
avere da lui eziandio alcun consiglio d' in-
torno a' ml( i rai^ioiameuti. Perciocché io
avea inteso che e^jli era sce ziatissimo , e
che con tutto che egli fosse di santa e di-
sagevole vi'a , siccome quegli che di radici
d' erbe e di coccole salvatiche e d' acqua
e sempre solo vivea , egli era nontlimtno
affabilissi no , e poteasi di ciò, che altri
avesse voluto , sicuramente dimandarlo ,
che egli a ciascuiio sempre dolce e uma=
2^2 DEGLI ASOLANI
Dissimo rispondea. Ma villania mi purea
fare a torlo da' suoi pensieri , e cosi mi-
randolo mi (i) stava in pendente. Né stetti
guari , che egli si volse verso la parie ,
dove io era , e veggendoml . occasione mi
diede a quello, che io cercava. Perciocché
incontro passandogli con molta riverenza il
salutai. Stette nel mio saluto alquanto so-
pra se il santo uomo , e poi verso me
con miglior passo facendosi disse : Dunque
sei tu pure qui ora il mio Lavinello : E
questo detto ravvicinatomisi e di me amen-
due le gote soavemente prendendo mi
basciò la fronte. Nuova cosa mi fu senza
fallo alcuno 1* essere quivi cosi amichevol-
mente ricevuto e per nome chiamato da
colui , del quale io alcuna contezza non
avea , né sapea in che modo egli avere di
me la si potesse. Perchè da subita maravi-
glia soprappreso , e mirando colai mezzo
con vergogna , il santo uomo pure per
vedere se io racconoscere nel potessi , e
non racconoscendolo , siccome quello, che
io altra volta vedulo non avea , stetti per
buono spazio senza nulla dire infinoattan-
to , che egli con un dolce sorriso del mio
maravigliare raiostrò che s'accorgesse. Laon-
de io preso ardire così risposi: Qui è ora.
Padre , Lavinello per certo , siccome voi
(i) Stare in pendente y cioè in dubbio , è bel mod»
di dire.
Libro III. 233
dite , non so se a caso venutoci , o pure
per volere del cielo. Ma voi il fate sopra
modo maravigliare , nò sa pensare come
ciò sia , che voi lui conosciate, il quale né
in questo luogo fu altra volta più , né vi
vide , che egli sappia , giammai. Allora il
buon vecchio , che già per mano preso
m'avea , movendo verso la capanna il pas-
so con lieto e tranquillo sembiante disse :
Io non voglio, Lavinello , che tu di cosa ,
che ad alto possa piacere , ti maravigli.
Ma perciocché tu , come io veggo , a pie
qui dal castello venuto salendo il colle
puoi avere alcuna fatica sostenuta più to-
sto che no, siccome dilicato, che mi pare
che tu sii , andiamci colà , e sì sederai , e
io ti terrò volentieri com]Tagnia , che non
sono perciò il più gagliardo uom del mon-
do , e quello , che io so di te , sedendo e
riposando ti farò chiaro. Indi con pochi
vale hi sotto alcune ginestre guidatomi ,
che dinanzi la picciola casa erano , sopra
il piano d' un tronco d' albero , il quale
lungo le ginestre posto a lui e a' suoi
osti semplice e bastevole seggio facea , si
pose a sedere , e volle che io sedessi , e
poi che m'ebbe alquanto lasciato riposare ,
incominciò: Tanto è largo e cupo il pela-
go della divina provvidenza , o Figliuolo ,
che la nostra umanità in esso mettendosi ,
né termine alcuno vi truova , né in mez-
zo può fermirsi ; perciocché vela di mor-
ule ingegao tauto oltre non porta, e fune
2!?4 DEGLI ASOLANI
di nostro guidicio , per molto clie ella vi
si stenda , no i bast^ a pigliar fondo , in
roanieia che bine si veggono molte cose
tutto di avvenire volute e ordinate da lei;
ma come elle avve gano , o a che fine ,
noi non sappiamo » siccome ora in questo
mio co loscerli , di che ti maravigli , è
avvenuto. E così seguendo mi raccontò ,
che dormendo egli questa notte prossima-
mente passata gli era nel sonno parato
vedermi a se venire tale , quale io venni :
e dettogli chi io era, e tutti gli accidenti di
questi due passati giorni , e le nostre dis-
pute , e il mio dover dire d'oggi alla pre-
senza di vostra Maestà , e qu<dlo che io in
parte pensava di dirne , che è quanto te-
slè udito avete , raccontatogli , dimandarlo
di ciò che ne gli paresse, e che esso d'in-
torno a questo faito dicesse, se a lui con-
venisse ragionarne , come a me conveniva.
Laonde egli con questa immaginazione de-
statosi e levatosi buona pezza v'avea pensa-
lo , e tuttavia , quando io il soproggiunsi ,
vi pensava. Di che egli a guisa di cono-
sciuto mi ricevette, e a se già per la
contezza della notte fatto dimestico e fami-
gliare. Crebbe in cento doppi la mia dian-
zi presa maraviglia , udendo il santo uo-
mo , e la credenza , che io vi recai della
s<.)a santità, divenne senza fine maggiore:
e cosi tutto d'orrore e di riverenza pieno»
come esso tacque : Ben veggio io , dissi
Padre , che io non senza volere degl' Iddii
Libro ITI. 235
qui sono , a'qiiali voi cotanto siete , quan-
to si vede , caro. Ora perciocché si dee
credere che essi con l'avuta visione v*abhia-
no dimostrato essere di piacer loro che
voi a questo mio maggiore uopo ajuto e
consiglio mi prestiate , credo io acciò che
la nostra Reina dolce cu.ra della loro Mae-
stà non come io posso , ma come essi vo-
gliono , s' o:iori , piacciavi al voler loro
soddisfare , che al mio oggimai non debbo
io dir più. Anzi pure a colui piaccia , al
quale ogni ben piace , che io al tuo desi-
derio possa con la sua volontà soddisfare ,
così rispose il santo uomo. E così risposto^
e gli occhi verso il cielo alzati e per pic-
ciolo spazio con fiso sguardo teuutovegli ,
a me rivolto in questa guisa riprese a di-
re : Grande fascio avete tu e i tuoi com-
pagni abbracciato, Laviuello, a me oggimai
non meno di figliuol caro , a dir d'Amore
e della sua qualità prendendo , sì perchè
infinita è la moltitudine delle cose , che
dire vi si posson sopra , e sì ancora mag-
giormente , perciocché tutto il giorno tut-
te le genti ne quistionano , quelle parti ad
esso dando , che meno gli si converrebbe
dare , e quelle , che sono- sue certissime ,
proprissime , necessarissime tacendo e da
parte lasciando per non sue , la qual cosa
ci fa poi più malagevole il ritrovarne la
verità contro le opinioni degli altri uomini ,
quasi allo 'ndietro camminando. Non per-
tanto non dee alcuno di cercarne s|)avea-
236 DEGLI ASOLANI
tarsi, e percliè falicoso sia il poter gingnc-
re a questo seano , ritrarsi da farne pruo-
va. Perciocché di ] oche altre cose può
avvenire , o forse di no|i niuna , che lo
infendere ciò che elle sono , più ci debba
esser caro, che il sapere che cosa è Amo-
re. 11 che quanto a voi sia ora nelle di-
spute de' tuoi compagni , e in quello che
la siimi di poterne dire, avvenuto, e chi
più oltre si sia fallo di questo intendimen-
to , e chi meno , ne rimetto io a madon-
na la Reina il giudicio. Ma dello avere
avuto ardire di cercarne , bella loda dare
vi se ne conviene. Tuttavolta se a te gio-
va che io ancora alcuna cosa ne rechi so-
pra , e più avanti se ne cerchi, facciasi a
tuo soddisfacimento , pure che non istimi
che la verità sotto queste ginestre, più che
altrove, si stia nascosa. E affine che tu in.
errore non islii di ciò, che detto hai, che
amore e disiderio sono quello stesso, io ti
dico , che ecli nel vero non è così. Ma
vegga SI prima , che cosa in noi , o pure
che parte di noi è Amore , dipoi che egli
non sia disiderio , ti farò chiaro. E adun-
que da sapere , che sic» ome nella nostra
intellettiva (i) parte dell'animo sono pure
tre parli , o qualità , o spezie ciascuna di
loro differente dall' alt» e e separata : per-
(v) La parte intellettiva dell' animo è divisa in tre
spezie.
Libro ITI. 287
ciocche v' è primieramente V intelletto ,
che è la parte di lei acconcia e presto al-
lo 'utenJere , e può nondimeno ingannar-
si : v' è per secondo lo intendere , che io
dico , il quale nnn sempre ha luogo ; che
non sempre s' intendono le infelligihiii
cose ; anzi non 1' ha egli , se non tanto,
quanto esso intelletto si muove e \olge
con profitto d' intorno a quello , che a
' lui è proposto per intendersi e per saper-
si : evvi dopo queste ultimatamente , e di
loro nasce quella cosa o luce , o immagi-
ne , o verità , che dir la vogliamo , che a
noi bene intesa si dimostra , frutto e par-
to delle due primiere, la qual tuttavia se
è male intesa , né verità , ne immagine ,
ne luce dire si può ; ma caligine e abba-
gliamento e menzogna : così uè più né
meno sono nella nostra vogliosa parte del
medesimo animo pure tre (1) spezie per
gli loro ufficii propria e dall' altre due
partita ciascuna. Conciossiacosaché v' è di
prima la volontà , la qual può e volere
parimente e disvolere , fonte e capo delle
due seguenti : e che v' è dopo qnesla il
volere , di cui parlo , e ciò è il disporsi a
mettere in opera essa volontà o moho , o
poco , o ancora contrariamente, che è dis-
volendo : e che v' è per ultimo quello ,
che di queste due si genera : il che se
(t) Tre specie della parte vogliosa dell' animo.
238 DEGLI ASOLÀNI
piace , amore è detto ; se dispiace , odio
per lo suo contrario necessariamente si
convien dire. INasce adunque (i) amore,
Lavinello, e creasi nella guisa , che tu hai
veduto , td è in noi , o di noi quella parte,
che tu intendi. Ora che egli non sia disi-
derio , in questo modo potrai vedere. Per-
ciocché hene è vero , che desiderar cosa
per noi nun si può, che non s'ami; ma
non perciò ne viene, che non s'ami cosa ,
che non si disideri altresì : perciocché
se n'amano molte, e non si disiderano, e
ciò sono tutte quelle , che si posseggono.
Che tosto che noi alcuna cosa possediamo,
a noi manca di lei il disiderio in quella
parte , che noi la possediamo , e iu luogo
di lui sorge e sottentra il piacere. Che al-
tri non disidera quello , che egli ha , ma
egli se ne diletta goder.done : e tuttavia
egli l'ama ed hallo caro vie più che pri-
ma , siccome fai tu , il quale mentre an-
cor bene T arte del verseggiare , e dtl ri-
mare non sapevi, sì l'amavi tu assai , sic-
come cosa bella e legg'adra , che ella è ,
ed insieme la disideravi. Ma ora , che
1' hai , ed usar la sai , tu più non la disi-
deri, ma solamente a te giova ed etti caro
di saperla, ed amila molto ancor più, che
tu prima che la sapessi e possedessila, non
facevi. La qual cosa meglio ti verrà parendo
vera, se tu a quello, che odio e timor siano,
(i) Amort e desiderio.
Libro III. 289
parimente lisgiiarderai. Percloccìiè quantun-
que temere di ninna cosa lion si pos^a, <*he
non s'abbia in odio ; pure egli non è che
alle volte non s'o lii alcuna cosa senza te-
merla. Che tu puoi avere in odio i vioL.tori
delle mogli altrui, e di loro tuttavia non
temi , perciocché tu moglie non hai , che
essere ti possa violata .li io in odio ho i
rubatori dell' ali iui ricrhtzze, re perciò di
lor temo, che io non ho ricrhczza da te-
merne, rome tu vedi. Per la qual cosa iie
segue , che siccome odio può in noi essere
senza timore, cosi vi può amoie essere
senza disio. INon è adunque di-io amore,
ma è altro. Tutlavir\ io non voglio, Laviiiel-
lo, ragionar teco e di^]1utare così sonilmeu-
te , come per avventura farei tra filosa h e
nelle scuole, E sia per me , .se così a te
piace , amore e desiderio quello stesso . Ma
io sapere da te vorrei, poscia che tu questa
notte detto m' hai , che amore può essere
e buono e reo secondo la qualità degli ob-
bietti e il fine che egli è daio, ptrthè è
che gli amanti alle volte s'appigliano ad
obbietti malvagi e cattivi? INon è egli per-
ciò, che essi nello amare il senso seguono,
che la ragione? Non per altro che io mi
creda, risposi. Padre, che per cotesto. Ora
se io ti dimanderò allo' incontro, seguitò
il santo uomo, perchè avviene che gli aman-
ti eziandio (i) s'invogliano degli obbietti
(i) S' invogliano f cioè prendono voglia.
24-0 DEGLI ASOLANI
convenevoli e sani , non mi risponderai tu
ciò avvenire per questo , che essi amando ,
quello che la ragione detta loro più seguo-
no, che quello che il senso pon loro in-
nanzi? Così vi risponderò, dissi io, e non
altrimenle. E adunque, diss' egli , ne gli
uomini il seguir la ragione, più che il
senso , buono : a allo 'ncotro il seguire il
senso , più che la ragione , reo . E , dissi
io , senza fallo alcuno. Ora mi di' , riprese
egli, che cagione fa , che negli uomini se-
guire il senso più che la ragione, sia reo?
Fallo, risposi, ciò, che essi la cosa miglio-
re abbandonano, che è la ragione, ed es-
sa lasciano, che appunto è la loro; laddove
alla men buona s'appigliano, che è il senso
ed esso seguono, che non è il loro. Che la
ragione miglior cosa non sia, che il senso,
io, diss'egli , non ti niego : ma come di' tu
che il senso non è il loro, non è egli
degli uomini il sentile? A quello che io
avvedere me ne possa, Padre, voi ora mi
tentate, risposi; ma io nondimeno vi ubbi-
dirò, e dissi: Siccome nelle scale sono gra-
di, de' quali 11 primiero e più basso ninno
n'ha sotto se, ma il secondo ha il primo,
e il terzo ha l'uno e l'altro , e il quarto
tutti e tre ; cosi nelle cose , che Dio create
ha iufino alla spezie degli uomini , dalla j
più vile incominciando essere si vede av
venuto. Perciocché sono alcune, che altro j
che l'essere semplice non hanno, siccome
sono le pietre, e questo morto legno, che
Libro IIT, 341
aoi ora sedendo premiamo. Altre hauuo
l'essere e il vivere , siccome souo tutte le
erbe, tutte le piante. Altre hinno Tessere
e la vita e il senso, siccome han-io le tìe-
re. Altre poi sono, che hanno l'essere e
la vita e il senso e la ragione, e questi
siara noi. Ma perciocché quella cosa più si
dice esser di ciascuno, che altri meno ha,
come che Tessere e il vivere sicno parimente
delle piante ; non si dice tuttavia , se non
che il vivere è il loro , perciocché Tessere
delle pietre è , e di molte altre cose pari-
mente , delle quali non è poi la vita . E
quantunque Tessere e il vivere e il sentire
sieno delle fiere, come io dissi, medesima-
mente ciascuno, non per tanto il sentire
solamente si dice essere il loro , perciocché
il vivere essi hanno in comune con le piante
e con le pietre , delle quali non è il sen-
tire. Simigliantemente perchè Tessere e il
vivere e il senso e la ragione sieno in noi,
dire per questo non si può che Tessere sia
il nostro, o il vivere, o il sentire, che sono
dalle tre maniere, che io dico, avute me-
desimamente, e non pur da noi; ma dicesi,
che é la ragione , di cui le tre guise delle
create cose sotto noi non hanno pai te. Se
cosi è , disse allora il sauto uomo , che la
ragione sia degli uomini e il senso delle
fiere , perciocché dubbio non è che la ra-
gione più perfetta cosa non sia , che il
senso, quelli che amando la ragione seguo-
no , ne' loro amori la cosa più pei fetta,
Bembo VoU l, l^
554* r>EGLl ASOLA.NI
geijwenclo fanno intanto come uomìiìi ; e
• • 1 •
qutill che seguono il senso, dietro alla me-
no perfetta mettendosi fanno come fiere.
Così non fosse egli da questo canto, rispo-
si io , Padre , vero cotesto , che voi dite ,
come egli è. Adunque possiamo noi la mi-
glior parte nello amare abbandonando, dis-
s' egli , che è la noitra, alla men buona appi-
gliarci, che è l'altrui? Possiamo, rispos'io,
per certo. Ma perchè è , diss' egli, che noi
questo possiamo? Perciocché la nostra volon-
tà , risposi, con la quale ciò si fa o non fa,
è libera e di nostro arbìtrio, come io dissi,
e non stretta, o più a questo che a quello
seguire necessitata. Ora le fiere , seguitò egli,
possono elleno ciò altresì fare, che la mi-
glior parte, e quella , che è la loro, abban-
donino e a dietro lascino giammai? lo di-
rei che esse abbandonare non la possono ,
ri'^posi , se non sono da istrano accidente
violeutate. Perciocché ad esse volontà libe-
ra non è data , ma solo appetito , il quale
dalla forma delle cose islrane con lo stru-
mento delle sentimenta invitato sempre die-
tro al senso si gira. Perciocché il cavallo ,
quandunque volta a bere ne lo 'nvita il
gusto , veduta l'acqua egli vi va , e a bere
si china, dove la briglia ritraendo non
glielo vieti colui , che gli è sopra. Quanto
■vorrei che tu altramente m'avessi potuto
rispondere, Lavinello, disse il santo uomo.
Perciocché se noi possiamo ne' nostri amori
^lla men buona parte appigliandoci la mi<
Libro III. 243
gliore abbandonare , e le fiere non possono,
esse non operando come piante, e noi ope-
rando come fiere, peggior condizione pare
che sia in questo la nostra, figliuolo, a quello
che ne segue, che non pare la loro; e que-
sta nostra volontà libera , che lu di' a no-
stro male ci sarà suta data, se questo è vero.
E potrassi credere che la natura quasi pen-
tita d'avere tanti gradi posti nella scala
delle specie , che tu di', poscia che ella ci
ebbe creati col vantaggio della ragione, più
ritorre non la ne potendo, questa libertà
ci abbia data dell' arbitrio, affine che in.
questa maniera noi medesimi la ci togliessi-
mo del nostro scaglione volontariamente a
quello delle fiere scendendo ; a guisa di
Febo^ il quale poscia che ebbe alla Trojana
Cassandra l'arte dell' indovinare donata ;
pentitosi, e quello che fatto era (i) fra-
stornare non si possendo, le diede che ella
non fosse creduta. Ma tu per avventura
che ne stimi? parti egli che così sia? Io,
Padre, quello , che me ne paja o non paja,
non so dire , risposi , se io non dico che
tanto a me ne pare, quanto pare a voi .
Ma pure volete voi , che io creda che la
natura si possa pentere, che non può errare?
Mai no , che io non voglio che tu il creda.
<i) Frastornare , cioè Jar t§rnare a, dielr». 3oc«,
744 DKGH ASOLàNI
disse il santo iiotao. B^i'i voi^Iio che tu con-
si Ieri , Fiìiliiiolo, clic la Datura, la quale
nel vero errar non può, non avrebbe alla
nostra volouià dalo il potere dietro al sen-
so sviandoci farci scendere aMa specie, che
sotto noi è, se ella dalo medesimamenle
non l'avesse il potere dietro alla ragione
inviandoci a quella farci salire, che c'è
sopra. Perciocché ella sarebbe slata ingiusta,
avendo nelle cose da se in uso ed in so-
stentamento di noi create posta necessità di
sempre in quelli privilegi servarsi, che ella
concessi ha loio, a noi, che signori ne sia-
mo ed a' quali esse tutte servono , avere
dato arbitrio d'arrischiare il capitale da lei
donatoci sempre in perdita , ma in guada-
g IO non mai. INè è da credere , che alle
tante e cosi possenti maniere d'allei tevoU
"Vaghezze , che le nostre sentimeula porgo-
no air animo in ogni stalo, in ogni tempo,
in ogjii luogo, perchè noi dietro all'appe-
tito avvallandoci sozze fiere diveniamo, ella
ci abbia concesso libero ed agevole iuchina-
mento, ed a quelle, che l'intelletto ci met-
te innanzi affine che noi con la ragione
innalzandoci dlvenif^mo Iddìi , ella il poter
poggiare ci abbia tolto e negato. Perciocché,
o Lavinello , che pensi tu che sia questo
eterno specchio dimostrantesi a gli occhi
nostri così uno sempre, cosi certo, cos^
inf iricnhilc, così luminoso, del sole che tu
Baili? e <{ueir altro della sorella che uno
pxedesiiiio non è mai ? e gli lauti splendori.
LiBKO llL S43
clie da ogni parte si veggono di questa
circonferenza , che intorno ci si gira , ora
queste sue bellezze , ora quelle altre sco-
prendoci , santisgima , capacissima , maravì-
gliosa ? Elle non sono altro , Figliuolo , che
vaghezze di colui , che è di loro e d'ogni
altra cosa dispensatore e maestro, le quali
egli ci manda incontro a guisa di messaggi
invitantici ad amar lui. Perciocché dicono i
savj uomini , che perciocché noi di corpo
e d'animo (1) constiamo, il corpo, siccome
quello che d'acqua e di fuoco e di terra
e d'aria è mescolato, discordante e caduco
da' nostri genitori prendiamo , ma l'animo
esso ci dà purissimo ed immortale e di ri-
tornare a lui vago , che ce V ha dato. iMa
perciocché egli in questa prigione delle
membra rinchiuso più anni sta , che egli
lume non vede alcuno, mentre che noi
fanciulli dimoriamo , e poscia dalla turba
delle giovenili voglie ingombrato ne' ter-
restri amori perdendosi, può del divino di-
menticarsi, esso in questa guisa il richiama,
il sole ogni giorno , le stelle ogni notte, la
luna vicendevolmente dimostrandoci. Il qua-
le dimostramento che altro è , se non una
eterna voce , che ci sgrida : O stolti che
"vaneggiate ? Voi ciechi d' intorno a quelle
vostre false bellezze occupali a guisa di
Narciso vi pascete di vano disio , e non
^i) Constiamo f cioè siamo compotti.
246 T)V.GL1 ÀSOLANI
v'accorgete che elle sono ombre della vera,
che voi abbandonate. I vostri animi sono
eterni; perchè di fuggevole vaghezza gl'in-
nebbriale ? Mirate noi come belle creature
ci siamoy e pensate quanto dee esser bello
colui , di cui noi siam ministre . E sen-
za dubbio , Figliuolo , se tu il vero della
mondana caligine dinanzi a gli occhi levan-
doti vorrai la verità sanamente considera-
re, vedrai alla fine altro che stolto vaneg-
giamento non essere tutti i vostri più lo-
dati disii. Che per tacere di quegli amo-
ri , i quali di quanta miseria sien pieni ,
li Perottiniani amami e Peroltino medesi-
mo essere ce ne possono abbondevole esera-
pio , che fermezza , che interezza , che sod-
disfazione hanno perciò quegli altri anco-
ra , che essi cotanto cercar si debbano e
pregiare , quanto Glsmond) ne ha ragio-
nato ? Senza fallo tutte queste vaghezze
mortali , che pascono i nostri animi ve-
dendo , ascoltando , e per 1' altre senti-
menta valicando , e mille volte col pensie-
ro entrando e rientrando per loro , ne
come esse giovino so io vedere , quando \
elle a poco a poco in maniera di noi (1)
s' indonnano co' loro piaceri pigliandoci ,
che poi ad ahro non pensiamo , e gli occhi
alle vili cose inchinati con noi medesimi
non ci raffrontiamo giammai , ed infine
(t) S'indonnano ^ tioè si fanno donne e patrone»
Libro III. 247
Siccome se il beveraggio della maliosa Cir-
ce preso avessimo , d' uomini ci cangiamo
in fiere : né in che guisa esse così piena-
mente dilettino , so io considerare , ponia-
mo ancora che falso diletto non sia il lo-
ro , quando elle sì compiute essere in sug-
getlo alcuno non si vedono né vedranno
mai , che esse da ogni lor parte soddisfac-
ciano chi le riceve , e pochissime sono
le più che coraportevolmente non peccanti.
Senza che esse tutte ad ogni brieve caldic-
ciuolo s'ascondono di picciola febbre che
12Ì assaglia , o almeno gli anni vegnenti le
portan via seco la giovanezza, la bellezza ,
la piacevolezza , i vaghi portamenti , i dol-
ci ragionamenti , i canti , i suoni , le dan-
ze , i conviti , i giuochi , e gli altri pia-
ceri amorosi traendo. II che non può non
essere di tormento a coloro, che ne soii
vaghi ; e tanto ancor più , quanto più essi
a que' diletti si sono lasciati prendere
ed (i) incapestrare. A'quali se la vecchiez-
za non toglie questi disii, quale più mise-
ra discouvenevolezza può essere , che la
vecchia età di (2) fanciulle voglie contami-
nare, e nelle membra tremanti e deboli (.i)
affettare i glovenili pensieri? Se gli toglie,
quale sciocchezza é amar giovani cosi acce-
(t) Incapestrare , cioè legare , allacciar cnl capestro.
(a) FanciuUe per fanciullesche ^ nuovamt'nte posta»
(3) Affettare , cioè ansiosamente bramare.
£48 DEGLI Asor.iisri
samente cose , che poi amare quelli mede-
simi non po<?sono attempati ? e credere
che sopra tutto e giovevole e dilettevole
sia quello , che nella miglior parte delia
vita uè diletta né giova? Che miglior par-
te della vita nostra è per certo quella ,
Figliuolo, in cui la parte di noi migliore,
che è l'animo, da (i) servaggio degli ap-
petiti liberata regge la men buona tempe-
ratamente , che è il corpo , e la ragioue
guida il senso , il quale dal caldo della
giovanezza portato non l'ascolta, qua e là
dove esso vuole scapestratamente traboc-
cando. Di che io ti posso ampissima testi-
mofiianza dare, che giovane sono stato al-
tresì , come tu ora sei , e quando alle co-
se , che io ili quegli anni più lodar solca
e desiderare , torno con l'animo ripensando,
quello ora di tutte me ne pare , che ad un
bene risanato infermo soglia parere delle vo-
glie che esso nel mezzo ddle febbri avea ,
che schernendosene, conosce di quanto egli
era dal convenevole conoscimento e gusto
loulano. Per la qual cosa dire si può, che
sanità della nostra vita sia la vecchiezza, e
la giovanezza infermità ; il che tu quando
a quegli an^ù giugnerai , vedrai così esser
vero , se forse ora veder noi puoi. INTa
tornando al tuo compagno , che ha le
molte feste de' suoi amanti cotanto sopra il
(i) Servaggio ) cioè stryitù,.
Libro ITI. 241^
cielo tolte ne' suoi ra£;ionaraenli , lasciamo
staio che le minori di loro asseguire non
si possano senza mille noje tuttavia ; ma
quando è , che ecli nel mezzo delle sue
più compiute giojc non sospiri , aJcnn al-
tra cosa più che puma disiderando ? o
quando avviene che quella conformità del-
le veglie , quella comunanza de' pensieri
della fortuna , qurlla concordia di tutta
una vita in due amanti si trovi? quando
si vede ninno essere, che ogni giorno seco
stesso alle volte non si discordi , e talora
in maniera , che se nviO lasciare se mede-
simo potesse, come due possono l'uno l'al-
tro , molti sono , che si Inscerehbono , ed
un altro animo si niiilierehbono ed un al-
tro corpo. E per venire, La vinello, «ziandio
a' tuoi amori, io di certo gli loderei, e
passerei nella tua opinione in parte , se
essi a disiderio di più giovevole obbietto
t' invitassero , che quello non è , che essi
ti mettono innanzi , e non tanto per se
soli ti piacessero , quanto perciò , che essi
ci possono a miglior segno fare e meno
fallibile intesi. Perciocché non è (t) il
buono amore disio solamente di beVezza ,
come tu stimi ; ma è della vera l)ellezza
disio , e la vera bellezza non è umana e
mortale , che mancar possa , ma è divina
ed immortale : alla qual per avventura ci
(i) Il buono umore è diti» di vera bellezza.
25o DEGLI ASOLANI
possono queste bellezze iaiìalzare , che tu
lodi , dove elle da noi sieno in quella ma-
niera, che esser debbono, riguardate. Ora
che si può dire in loro loda perciò , che
pure sopra il convenevole non sia ? cou-
ciossiacosachè del loro allellameuto presi si .
lascia il vivere in questa umana vita , co- 1
me Tddii. Perciocché Iddii sono quegli uo-
mini , Figliuolo , che le cose mortali sprez-
zano , come divini , ed alle divine aspira-
no , come mortali : che consigliano , che
discorrono , che prevedono , che hanno
alla sempilernilà pensameuto , che muovo-
no , e reggono, e temprano il corpo, che
è loro iti governo dato , come de gli dati
nel loro fanno e dispongono gli altri Iddii.
O pure che bellezza può tra noi questa
tua essere così piacevole e così piena , che
proporzion di parli , che in umano ricevi-
mento si truovino , che couvenenza , che*
armonia , che ella empiere giammai possa
e compiere alla nostra vera soddisfazione e
appagamento ? O Lavinello Lavinello, non
sei tu quello , che cotesta forma ti dimo- ,
strK, ne sono gli allri uomini , ciò che di |
fuon appare di loro altresì: ma è l'animo
di cia^scuno quello , che egli è , e non la
figura , che col dito si può mostrare. Né
sono i nostri animi di qualità , che essi
con alcuna bellezza , che qua giù sia, con-
formare si possano , e di lei appagarsi
giammai. Che quando bene tu al tuo ani-
mo quante ne sono potessi por davanti , e
Libro ITT. 25i
ìa scelta con ceti eri^li di luffe loro , e ri-
formare a tuo modo quelle che in alcuna
parte ti paressero mancanti , non lo appa-
gheresti perciò , né men tristo ti partiresti
da' piaceri, che avessi di tutte presi , che da
quegli ti soglia partire , che prendi ora.
Essi perciocché sono immortali , di cosa ,
che mortai sia, non si possono contentare.
Ma perciocché siccome dal sole prendono
tntte le stelle luce, così quanto è di bello
oltra lei dalla divina eterna bellezza pren-
de qualità e stato: quando di qcieste alcu-
na ne vieu loro innanzi , bene piacciono
esse loro , 9 volentieri le mirano , inquan-
to di quella soao immagini e lumicini ,
ma non se ne contentano , né se ne sod-
disfanno tuttavia, pure della eterna e divina,
di cui esse sovvengono loro, e che a cercar
di se medesima sempre con occulto pungi-
mento gli stimola , disiderosi e vaghi. Per-
chè siccome quando alcuno in voglia di
mangiare preso dal sonno e di mangiar
sognandosi non si satolla , perciocché non
è dal senso , che cerca di pascersi , la im-
magine del cibo voluta , ma il cibo ; cosi
noi mentre la vera bellezza e il vero pia-
cere c^'r chiamo , che qui non sono , le lo-
ro ombre , che in queste bellezze corpora-
li terrene e in questi piaceri ci si dimo-
strano , agognando non pasciamo T ani-
mo, ma lo inganniamo. La qual cosa é
da vedere che per noi non si faccia , ac-
252 DBGLI ASOJ.\Nl
ciocche con noi il nostro buon guardiano
non s* adiri , e in balia ci la<;ci del malva-
gio , Vfggendo cho per noi più amore ad
una poca buccia d' un volto si porla e a
queste misere e manchevoli e bugiarde
vaghezze , che a quello immenso splendo-
re , del quale questo sole è ra£;i;io , e alle
sue vere e felici e sempiterne bellezze non
portiamo. E se pure questo nostro vivere è
un dormire, siccome coloro i quali a gran
notte addormentati con pensiero di levarsi
la dimane per tempore dal sonno soprat-
tenuti , si sognano di destarsi e di levarsi,
perchè tuttavia dormendo sì levano , e
presa la guarnaccia s'incominciano a vesti-
re ; cosi noi non delle immagini e sem-
bianze del cibo, e di questi aombrati diletti
e vani , ma del cibo istesso , e di quel-
la ferma e soda e pura contentezza nel
sonno medesimo procacciamo , e a pascere
iucominciaiicene cosi sognando, acciocché
poi risvegliati alla Reina delle fortunate
isole piacciamo. Ma tu forse di questa
Reina altri volta non hii udito. Non, pa-
dre, diss'io, che me ne paja ricordare, né
intendo di qu-d piacimento vi parliate.
Dunque l'udirai tu ora, disse il santo no-
mo , e seguitò: Hanno tra le lo»o più se-
crete memorie «li antichi maestri delle
sante cose, essere u'ia (i) Reina in quelle
(0 Beiiia delle Isole fortunau.
Libro III. 253
Isole , che io dico , Fortunate , bellissima ,
e di mari>iglioso aspetto, ed ci nata di
cari e preziosi vestiri , e sempre giovane.
La qual marito non vuole già e servasi
■vergine tutto tempo , ma bene d' essere
amata e vagheggiata sì contenta. Ed a
quegli , che più 1' amano , ella maggior
guiderdone dà de* loro amori , e couvenc-
■vole secondo la loro affezione a gli altri.
Ma ella di tutti in questa guisa ne fa
pruova. Perciocché venuto che ciascuno
Y è davanti , che è secondo che essi sono
da lei fatti chiamare or uno or V altro ,
essa con una verghetta toccatigli ne gli
manda via. E questi incontanente , che del
palagio della Reina sono usciti , s' addor-
mentano , e cosi dormono inihioattanto
che essa gli fa risvegliare. Rilornano adun-
que costoro davanti la Reina un' altra
volta risvegliati , ed i sogni , che hanno
fatti dormendo, porta ciascuno scritti nel-
la fronte tali , quali falli gli hanno né
più né meno , i quali essa legge presta-
mente. E coloro, i cui sogni ella vede es-
sere stati solamente di cacciagioni , di pe-
scagioni, di cavalli, di selve, di fiere, essa da
se gli scaccia , e mandagli a stare così veg-
ghiando tra quelle fiere , con Je quali essi
dormendo si sono di star sognati : percioc-
ché dice che se essi amata l'avessero essi
almeno di lei si sarcbbono sognati qualche
yolla , il che poscia che essi non hanno
s54 DEftLI ASOLArfl
f.itto c;iammal, vuole che va<lano e si viva-
no con le lor fiere. Quegli altri poi, a' quali
è parato ne' loro sogni di mercalanlare, o
di f?,overnare le famiglie , e le comunanze,
o di fare somiglianti co5e tuttavia poco
di Ila Reina ricordandosi , essa gli fa essere
allresi cjuale mercatante, quale cittadino,
quale (i) anziano nelle sue città di cure e
di pensieri gravandogli e poco di loro cu-
randosi parimente. Ma quelli, che si sono
sognati con lei , essa gli tiene nella vSua cor-
te a stare e a ragionare seco tra suoni e
cauti e soUrizzi d' infinito contento, chi
più presso di se, e chi meno, secondo che
essi con lei sognando più o meno si sono
dimorati ciascuno. Ma io per avventura ,
Lavinello, oggimai troppo lungamente li di-
moro, il quale più V(;glia dei avere , o for-
se mestiero , di ritornarli alla tua compa-
gnia , che di più udirmi. Senza che oltre
a ciò a te gravoso potrà essere lo indugia-
re a più alo sole la partita , che oggimai
tutto il cielo ha riscaldato, e vassi tuttavia!
rinforzando . A me voglia ne mestiero fa
punto che sia. Padre, diss' io ancora, di ri-
loj narmi , e dove a voi nojoso non sia il
ragifinare, sicuramente niuna cosa mi ricor-
da che io facessi giammai cosi volentieri ,
come ora volentieri v'ascolto. INè di sole ,
(i) Ansiano , cioè Priore ^ che precede agli altri
Libro UT. 255
che (i) sormonti , vi pigliate pensiero, po-
scia che io altro che a scendere non ho,
il che ad ogni ora far si può agevolmente.
Nojoso agli antichi uomini non snoie già
essere il ragionare , disse il buon vecch'o ,
che è piuttosto un diporto della vecchiezza,
che altro. Né a me può nojosa esser cosa
che di piacere ti sia. Perchè seguasi : E cosi
seguendo disse: Dirai adunque a Perottino
e a Gismondo, Figliuolo , che se essi non vo-
gliono essere tra le fiere mandati a veggliia-
re , quando essi si risveglieranno , essi mi-
glior sonno si procaccino di fare , che quel-
lo non è, che essi ora fanno. E tu Lavinello,
credi che non sarai perciò caro alla Reina,
che io dico, poscia che tu poco di lei so-
gnandoti tra questi tuoi vaneggiamenti con-
sumi più tosto senza prò, che tu in alcuna
vera utilità di te usi e spenda il dormire
che t'è dato. E infine sappi che buono amo-
re non è il tuo. Il quale posto che non sia
malvagio in ciò, che con le beslievoli vo-
glie non si mescola, si è egli non buono
in questo , che egli ad immortale obbietlo
non ti tira, ma tienti nel mezzo dell'una
e dell'altra qualità di disio, dove il dimo-
rare tuttavia non è sano, conciossiacosaché
nel pendente delle rive stando più agevol-
(i) Sormonti j cioè s'alzi.
256 DEGLI ISOLANI '
meute nel fondo si sdrucciola, clie alJi (i)
velia non si sale. E chi è colai, che a' pia- i
ceri d'alcuu senso dando fede, per molto 4
che egli si proponga di non inchinare alle ì
ree co'ie, egli non sia ahneao nlle volle per ^
inganno preso? considerando che pieno d'in-
ganni è il senso, il quale una medesima cosa
quando ci fa parer buona, quando milvagia,
quand.i) bella , quando sozza , quando piace-
ToJe, quando dispettosa ? Senza che come può
essere alcun disio buono, che poiigi ne' diletti
delle sentimenta , quasi nell' acqua , il suo
fondamento , quando si vede che essi avu-
ti , inviliscono, e tormentano non avuti , e
tutti sono brevissimi e di fuggitivo mo-
mento? ]Nè fanno le belle e segnate paro-
le , che da colali amanti sopra ciò si di-
cono, che pure cosi non sia: l quali dilelti
tuttavolla se il pensiero fa continui, quan-
to sarebbe raen male , che noi la mente
non avessimo celeste e immortale , che
non è avendola di terreno pensiero ingom-
brarla , e quasi seppellirla ? Ella data non
ci fu , perchè noi T andassimo di mortai
veleno pascendo , ma di quella salutevole
ambrosia , il cui sapore mai non tormenta,
mai non invilisce , sempre è piacevole ,
sempre caro. E questo altramente non si
fa , che a quello Dio i nostri animi rivol-
gendo , che ce gli ha daii. Il che farai tu.
(i) VeUa è la cima degli alberi.
Libro ITI. 257
Figliuolo , se me udirai , e penserai , che
esso tutto questo sacro tempio , che noi
mondo chiamiamo , di se empiendolo ha
fabbricato con maravi^^Iioso consiglio , ri-
to «do , e in se slesso ritornante , e di se
medesimo bisognoso e ripieno , e cinselo
di molli cieli di purissima susta oza sempre
in giro moventisi,e allo 'ucontro del mag-
giore tutti gli altri , ad uno de' quali die-
de le molte stelle, che da ogni parte lu-
cessero, e a quelli , di cui esso è conteni-
tore, una n'assegnò per ciascuno, e tutte
volle che il loro lume da quello splendore
pigliassero, che è reggitore de' loro corsi ,
facitore del di e della notte , apportatore
del tempo , generatore e moderatore di
tutte le nascenti cose. E questi lumi fece
che s' andassero per li loro cerchj ravvol-
gendo con certo e ordinato giro, e il loro
assegnato cammino fornissero , e fornito
ricominciassero, quale in più breve tem-
po , e quale in meno. E sotto questi tutti
diede al più puro elemento luogo , e ap-
presso empiè d' aria tutto ciò che è infino
a noi. E nel mezzo , siccome nella più in-
fima parte, fermò la terra quasi (i) ajuo-
la di questo tempio, e d'intorno a lei
sparse le acque elemento assai men grave,
che essa non è , ma vie più grave dell' a-
(1) Aiuola, cioè picciola aja e piazicUa,
Bembo VoU I, 17
258 DEGLI ASOLAM
Yi-i , (li cui è poscia il fuoco più leggiero.
Quivi dilttlo li sarà estimare, in che ma-
niera per queste quatJro parli le quattro
guise della loio qualità si vadano mesco-
lando , e come esse in uu tempo e accor-
danti sieno e discordanti tra loro : mirare
gli as-./ctti della mutabile Luna , riguardare
alle faiiche del Sole , scorgere gli altri gi-
ri deir erranti stt-lie , e di quelle die
non soao così enanii _, e di tulli le cagio-
ni , Je operagioni consideiando portar l'a-
nimo per lo cielo , e quasi con la natura
parìar-tJo conoscere qua:>lo brieve e poco
e quello, che noi qui amiamo, quando il
più lui;go spazio di questa nostra vita
mortale due giorni ap})eua non sono d'uno
de' veri anni di quesli cieli , e quando la
minore delle conosciute stelle di quel tan-
to e così infinito nuaiero è di tutta questa
soda e ritonda circu'ifercuza , che terra è
delta, maggiore, per cui noi cotanto c'in-
superbiamo : della quale ancora quello ,
che noi abitiamo , è a rispetto dell' altro
stretta e menomissima particiuola. Senza
che qua ogni cosa v' è debole e inferma ,
venti, piogge, ghiacci, nevi, freddi, caldi
vi sono , e febbri , e fianchi , e stomachi ,
e gli altri cotanti morbi , i quali nel vola-
menlo del buon vaso male per noi dall'an-
tica Pandora scoperchiato ci assalirono ,
dove là ogni cosa v' è snna e stabile e di
co ivenevole pcrfezion piena, che né mor-
te v^aggiugDC, uè vecchiezza vi perviene,
Libro ITI. ìtSg
uè difetto alcuno v' ha luogo . Ma vio
maggiore diletto ti sarà e più seu/.a line
maraviglioso , se tu da questi cieli che
si veggono , a quelli che uoii si veggono
passerai , e le vere cose , che ivi sono ,
coiìtemplerai d' uno ad altro sormoutan-
do , ed in questo modo a quella bc^Uez-
za, che sopra es^i e sopra ogni bellez^ii è,
innalzerai, Lavinello, i tuoi disii. Percioc-
ché certa cosa è tra coloro , che usali so-
no di mirare non meno eoa gli occhi
dell' animo , che del corpo , olirà questo
sensibile e material mondo , di cai ei io
ora t'ho ragionato, e ciascuno ne ragiona
più spesso , perciocché si mira , essere
un allro mondo ancora nò materiale né
sensibile , ma fuori d' ogni miniera di
questo separato e puro , che intorno il
sopraggira, e che è da lui cercato sempre,
e sempre ritrovato parimeute ; diviso da
esso tutto , e tutto in ciascuna sua parte
dimorante , divinissimo , intendeiitissimo ,
illuminatiisimo , ed esso stesso di se stesso
e migliore e maggiore tanto più , quanto
egli più si fa alla sua cagione ultim i pros-
simano ; nel qual cielo bene ha ezian-
dio tutto quello , che ha in questo , ma
tanto sono quelle cose di più ecéel'ente
stato , che non son que5te , quanto tra
queste sono le celesti a miglior condizio-
ne , che le terrene. Perciocché ha esso la
sua terra, come si vede questo avere, che
verdeggia , che mania fuori sue piante ,
2.6o DEGLI ASOLANT
che sostiene suoi animali , ha il mare ,
che per lei si mescola , ha 1' aria , che li
cii^iie , hu il iuoco , ha la luna , ha il so-
le, ha le stelle, ha gli ali ri cieli. Ma qui-
vi i)è seccauo le erbe , nò invecchiano le
piante , uè muojoQo gli animali , né si
turba il mare, né s'oscura l'aere, né
riarde il fuoco, né sono a continui rivol-
gimenti i suoi lumi necessitati, o i suoi
cieli. Non ha quel mondo d' alcun muta-
meuto mcstiero; perciocché uè stale , né
verno , né jeri , né dimane , né vicinan-
za , né lontanauza , né ampiezza , né stret-
tezza (r) lo circonscrive, ma del suo stato
si contenta , siccome quello , che è della
somma e per se stessa bastevole felicità
pieno : della quale gravido egli partorisce,
ed il suo parto è questo mondo medesi-
mo , che tu miri. Fuori del quale se per
avventura non ci pare che altro possa es-
sere, a noi adivien quello, che adiverreb-
be ad uno , il quale ne' cupi fondi del
mare nato e cresciuto , quivi sempre di-
jnorato si fosse , perciò che egli non ])0-
trebbe da se isti mare che soj)ra 1' acque
v' avesse altre cose ; né crederebbe che
fiondi più belle , che alga , o campi più.
vaghi, che di rena, o fiere più gaje,
che pesci , o abitazioni d' altra maniera ,
che di cavernose pietre, o altre dementa,
che terra ed acqua , fossero e vedessersi
WM—l"^^»^«^" ■ -■ ■ ■■ ■ I I II. ■■—■■! 11».
(i) t'O Ciroonscrive ^ cioè lo ristrignc y o terminai^
Libro ìli. 2^1
in alcun luogo. Ma se esso a noi passas^e
ed al nostro cielo , veduto de' prali e del-
le selve e de'colli la dipintissima verdura ,
e la varietà degli animali , quali per uo-
drirci » e quali per agevolarci nati , vedu-
to le città , le case , i templi , che vi so-
no , le molte arti , la maniera del vivere ^
]a purità dell' aria , la chiarezza del sole ,
che spargendo la sua luce per lo cielo
fa il giorno, e gli splendori della not-
te , che nella sua oscura ombra e di-
pinta la rendono e meravigliosa , e le al-
tre così diverse vaghezze del mondo e cosi
infinite , esso s' avvedrebbe , quanto egli
falsamente credea , e non vorrebbe per
niente alla sua primiera vita ritornare. Cosi
noi miseri d' intorno a questa bassa e fec-
ciosa palla di terra mandati a vivere be-
ne miriamo 1' aere e gli uccelli che '1
■volano , con quella maraviglia medesima ,
con la quale colui farebbe il mare ed i
pesci che lo notano , parimente , e per le
bellezze eziandio discorriamo di questi cie-
li , che in parte vediamo. Ma che oltre a
questi altre cose sieno vie più da dovere
a noi essere , che le nostre a quel marino
uomo non sarebbono, e maravigliose e ca-
re, o in che modo ciò sia, nella nostra
povera stimativa non cape. Ma se alcuno
Iddio vi ci portasse, Lavincllo , e mostras-
seleci, quelle cose solamente vere ci par-
rebbono , e la vita , che ivi si vivesse ,
vera ^ita , e tulio ciò , che qui è , ombra
262 DEGLI ASOLANI
ed immagine di loro essere , e non allro :
e giù in queste tenebre riguardando da
quel sereno gli altri uomini , che qui fos-
sero , chiameremmo noi miseri , e di loro
ci prenderebbe pietà , non che noi più a
così fatto >ivere tornassimo di nostra "vo-
lontà giammai. Ria the li posso io, Lavi-
nello, qui dire? Tu sei giovane , e ron so
come quasi per lo coiiti;'.uo pare che nel-
la giovanezza non appiglino questi pensieri,
o se appigliano , siccome pianta in (1)
aduggiato terreno , essi poco (2) allignano
le più volte. Ma se pure nel tuo giovane
animo utilmente andassero innanzi , dove
tu al fosco lume di due occhi pieni già
di morte qua giù t*in vaghi, che si può isti-
mare che tu a gli splendori di quelle eterne
bellezze facessi così vere, così pure, C04 gen-
tili ? E se la voce d'una lingua , la quale po-
co avanti non sapea fare altro che piagnere,
e di qui a poco starà muta sempre , ti suole
essere dilettevole e cara ; quanto si dee
credere che ti sarebbe caro il lagiouare e
l'armonia, che fanno i cori delle divine
cose tra loro? E quando a gli atti d'vina
semplice donnicciuola, che qui empie il nu-
mero dell'altre, ripensando prc di, e ricevi
soddisfacimento , quale soddisfacimento pen-
htnt.
(1) Aduggiato , cioè- di mahgnr ombra adombrato.
( ì) Allignano , etoè s'attaccano , appigUan» , t>engo?iff;
Libro III. 263
si tu cbe riceverebbL' il tuo animo , se egli
da queste caligiui col pensiero levandosi e
puro ed iiiuocenle a quelli caiitiori passando,
le grandi opere del Signore cbe là su regge
mirasse e rimirasse iuieutamtiite, e ad esso
con casto affetto offeresse i suoi disii? O
FÌ£;liuolo , questo piacere è t?in.o, quanto
comprendere non si può da cbi noi pruo-
va , e provar non si può, men re di que-
st'altri si fa caso. Perciocché con occhi di
talpa, siccome i nostri a:iimi sono di queste
voi^lie fasciati, non si può sofferlre il So-
le. Quantunque ancora con purissimo ani-
mo compiutamente non vi s'aggiugue. Ma
siccome quando alcuno strano passando di-
nanzi al palagio d'un Re , come che egli
noi veda, uè altramente sappia cbe egli Re
sia, pensa fra se stesso quello dovere essere
grande uomo , che quivi sta , reggendo pie-
no di sergenti ciò cbe v'è, e tanto maggio-
re ancora lo stima , quanto egli vede essere
quegli medesimi sergenti più orrevoli e più
ornati : così tutto cbe noi quel gran Signo-
re con veruno occhio non vediamo , pure
possiam dire che egli gran Signore <lee es-
sere , poscia che ad esso gli elementi tutti
e tutti i cieli servono, e sono della sua
Maestà fanti. Perchè gran senno faranno i
tuoi compagni , se essi questo Prence cor-
teggeranno per lo innanzi , siccome essi
fatto banno le loro donne per lo addietro,
e ricordandosi cbe essi sono in un tempio,
^d adorare oggimai si disporranno , che
a64 BEGLI ASOLANI
vaneggiato haiiDO eglino assai, ed il falso e
tei resici e e mortale amore spogliandosi si
■vestiranno il vero e celeste ed immortale ,
e tu, se ciò farai» altresì. Perciocché ogtii
bene sta con questo disio , e da lui ogni
male è lontano. Quivi non sono (i) emu-
lazioni: quivi non sono sospelti: quivi non
sono gelosie : conciossiacosaché quello , che
s'ama, per molli che lo amino, non si to-
glie che altri molti non lo possano amare,
ed insieme goderne non altramente, che se
un solo amandolo ne godesse. Perciocché
quella infinita deità tutti ci può di se con-
tentare, ed essa tuttavia quella medesima
riman sempre. Quivi a ninno si cerca in-
ganno, a niuno si fa ingiuria, a ninno si
rompe - fede . Nulla fuori del convenevole
né si procaccia , né si concede, né si desi-
dera. Ed al corpo quello, che é bastevole
si dà , quasi (2) un' offa a Cerbero perchè
non (3) latri, e all'animo quello, che più
è lui richiesto , si mette innanzi . ]Né ad
alcuno s'interdice il cercar di quello , che
egli ama : né ad alcun si toglie il potere a
quel diletto aggiugnerc, a cui egli amando
s' invia . ]Nè per acqua , i.è per terra vi si
(i) Emulazioni^ cioè invìdie.
(2,1 Un offa a Cerbero , cioè un hnccon di polliglia^ o
di composizion sì fatta in bocca a Cerbero ; di che Virg.
parla nel sesto: Melle soporatatìi et mcdicatam fnigibas
O/fam.
(i) Latrar vale abbajare.
Libro 111. 2G5
va, ne muro, né letto sì sale. jXè d'armali
fa bisogno , uè di scoria , di mcssaggiero.
Iddio è liiUo quello , che ciascun vede ,
che il disldera . Non ire, non scor;.i, non
pentimenti, non mutazioni, non false alle-
grezze, i;on vane speranze , non dolori, non
paure v' hanno luogo . INè la fortuna v'ha
potere , nò il caso. Tutto di sicurezza , tutto
di tranquillità , lutto di contentezza, tutto dì
felicità v'è pieno E queste cose di qua giù, che
gli altri uomini cotanto amano, per lo (i)
asseguimento delle quali si vede andare cosi
spesso tutto '1 mondo sottosopra, ed i fiumi
stessi correre rossi d'umano sangue, ed il
mare medesimo alcima fiata, il che questo
nostro misero secolo ha veduto molte volte
ed ora vede tuttavia; gl'imper] dico, e lo
corone, e le signorie, esse non si cercano
per chi là su ama, più di quello che si
cerchi da chi può in gran sete l'acqua d'uà
puro fonte avere, quella d'un torbido e
paludoso (2) rigagno. Laddove allo 'ncontro
la povertà, gli esilj , le pressure, se soprav-
vento ìo , il che tutto di vede avvenire chi
CI vive, esso con ridente volto riceve ricor-
dandosi che quale panno cuopra , o quale
terra sostenga , o qual muro chiuda questo
corpo , non è da curare ; pure che all' ani-
(0 Asseguimento y cioè conseguire ^ ottenere.
(2) Rigagno è un ruscelletto torbido , che tosto
majisa.
265 DEGLI ASOLANI
mo la sua ricrliczza , la sua patria , la sua
libertà per poco amore che eijli loro porli,
non sia negata . Ed in brieve nèr esso ai
dolci stali cou soverchio diletto si fa incou-
tro, uè dispettosamente rifiuta il vivere
7iegli amari. Ma sta nell'una e nell' altra
maniera temperato tanto tempo, quanto al
Sigi^or, che T ha qui mandato, piace che
egli ci stia . E dove gli altri amanti e viven-
do sempre temono del morire, siccome di
cosa di tutte le feste loro dissipatrice, e
poscia che a quel varco giunti sono, il pas-
sano sfoizalamente e maninconiosi; egli,
quando v' è chiamalo, lieto e volentieri vi
va, e pargli u ciré d'un misero e lamenloso
albergo alla sua lieta e festevole casa. E di
vero che altro si può dire questa vit^i , la
quale più tosto morte è che uoi qui pere-
grinando viviamo, a tante uoje, che ci as-
salgono da ogni parte così spesso , a tante
dipartenze, che si fauno osri eiorno da^e
cose che più amiamo, a tante morti, che
si vedono di coloro dì per dì, che ci sono
per avventura più cari, a tante altre cose
che ad ogni ora nuova cagione ci recar.o
di dolerci, e quelle più molte volte, che
noi più di festa e più di sollazzo doverci
essere riputavamo? 11 che quanto in te si
faccia vero, lu il sai. A me certo pare
mill'anni , che io dallo invoglio delle mem-
bra sviluppandomi , e di questo carcere
volando fuora , possa da così fallace alber-
go partendomi là, onde io mi mossi, ri-
LiRRo TIT. 2G7
tornare, ed aperti quegli ocehl , elie in
questo eamminosi ehiuJono, mirar con essi
quella iutfl'abile bellezza, di eui sono aman-
te sua dolce mercè già buon tt mpo, ed ora
perchè io vecchio sia , come tu mi vedi ,
ella non m*ha perciò meno che in altra
età caro, né mi rifiuterà perchè io di cosi
grosso panno vestito le vada innanzi. Quan-
tunque né io con qnesfo panno v'andrò , né
lu con quello v'andrai. IVè altro di questi
luoghi SI porta alcun seco dipartendosi, che
i suoi amori . 1 quali se sono di questi
bellezze stati, che qua giù. sono, perciocché
elle colà su non salg('no, ma rimangono
alla terra di cui elle sono figliuole, elle ci
tormentano, siccome ora ci sogliono quelli
disii tormentare , de* quali godere non si
può né molto né poco. Se sono di quelle
di là su stati , essi maravigliosamente ci-
trastullano, poscia che ad esse pervenuti
pienamente ne godiamo. Ma perciocché
quella dimora è sempiterna, si dee credere,
Lavinello, che buono amore sia quello, del
quale goder si può eternamente, e reo
quell'altro, che eternamente ci condanna
a dolere . Queste cose ragionatemi dal
santo uomo perciocché tempo era che io
mi dipartissi , egli a me rimase il venirme-
ne. 11 che poscia che ebbe detto Lavinello,
a' suoi ragionamenti pose fine.
269
TAVOLA
DELLE COSE NOTABILI,
E de'Vocaboli dichiarali negli Asolani
del Bembo.
Ji
bhagUaggine che significa Pag, i56
jlddolora che significhi lOO
addestrare significa adattare, accO'
rnodare 184
jidiiggiato che significa 262
Affettare verbo che denota 247
Atfótti dell' A'ìhnt quanti l3o
Affetto naturale non potersi mesco •>
lare nelle passioni jSz
A/'uola che significa zSj
Alla scapestrata avverbio che signi-
fica 128
270
AUef^glato ryoce^ che significa n^
yllliìs^rezza iti che modo si fa a noi
ma^f^iore Go
uilìe grezza affetto ch^AY animo i3o
u4llegre2ze che passano il convenevo-
le non sono vere allegrezze 60
ylllignare che significa 263
amante è v.igo di cose vane e fuor
di ragione 60
j4 manti in che modo non possono
morire Sj
l>4 manti, vivendo von possono vivere ,
e morendo non possono morire 40
Amanti e loro stato 65. 66. 67
Amanti e loro dolori in amore 69
Amanti si dolgono d'Amore 109. no
Amanti fingono 11 5. 116
Amare le donne non è amare altrui
ma se medesimo i22. 123
Amare quello che è i36
Amare come si dee, e quello che
si dee j36. 187
Afnaro qua! propriamente sia 27
Amaro delV animo die cosa sia 64
Aniazoni volsero durar senza com-
pagnia d' uomini e non poterò-
no j 26
Amicizia quando nacque i5i
Arnminicolo voce che significa 21 r
Amor delle fiere verso i figliuoli 26
Afnor di Francesca e Paolo , di
'Tarquinio con Lucrezia^ di Pa-
ris e d' Elena 29. 3o
*7'
Amor e dlùo 212. a 38
^mor buono è disio di. bellezza 2.10
Amor da quali parenti sia nato 2i. 23
è detXo da amaro 2.3
è cagion d'ogni dolore 24
non può esser senza amaro 28
in che modo è stato chiamato 28
perchè è cliiamato Dio 3i
che potere abbia 33
che effetti faccia 34
suo giuoco e riso 4^
sua f orina 47. 4^
perchè ignudo^ fanciullo, alato^
con la face , con Varco , e
con gli strali 47. 48. 49
non è altro , che quanto noi
stessi vogliamo 49
suoi malvagi effetti 56
che desiderj generi 5j
nel principio dolcemente ap-
plaude 70
sue parti ed operazioni 96
suoi miracoli ii2
se cessa , cessano le consuetU'
dini de' jnortali i2r
è naturale in noi i34
sua bontà 147
Amor dà Tessere , e il bene essere 1 5o
è cagion di tutte le cose iS'Z
sue dolcezze j56
suoi frutti 187
in ogni luogo ci fa sentir de'
suoi doni igi. 16^
272
può esser hiiono e re.o 210. 211
non è altro , che disio 21Z
ha due finestre 2 1 7
può esser senza disio 2 38
// buono quale è 24Q
ytinori la'ici^'i disconvengono a vec-
chi 248. 249
j/iauna altm non è che armonia 167
'u4.nimo quante facce abbia g3
uinimo nostro in quante parti è dì-
viso dagli anticJù filosofi i3o
sue strade son duo l32
anziano voce che significa 264
^ piombo avverbio che significa 144
yipostroje ad Amore 86
appresso il mangiare che significhi 96
.Argia e suo amore, e dolore 46. ^6
udrgomento del 1. Libro degli Aso-
lani contenuto in una canzone
cantata da una Damigella 8
'Argomento del li. Libro 9
Argomento del IH. Libro io
Aringo che significa 196
Artemisia con la morte del marito
ruppe la felicità de'' suoi amori 65
Asolo castello del Trivigiano 5
Asseguiniento voce 265
Assidenza che cosa sia 210
A'^^cciarsi verbo che significa 86
Avvallare significa abbassare^ e po-
trebbe anco dirsi alcuna, volta
circondare, 35. 219. 2\3^
273
Saììa voce che significa 126
Bamha voce che significa i35
Battagliero che significa i53
Beare che significa ib8
Bellezze d'una donna descritte del
Bemho 1 58
Bellezza, che cosa è 216
Bellezze sono due qualità , dell' ani-
mo, e del corpo 217
Bellezze terrene immagini delle cele-
sti 245. 246
Beni e mali di tre maniere 25
Bontà cC Amore 147
franco che cosa sia 169
^Cammelli e loro natura 124
\Canzone ove si dimostra il piacere
che prendono gli Amanti del
morire, che non gli lascia mo-
rire 39
[Canzone del fuoco e del pianto ca-
gionato da Amore 48
Canzone del piacer d'Amore 107
Canzone dell' onore che s'acquista
per Amore 108
Canzone della partita del Cuore 116
Canzone in Lode della bellezza e
dell' onestà 187. e seg^
Canzoni delle dipartenze de miseri
Bemho Voi* i, 18
374.
ari tanti 78. e ^^§S'
Canzoni sopra i tre sensi principali
dell' ìLorno 222
Carte d'innamorati come siano 114
Cercare nome , cioè quesito 2oc5
Cessando ramare cessano ie consue-
tudini de' mortali 121
C etera d'Orfeo che significhi ò%
Che cosa si convenga ad uomo let-
terato 9 5
Che effetto faccia Todio 99. 100
Che cosa sia causa di dolore loi
Chi non ama niuna cura prende di
se medesimo i83. 184
Ciocchetta che significa i58
Circonscriver che significa 260
Cocitura voce in che modo usata dal
Boccaccio 42
Colomba rapita da un* Aquila 144' ^4^
Comparazione degli amanti iio. Hi
Comunquemente che significa 20
Conclusioni de' ragionamenti quanto
importino 5 2
CondÌ7Àone delle cose umane 2 65. 266
Confanevole vai conveniente 167
ConstAìre per esser composto 246
Cantra operazione voce che significa 4^
Cornelia fomii^lia illustre 5
Cose maggiormente giovevoli, quali
sono 148
275
^ Descrizione cV Asolo castello del Tri-
vigiano 5
Descrizion del giardino della Rei"
na 12. i3
Desideri amorosi sono di due manie-
re 212
Desìderj cV amore allora crescono
quando la speranza manca 72. 78
Desiderio è capo e origine di CuCte
le altre passioni 55
Derrata che significa 160
DiJ falla che significa 26
DifiLto avverimi che significa 144
Dio come chiami gli uomini 345
Disagguaglianza voce che significhi 1 14
DiserviCo che significa 17
Diiiderio affetto dell'animo i3o
Disio è amore 212. 238
Disio naturale può esser buono e
reo 21^
Diurno voce che significa 83
Dolcezza che si sente nel contemplar
le cose celesti 2.62, e segg.
Dolcezze d amore iò6
Dolcezze del pensiero son degli
amanti e non d'altri 172
Dolore non nasce da altro che da
amore 24
Dolore che si sente in amore 68
Dolore affetto deW animo i3©
275
Donna hella descritta dal Bem-
bo i58. 159
Donna ed uomo erano un sol cor
pò , 123
Donne sono pia arrendevoli agli
assalti d' amore che gli uomi-
ni 75. 7^
Donne e danno conformi i©3
Donne di Lenno vollero durar sen-
za compagnia d^ uomini , e non
poterono 126
E
lEffetti degli amanti 47
Esisto uccise il suo jratel cugino 67
Elisa abbandonata da Enea si am-
mazzò da se stessa 65
Emulazione che significa 264
Erbe inutili lo5
Erranza per errore 201
Esempio di Alceste , di P il ade , e
di Oreste i52
Di Le and o i65
Di O'feo 168
Di Sresicoro 219
Esempio di chi fosse nato nel fon-
do del mare , e condotto sopra
la terra 'i^\o. 261
Esempi di persone a cui dopo mol-
ta allegrezza sia venuto grave
dolore 65
Esempi di Cadmo e dEaco e Fe-
tonte
Evadna e suo amore e dolore
Esterno voce che significa
177
ii3
84
Falda che significa
fanciullo voce aggettiva per fanciul-
lesco
Fattibile voce che significa
Favole perchè trovate
Fi atoso che significa
Fibra che significa
Fiere quanto amino i figliuoli i6.
Fortuna esser femmina
Fortune amorose non durano sem-
pre in un medesimo stato
Francesca e Paolo come finirono il
loro amore
Frastotnare che significa
Fruiti dell' amore
Fuggevole voce che significa
G
i58
247
54
3a
21S
167
62
243
187
5r
Damigella della
Gelosia degli amanti. -jS. e segg.
Gentiluomini Viniziani che erano alle
nozze della
Reina di Cipri
Giganti perchè da Poeti son fu-
ti , che volessero torre il cielo
agli Dei i36
2?^
Giovani e Glovcino come si consi'-
derino 104
Cismonclo propone a compagni, che
si varia a ragionare nel giar-
dino II. 12
Gli amatiti perchè se fonano in ama-
re pili il. senso che la ragione 289
Gli uomini senza le donne non es-
sere interi 12.3. 124
Gli uomini senza le donne non po-
Irebbono reggere le cose appar-
tenenti al vivere IZ4. I25
Gomitolo voce che significa 76
Gradi ìielle cose create 240
Gragnuola che sitinijìca 164
Guardingo che sigmjica 166
Iddio che cosa è 265
Il desiderio è capo ed orìgine di tut-
te le altre passioni 55. 56
Il potersi dolere è ne i dolori grandi
(jnaìche sollevamento ijS
Imbeccare, cioè dare in becco , dar
da mangiare 164
Impalmare ed impalmato che signi-
fica 1 42
Im pedalarsi che significa 149
Impassionarc verbo die significa 122
Increscioso voce die significhi 12
Incapestrare che significa 247
Indicibile che significa iò6
279
Jndisiare verbo che significa 87
Indonnarsi che significa 246
InJ eticità degli amand 61. 62
lìijeliciLà di Artemisia, di Elisa ^ e
di Niobe 65
Jnfer?mtà amorose quanto più im'ec-
chi uno , tanto meno sono sa-
nabili ^6
Ingaggiato che significa jg
Ingozzato voce che significhi lOi
Intellettiva parte dell' animo di quan-
te specie è 236
Interezza voce che signifìca iz3
Invogliare verbo che significa 72. 289
Isione^ e sua pena, agguagliato agli
amanti 85
Lab ole che significa 154
I/amante dee volgersi alle cose ce-
lesti 2 59
Laodomia e suo amore e dolore 46
Lamento di P erottine della sua in-
felicità in ^more 83. 84
Latrare che denota 264
Legge degli antichi nelle cene 189
Licema degli amanti quale sia ii3
Limaccioso che significa 219
Logoro voce che significa 83
Lotta che cosa sia 100
zSo
Jj' uomo secondo la qualità de' suoi
amori è titlV altra Dita premiato 267
M
Madonna Berenice espone alla Rei-
na di Cipri i ragionamenti di
Perottino 207
JMali e beni di tre maniere 2 5
Mancipio voce die significa 74
]S/lenomnre significa scemare igS
Mente perchè ci fu data da Dio 206
J[iercare verbo _, che significa 23
JVliracoli quali si dicono 44
Miracoli d amore altro non sono che
menzogne 118
Mlolte cose si amano, che non si de-
siderano 288
Mondo immateriale ed insensibile 269
N
Natura degli Amanti no. in
T^ atura non può far mole alcuno 161
Naturare verbo che significa 77
Nequitosi voce che significa ili
Niobe per la morte de' figliuoli perde
ogni sua felicità 65
Non si porta altro dagli uomini nel-
r altra vita, che i loro amori 267
o
Obhlico voce che significa 58
Occhi e loro dolcezze in ornare iSG
Odierno voce che significa Q^
Odio e suoi effetti gg. loo
Cffa a Cerbero 264
Ogni cosa creata aver principio da
Amore i5i. e seg.
Opinione d'alcuni Filosofi che gli
uomini abbiano due anime 34. 35
Orbacche voce che significa i34
Orbezza voce che significa 65
Orecchie e loro dolcezze in amO"
re i65. 166
Oreste per amore uccise il suo fratel-
lo cugino 68
Orfeo in che modo al suon della es-
tera traesse le fiere e gli alberi Sz
Orfeo quietò col suon della cetera le
furie deW Inferno 168
Palpitante che significa i58
Panthea Asiana , suo amore e do-
lare 4^
Paola e Francesca come finirono il
loro amore 2^
Parare verbo che s igni fra 85
Parevole voce che significa 23 1
Parlare perchè ci fu dato 2.1 j
28z '
Passioni fìeir animo quali sieno 55
Paure che si sentono amando 66
Pazzie defili amami 35. e segg.
Penilen-zio è fine delle cose che to -
^liamo a fare e ci vanno fai-
lice 6G
Pemiellata voce che significa 49
Pensiero genera dolcezza solo negli
amanti i'^2,
Pensici o manda per infinite vie dol
ce zza alt anima 18 r
Pensiero ci scorge alla bellezza 2ij. 218
Peroctino ricusa ragionare 17
Propone il suo ragionamento 18
Perdita delle cose è cagione della
passione degli uomini, e non
Amore 100. I02
Perturbazioni quali siano 55
Perturbazioni e ragione parti dell' a-
nimo 1 3o
Perno che sia 204
Pesca frutto come scritta dal Bembo 97
Piacere che si sente in vedere la co-
sa aivata i57
Piattello voce the significa j02
Poeti quando, e a che fine trovaro-
no i versi 3l
Poeti alcuna volta favoleggiando
dicono d vero 66
Possedere come sia dichiarato 63
Potenza d'Amore 3o. e segg.
Pressura voce die significa 87
Principi d'amore quali 70
283
Proemio del 1. Lib. i
Proentio del II. Ldf. qj
Proemio del 111. Lih. ig^
Propagazione voce che significa i^.q
Proposta di Gì smondo g8. ^ ^^^g»
Providenza divina quanto larga e
projfjnda 233
Quanto importi il ragionar d' Amore 235
Quali slatto le cose maggiormente
giovevoli 148
R
Raccomunare che significa igo
Ragione e pcnurbazioni parti del-
l'animo j So
Ragioìie e senso 240. 241
Ragionamento di Qismondo 88. esegg»
Di Lavinello 208. 209
Ragione perchè si dica esser propria
dell' uomo 24 r
Rassodare Tore che significa 41
Reina di Cipro maritò una sua Da-
in igeila. 6
Reina delC Isole fortunate 253
Ricovero voce che sigrìifica g3
Ri i; agno che cosa è 2^5
Riguardoso i^ore che significa 47
Rimbambite verbo vhe sigmfica 48
Pùnverziie che significa 145
284
B.LSchievole voce che significa \^
Hitornare al voniito che signijica 5(3
Fiomito trovalo da Lavinelìo 23i
Scherzi e giuochi d'^dmore 4»^. e segg.
òchiamazzato che significa 144
Scilinguagnolo che cosa sia 164
Sciocchezze degli amanti 46
òmgno voce che significa 124
Sembievole che significa lyg
Senio e ragione 241
Servaggio che significa 248
Sestina della infelicità d' Amore 6z e segg,
Silogizzare verbo che significa 120
Sirocchievolmente che significa i53
Smagare verbo che significa 140
Snervare verbo che significa 74
Snodare verbo che significa cff. i5t
Sogno del Romito trovato da La-
vinello. 234
Sollecitudine affetto dell' animo i3o
Somiglianze de* sei moni non deono
essere ponderate io3
Soprastato che signif-Jù iz
Sormontare che signifca 255
Sorte degli Amanti 40
Sostare verbo che signifca 42
Sostato voce che significa 220
Sozzare verbo che significa 86
Specie diverse delle cose create da
Dio 240
385
Spolpare verbo che significa «74
Sporto in juori che significa 129
Star con le mani a cintola j che si-
gnifica _ _ uj
Stare in pendente per star dubbioso 202
Stato degli amanti 66. 67
Stesicoro vituperando Elena co' suoi
versi accecò f e lodandola tor-
nò sano :ìI9- 220
Stritolare verbo che significa 67
Subbio voce che significa 119
Succhio e sugo voci 40
T
Talli voce che significa 184
, Tantalo 74
Tarquinio e suo amore , che fine eb-
bero Zo
Timone Ateniese nemico degli uo-
mini 120
Tizio pasce un avoUojo del suo fe-
gato 85
Tostana voce che significhi 106
Tralignare che significa i5c
Travalicare che significa i3o
Tre essere le regolate maniere degli
affetti dell" uomo l3l
Vagimento e vagire che significa 125
Udire è finestra d'Amore 217
286
J^ edere è finestra d'Amore 217
Trarsi quando^ ed a clic fine trovati
da Poeti 3i
'Tratta che significa ^ 25 >
T^icendevohnente che significa 126
Viver detr uomo è un morire 266
Teista de^li amanti acutissima e sot-
tilissima 1 60
Vizzo e guizzo i{j2
Vogliosa^ parte dell* animo , e sue
specie zS-j
V lont.à deir uo^no libera 287. 2^8
Uomo non può far cosa che pia gli
conveng'J^ quanto giovar a molti 2
ZI omo (' donna erano un sol corpo 128
Utilità che si trae dalle lettere t e
dalla scrittura 4
Fine della Tavola.
ERlVOm CORREZIONI
Pag. 8r 1. 3o scorge scorgo
84 J. 4 iuiige luiiijhe
88 J. 5 potevano poLevano
99 I. 3o coiiciossicosa- conciossiacosa-
ché elle
128 1. 3 taire fruire
239 1. 26 seguono, che Seguono più che
f'rv'-'.:'o rìdi presente yalawe
f^o.'Jl N." i8. ih a soldi ^. - 3. 14. -
RiùraUo dell' Autore . . . » — . io. -
Legatura. . . . ' . . . » — . 4* *
Lir. 4- ^•
Coìiìspond. ad It. mnù Lir. 3. 87. e.
itaàmmammmm
'40 Tv'
iViri I X
J 1983